mercoledì 7 febbraio 2024

Upon Entry - L'arrivo

"Upon Entry - L'arrivo" (La llegada) di Alejandro Rojas (III) e Juan Sebastián Vásquez. Con Alberto Ammann, Bruna Cusí, Laura Gómez, Ben Temple, Nuris Blu, David Comrie, Colin Morgan (II), Gerard Orms e altri. Spagna 2022 ★★★★+

Dedicato ironicamente a Donald Trump per la sua fissazione di erigere un muro al confine tra USA e Messico per impedire l'entrata di immigrati illegali nel Paese (che senza di essi chiuderebbe bottega nell'arco di pochi mesi), in un'ora e un quarto questo film d'esordio alla regìa della coppia ispano-venezuelana Rojas-Vázquez illustra in maniera esemplare cosa sono gli Stati Uniti e cosa sta diventando anche l'Europa, che ne segue pedestremente il preclaro esempio, nei confronti di chi arriva da fuori. In questo caso una coppia ispano-venezuelana (come gli autori): Elena, ballerina catalana e Diego, urbanista nato a Caracas con passaporto spagnolo che, uniti un unione civile e avendo convissuto alcuni anni a Barcellona, intendono stabilirsi a Miami dopo che lei ha vinto la Green Card Lottery (una trovata che già definisce chi l'ha ideata). Durante uno scalo a Newark, nel New Jersey, vengono bloccati dagli agenti dell'immigrazione per un controllo, pur essendo in possesso di tutta la regolare documentazione richiesta, e fermati per ulteriori "approfondimenti". Inizia un calvario, perché vengono isolati, non viene inizialmente data loro alcuna spiegazione, perdono ovviamente il volo in coincidenza ma capiscono presto che non è il caso di protestare davanti all'atteggiamento arrogante dell'uomo in divisa che hanno davanti e dei suoi colleghi in borghese più alti in grado e addetti agli interrogatori. Viene loro impedito ogni contatto con l'esterno, fatti spegnere i cellulari, sequestrati notebook e tablet (richiesta anche la password per sbloccarli e accedervi), vengono isolati in uno stanzino e sottoposti a una vera e propria inquisizione, una sorta di tortura psicologica con sui si dedicano con evidente sadismo una funzionaria di origine ispanica (ancora più incarognita perché si ritiene al corrente di tutti i "trucchi" usati per ottenere l'agognato visto di ingresso e soggiorno nella "Terra delle opportunità") e il suo socio, interrogati separatamente e poi di nuovo assieme nel tentativo, riuscito, di seminare dubbi anche sul loro rapporto. Perché sanno già tutto, sono al corrente di dettagli della loro vita privata e famigliare, usano ogni appiglio per metterli in difficoltà: un'autentica tortura psicologica. Alla fine di questo incubo, li faranno entrare: Welcome in The United States. Ma a che prezzo? Una pellicola claustrofobica, girata in soli 17 giorni e con poche prove, di cui sono interpreti straordinari Alberto Ammann e Bruna Cusí, che meritano entrambi un encomio così come i due registi: la sceneggiatura si basa sul racconto di  fatti veri accaduti a conoscenti e amici degli autori, così come degli attori, e a loro stessi, e chiunque abbia avuto la sventura di mettere piede in quel Paese incivile, sa per esperienza cosa lo aspetta quando arriva al controllo passaporti anche da semplice turista, con regolare visto d'ingresso: personale che ti guarda con aria schifata e con disprezzo, comportamento tracotante e spesso insolente, cavillosità, supponenza, rischio concreto di perdere coincidenze, figurarsi cosa deve affrontare chi ha l'ardire ci volersi stabilire in uno schifo di Paese del genere. Personalmente non li capisco proprio questa smania di andarci a viver e tendo a non solidarizzare con chi si fa abbagliare dal "mito americano" che poi si traduce solo in una cosa: il dollaro. Io ci sono stato due volte, due stop-over prolungati diretto a Sud, l'ultima 20 anni fa, e ho giurato a me stesso di non rimetterci piede per nessun motivo, nemmeno per uno scalo intermedio. Spero soltanto che gli USA vadano a fondo, possibilmente senza tirarsi dietro anche noi. 

lunedì 5 febbraio 2024

Una isla


"Una isla" / Agrupación Señor Serrano. Regia e drammaturgia di Àlex Serrano e Pau Palacios; assistente Carlota Grau. Con Lia Coelho Vohlgemuth, Sara Montalvão, Bartosz Ostrowski, Carlota Grau; scenografia e costumi Xesca Salvà; disegno luci Cube.bz; musiche Nico Roig; coreografia Núria Guiu; creazione video olografico David Negrão; programmazione video David Muñiz. Produzione 
GREC Festival de Barcelona, Câmara Municipal de Setúbal, Rota Clandestina, Festival Internacional de Teatro de Expressão Iberica (FITEI), Centro Cultural CondeDuque, Laboratorio de las Artes de Valladolid (LAVA), CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, Festival delle Colline Torinesi, Feikes Huis, SPRING Festival, Departament de Cultura de la Generalitat. Al Teatro Palamostre di Udine per CSS Teatro Contatto sabato 3 febbraio 2024

