martedì 29 gennaio 2019

Winston vs Churchill


"Winston vs Churchill" da "Churchill, il vizio della democrazia" di Carlo G. Gabardini. Con Giuseppe Battiston e con Maria Roveran. Regia di Paola Rota. Scene di Nicolas Bovey; luci di Andrea Violato; costumi di Ursula Patzak; suono e musica di Angelo Longo. Produzione Nuovo Teatro. Al PalaMostre di Udine il 26 gennaio. In tournée fino al 31 marzo.
Già qualche anno fa Giuseppe Battiston aveva dato corpo (e chi se non lui, con la sua stazza imponente eppur insospettabilmente leggiadrìa, quando occorre) al corpulento e mitico regista  americano in Orson Welles' Roast, un riuscitissimo monologo premiato con l'Hystrio-Teatro nel 2009; oggi si ripete interpretando, contrappuntato dalla sempre più brava Maria Roveran nei panni della giovane infermiera che seguiva personalmente, negli ultimi anni della sua vita, un altro gigante, questa volta della politica: Sir Winston Churchill, mentre rievoca momenti cruciali della sua vita, riflessioni, episodi, concedendosi pure qualche autocritica, che lui soltanto può permettersi, con infinita arguzia, di fare a sé stesso, in un brillante testo scritto appositamente per lui da Carlo Gabardini che consente all'attore, che a Udine ha giocato in casa, e il pubblico della sua città ha risposto gremendo la sala, di scavare nella biografia e nelle mille  contraddizioni di questo personaggio multiforme (fu anche militare, storico, giornalista), un oratore senza pari che nelle parole e nella loro capacità di convincimento aveva l'arma più forte; capriccioso, bizzoso, insopportabile ma anche capace di autoironia, di insospettabili dolcezze e sensibili attenzioni nonché di ascolto del prossimo; però anche di cambiare idea e di ammettere i propri errori come le proprie debolezze umane (l'alcol, i sigari, i gatti - qui viene evocato il suo favorito, Jock, un micio rosso che fu l'inseparabile compagno dei suoi ultimi anni -), nei confronti delle quali è particolarmente indulgente; insomma dotato di un'intelligenza ma anche di una umanità e di una capacità di visione, in lungimirante prospettiva, che non aveva confronti nella sua epoca, dove si confrontava da un lato con Adolf Hitler, di cui per primo comprese la pericolosità non soltanto per l'idea, che lui già prefigurava, di una Europa Federale, erede autentica di quello spirito europeo che lui, pur isolano e britannico, riconosceva come radice culturale comune del Continente e destino inevitabile per affrontare i pericoli contro quella essenziale base per la convivenza che secondo lui rimaneva, con tutti i suoi limiti, la democrazia parlamentare, ma anche per l'intera umanità; dall'altro Stalin e Roosevelt, ma anche Mussolini (geniale la battuta Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre: attuale ai suoi tempi come oggi). Il risultato è uno spettacolo godibilissimo, intenso, coinvolgente, che consente a Battiston di esprimere al meglio le sue capacità che vanno molto oltre alla sola, possente, presenza scenica, ma che hanno a che vedere con una invidiabile chiarezza di dizione e, in generale, di credibilità del personaggio che interpreta e dona al pubblico. Sempre più convincente, come mi attendevo, nella sua parte Maria Roveran la quale, come del resto Giuseppe Battiston, pur reduce da recenti e comprobanti successi cinematografici, non smette di cimentarsi con il teatro, che rimane il luogo dove gli attori veri si esprimono al meglio. E entrambi lo sono e onorano la propria professione.

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