giovedì 15 giugno 2023

Prigione 77

"Prigione 77" (Modelo 77) di Alberto Rodríguez. Con Miguel Herrán, Javier Gutiérrez Álvarez, Catalina Sopelana, Jesús Carroza, Fernando Tejero, Xavi Sáez, Javier Beltrán, Alfonso Lara, Iñigo de la Igleisa e altri. Spagna 2022 ★★★★1/2

Gran bel film questo di Alberto Rodríguez, che far rientrare semplicisticamente nel genere carcerario sarebbe del tutto riduttivo, anche perché, volendo usare i luoghi comuni del criticume "ufficiale", vi si possono trovare elementi noir così come, facendo volare la fantasia, perfino suggestioni western, quando invece, senza tante seghe mentali, è estremamente realista non solo nelle descrizioni e nell'ambientazione, ma anche nella vicenda, che pur essendo di finzione si ispira a fatti realmente accaduti (nel 1978 in Spagna ci furono ben 79 evasioni e svariate rivolte nelle prigioni), perché si inserisce in un periodo cruciale nella storia recente del Paese iberico, in piena Transicíon, fra il febbraio del 1976, e il giugno del 1978. Sono appena passati tre mesi dalla morte di Francisco Franco al momento dell'arresto di Manuel (Miguel Herrán, noto anche in Italia per aver interpretato Rio ne La casa di carta, davvero bravo), un giovane contabile accusato di appropriazione indebita per una cifra equivalente a un migliaio di euro di oggi, che lui riteneva un anticipo sullo stipendio che gli era stato concesso, per la quale rischia una pena, del tutto esagerata, tra i sei e gli otto anni, e che viene incarcerato a La Modelo, il carcere di Barcellona, in attesa dei lunghissimi tempi di giudizio, secondo il codice di procedura penale vigente. Le cose stanno cambiando, in Spagna, ma nelle carceri continuano e vigere i metodi vessatori e violenti delle guardie, e Manuel entra in quel mondo a parte come un'anomalia: giovane, istruito, immediatamente "messo in riga" dagli aguzzini, abituati ad avere man salva, ma anche in qualche modo protetto da el Negro, un recluso "comune" del suo stesso quartiere alla periferia di Barcellona che lo riconosce, uno "spesino", come si dice in gergo carcerario, che gli offre un minimo di conforto, che lo introduce alle regole della "casanza" e riesce a farlo assegnare a un "braccio" relativamente tranquillo e nella sua cella, che condivide con un altro detenuto comune, Pino (l'ottimo Gabriel Gutiérrez), un tipo particolare appassionato di romanzi di  fantascienza e che ama vestirsi da dandy, ma che è pure un'autorità fra i detenuti per la sua lungodegenza, ossia esperienza di galere in giro per il Paese. Nel frattempo, in sintonia con quel che avviene nella società civile, i detenuti politici formano il COPEL, comitato di lotta per ottenere l'amnistia cui aderiranno anche i "comuni" come Manuel (più acculturato) per primo, e poi anche Pino, misura che verrà concessa però solo agli antifranchisti e ai detenuti per motivi "diversi" (leggi omosessuali). Si crea comunque un canale di comunicazione con l'esterno, sia "istituzionalmente" attraverso avvocati che concedono il gratuito patrocinio, sia personalmente, per quanto riguarda Manuel, con Lucía, una studentessa poi optometrista che va a trovarlo, tra alti e bassi del ragazzo, appena le è possibile. I vecchi metodi vigenti durante la dittatura sopravvivono (ne sappiamo qualcosa in Italia 80 anni dopo la caduta del fascismo: vedi da ultimo le violenze all'interno della questure di Verona e Piacenza, ma anche le performance giornaliere di chi sta al governo dalle ultime elezioni), il movimento, protagonista di rivolte e occupazione delle carceri in lungo e in largo in tutta la Spagna, viene fatto a pezzi. Rimane come alternativa la fuga, l'ultima istanza: dalla Modelo di Barcellona, il 2 giugno del 1978, ne evaderanno in 45 e, per il sollievo e il senso di giustizia degli spettatori, tra quelli che che si ipotizza la faranno franca ci saranno proprio Manuel e Pino (a proposito, l'evolversi del rapporto fra i due, così diversi, è una delle cose migliori di un film già potente di suo). Un film che, attraverso una storia accaduta "dentro" l'istituzione totale per eccellenza, racconta quello che avviene "fuori", dopo la caduta di una lugubre dittatura che per 40 anni aveva trasformato a sua volta la Spagna in un'altra istituzione totale. Girato benissimo, con una mano e una visione tanto sicure quanto determinate, e partecipi, interpretato ottimamente da tutto il cast, assolutamente credibile: situazioni così sono vere, chi sta "fuori", nemmeno i famigliari attraverso colloqui e corrispondenza, non possono averne neanche una vaga idea. Io sì. Sia nell'estate del 1977 sia in quella dell'anno dopo ero in Spagna, entrambe le volte per circa due mesi, cominciando proprio da Barcellona, e mi ricordo bene il "clima" politico e quello che, oltre a vedere coi miei occhi nelle strade, leggevo sui giornali o captavo nei discorsi delle persone normali; in seguito, tra il 1979 e il 1980 avrei assolto il servizio di leva come agente di custodia ausiliario nel carcere milanese di San Vittore, praticamente identico come struttura al Modelo di Barcellona (entrambi praticamente nel centro delle rispettive città), e i meccanismi di interazione nella realtà carceraria, un mondo a parte, erano esattamente identici, con scarse varianti. Non credo proprio che la situazione di fondo sia cambiata. Forse, rispetto alla Spagna del 1976, qualche garanzia in più, ma non la sostanza. E le prospettive per chi sta dentro.