La prima sorpresa entrando in sala è il palcoscenico completamente deserto: Agrupación Señor Serrano sono vecchie conoscenze del CSS Teatro Contatto, che coproduce gli spettacoli del gruppo catalano, la sala è colma e il pubblico è abituato a vedere la scena occupata da video, modellini in scala, telecamere, membri del gruppo che si danno da fare con le varie apparecchiature elettroniche o semplicemente cazzeggiano in attesa di dare inizio alla performance. Invece, il vuoto: un fondale nero. Si rivelerà uno schermo, dopo che è entrata in azione Lia Coelho Vohlgemuth che, non cambiando mai espressione per tutta la durata della rappresentazione, si esibirà, instancabile, in esercizi ginnici che che si risolvono in un fluido stretching con movenze che ricordano lo yoga e il tai chi mentre sullo schermo si svolge la conversazione, per iscritto, fra la compagnia (Joel) e l'Intelligenza Artificiale (Aisha). Perché la Agrupación, come spiegherà dopo lo spettacolo Pau Palacios, storico sodale di Àlex Serrano, nell'intento di intraprendere strade diverse da quelle già percorse, ha voluto provare a interagire con essa per verificare se fosse possibile creare uno spettacolo assieme. Spettacolo che ruota, per l'appunto, sull'incontro tra realtà diverse: come si reagisce quando si entra in un territorio che non si conosce, un'isola, per esempio, in contatto con l'altro, completamene diverso da noi? Magari un gruppo coeso, e si è in minoranza? Fino a che punto si può arrivare nella ricerca di un terreno comune? Questo vale anche per l'interlocuzione con l'IA, che sarà pure il "raccoglitore" di tutta la conoscenza elaborata dall'uomo nel corso dei millenni, ma non ne ha l'esperienza sensoriale, che è fondamentale non solo per intendersi ma per lavorare a uno scopo "condiviso", per quanto la rappresentazione teatrale che di questa forma di “cooperazione” è il frutto, alla fine ne sia il risultato tangibile, lasciando ovviamente senza risposta tutte le domande che il pubblico, come gli autori, si pongono a proposito di questa "collaborazione". Quando sul palco si forma una bolla in cui si agitano, a ritmo completamente diverso dal suo, altri tre performer, la “ginnasta” apparsa per prima inizialmente vi gira attorno perplessa, poi decide di entrarvi ma i suoi movimenti risultano inevitabilmente fuori sincrono con quelli degli altri; quando alla fine a questo gruppo già eterogeneo si aggiunge  una moltitudine di colorati "fanatici" del rugby che circonda le due realtà già presenti sul palco, quindi con modalità e dinamiche proprie e completamente estrane, la confusione diventa totale e si dovrà trovare un sistema di convenienza nello stesso spazio in cui ora si trovano a coesistere tre mondi (o modi di essere) completamente differenti. Ci si riuscirà? Domanda senza risposta. 65 minuti tirati, ipnotici, che ti inchiodano sulla sedia e ti coinvolgono; cambiamenti improvvisi, ologrammi che compaiono, trasformano volti e li fanno diventare altro; spuntano immagini di isole tropicali (dove secondo l'IA potrebbe pure nevicare) ma anche di alcune opere d'arte significative; la musica, intesa soprattutto come ritmo, spesso forsennato, è sempre una componente fondamentale nelle sperimentazioni del gruppo teatrale catalano a rappresentare il quale, come accennato sopra, si è presentato dopo lo spettacolo (applaudito calorosamente ma che ha forse lasciato tra il sorpreso e il perplesso una parte del pubblico) Pau Palacios, che si è intrattenuto coi presenti per un'ora abbondante, con una disponibilità rara ed esprimendosi in un italiano esemplare. Hasta pronto!

sabato 3 febbraio 2024

Povere creature - Poor Things

"Povere creature - Poor Things" (Poor Things) di Yorgos Lanthimos. Con Emma Stone. Willem Dafoe, Mark Ruffalo, Ramy Youssef, Christopher Abbott, Hannah Schygulla, Jerrod Carmichael, Suzy Bemba, Margaret Qualley, Cathrin Hunter II, Damien Bonnard e altri. USA 2023 ★★★★★

Eh sì, qui siamo proprio a livelli altissimi, e per una volta il Leone d'Oro dell'ultima Biennale Cinema di Venezia è stato assegnato al film che lo meritava: Yorgos Lanthimos si conferma ancora una volta un regista geniale quanto fuori dagli schemi, che sa scegliersi gli interpreti più adatti per i suoi personaggi particolarmente ostici e a cui lascia, con tutta evidenza, lo spazio che serve loro per ritagliarseli addosso. E' il caso, innanzitutto, di una strepitosa Emma Stone (già sodale dell'autore greco ne La Favorita e qui anche nella veste di co-produttrice), che ritengo la più intelligente e talentuosa attrice della sua generazione, e poi di un grandioso Willem Defoe, la cui bravura conosciamo da decenni, alle prese con due versioni di Frankenstein: padre e figlia, con le relative "deformazioni", fisiche e mentali; ma anche Mark Ruffalo è all'altezza, nei panni di una sorta di gagà dell'Epoca Vittoriana. Siamo a cavallo tra XIX e XX Secolo a Londra e God(win) Baxter, scienziato positivista, chirurgo di perizia ineguagliabile, nonché eccentrico e anticonformista, si dedica alla sperimentazione più audace essendone lui stesso stato "vittima" da parte di suo padre, da cui ha ereditato mestiere, competenze, tare di ogni genere ma soprattutto la spregiudicatezza intellettuale. Il suo capolavoro è Bella, trovata cadavere dopo essersi suicidata gettandosi nel fiume da un ponte, e riportata in vita innestandole il cervello del feto, ancora vivente, che portava in grembo. Il risultato è l'organo di una bimba che si sta sviluppando nel corpo di una donna, senza subirne le limitazioni di ruolo: particolarmente "stringenti" ai tempi, ma che Lanthimos ci fa capire essere una costante nella storia dell'umanità, almeno quella "occidentale", fino ai nostri giorni compresi. Come la Stone sia capace di esprimerne corporalità disarticolata, senza filtri, infantile entusiasmo e amoralità, anche nelle movenze, è prodigioso, in questa fase di "formazione accelerata" da parte di Bella e di presa di coscienza del proprio corpo e delle sue pulsioni. Il suo è un percorso di graduale "crescita", che la porterà a sperimentare qualsiasi cosa senza filtri morali con una razionalità lucida e una logica impeccabile ereditate dagli insegnamenti di "God" che, considerandola del tutto umana e dotata di Libero Arbitrio, non le impedirà di "conoscere il mondo" e di cimentarvisi a sua volta e, benché a malincuore, le consentirà di prendere la sua strada. Perché Bella, pur promessa sposa a un fidanzato a cui vuole bene (Max, l'allievo prediletto e assistente di Godwin, a cui dà il volto Ramy Youssef) vuole provare a sua volta qualsiasi aspetto della vita "là fuori". Godwin la lascerà andare, a costo di lasciarla tra le braccia di una sorta di Dongiovanni da strapazzo (l'avvocato Duncan Wedderbrun), bellimbusto col quale attraverserà il Mediterraneo a bordo di una nave da crociera, conoscerà persone che le apriranno gli occhi, per esempio facendole conoscere la povertà e lo sfruttamento del prossimo (delizioso il Cameo della mitica Hanna Schygulla nei panni di una anziana e saggia crocierista che la introduce all filosofia). Vedrà Alessandria, Atene, Marsiglia, dove faranno sbarcare lei e Duncan perché lei ha donato tutti i suoi averi ai poveri mentre lui ha perso i suoi al gioco) e da lì andrà a Parigi, dove atterrerà in un bordello in cui eserciterà pure, in modo sperimentale e "illuminato", il mestiere della meretrice. Lì conoscerà Toinette, e con lei sia i piaceri dell'amore saffico sia il socialismo. Su invito di God(win), ormai malato terminale, e Max tornerà a Londra, riconciliandosi col suo mentore e decide di diventare anche lei medico. Mentre sta per sposarsi con Max, che la ama e l'accetta per quello che è, compresa una vita sessuale variata oltre che vivace, riappare anche il marito di quando era la donna suicidatasi per sfuggire proprio al matrimonio e a una gravidanza indesiderata, il generale Alfie Blessington, imbecille come soltanto un militare di carriera può essere, che per tenerla sotto controllo pretende di imporle la clitoridectomia, ma sarà il suo cervello a fare una brutta fine, scambiato con quello di una capra, così non potrà andare alla polizia per accusarla di averlo ferito. Quando God(win) morirà, sarà lei a sostituirlo, novella Dottoressa Frankenstein, e vivranno tutti felici e contenti, Bella, Max  e Toinette, nella magione dei Baxter. Fantasiosa l'ambientazione, un fumetto a colori elaborato come in un romanzo grafico (latro che Wes Anderson...), che riflette luoghi e situazioni visti con gli occhi di un bambino, mentre altre parti sono girate in un bianco e nero molto suggestivo; la fotografia, va da sé, è eccellente come in ogni lavoro di Lanthimos, e adeguata è la colonna sonora. Un gran bel film, femminista, libertario e liberatorio, e pure divertente: da non perdere.