domenica 11 giugno 2023

Rapito

"Rapito" di Marco Bellocchio. Con Enea Sala, Leonardo Maltese, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Paolo Pierobon, Filippo Timi, Fabrizio Gifuni, Paolo Calabresi, Samuele Teneggi, Giustiniano Alpi, Corrado Invernizzi, Fabrizio Contri e altri. Italia, Francia, Germania 2023 ★★★★★

Il Grande Vecchio del cinema italiano ha colpito ancora, centrando l'ennesimo film, e lo fa riesumando una storia raccontata nel libro Il caso Mortara. La vera storia del bambino ebreo rapito dal papa, di Daniele Scalise a cui si è ispirato: un fatto avvenuto a Bologna nel 1858, dove  Edgardo Mortara, un bambino ebreo di nemmeno sette anni, fu sequestrato su ordine del capo dell'ufficio della Santa Inquisizione del capoluogo emiliano, all'epoca ancora parte dello Stato Pontificio, perché una domestica, cattolica, della famiglia Mortara lo aveva battezzato in segreto all'età di sei mesi con la motivazione, asserì in seguito la donna, che così in caso di morte non finisse nel limbo. E siccome per il diritto canonico un cristiano non può essere allevato da chi non lo è, una volta strappato alla famiglia d'origine venne letteralmente deportato a Roma su ordine del papa e relegato nella Casa dei Catecumeni, collegio dove venivano educati, o meglio manipolati, gli ebrei "convertiti", più o meno volontariamente. Un caso che all'epoca fece scalpore, anche a livello internazionale, suscitando la riprovazione della stampa e dei governi liberali e perfino di Napoleone III e che si inserisce pienamente nelle vicende che hanno portato all'unità nazionale e, poi, alla fine del potere temporale della chiesa con la Presa di Porta Pia il 20 settembre del 1870. Una vicenda emblematica che si svolge in un ben preciso contesto storico, decisivo nella formazione del nuovo Stato e dei suoi primi anni di vita, come ha sottolineato lo stesso Marco Bellocchio, che assieme a Fausto Russo Alesi, il quale nel film interpreta il tenace Momolo Mortara, padre di Edgardo, che per tutta la vita ha cercato in ogni modo di ottenere la restituzione del figlio e, quindi, giustizia, ha parlato con il pubblico dopo la proiezione di venerdì sera al Cinema Visionario di Udine: un grandissimo piacere vederlo in splendida forma, disponibile, ironico, preciso. Come in ogni film della sua lunga carriera sono presenti tutti i temi a lui cari e sempre attuali, dalla famiglia, alla religione, all'identità (negata), al potere, al ruolo della donna e la cosa sempre sorprendente è la precisione chirurgica con cui riesce a farli emergere in una varietà di contesti diversi: basta scorrere la sua filmografia. Qui abbiamo una personalità scissa, cresciuta a forza in un ambiente diverso da quello di nascita e a cui ha dovuto adeguarsi per sopravvivere, tanto che Edgardo si fece prete a sua volta fino al punto di cercare di convertire (invano) la madre (una donna determinata splendidamente resa da Barbara Ronchi) in punto di morte, anche se nella sua esistenza si presenta in alcune occasioni il dubbio almeno nella forma di una discrasia di comportamenti; del padre abbiamo detto, mentre l'altra figura centrale, storica, è Pio IX, all'inizio del suo pontificato visto quasi come simbolo di modernità, beatificato nel 2000 da quel Papa Wojtyla a sua volta beatificato nel 2014, cui ha dato il volto e uno sguardo inquietante che ne esprime tutta la perfidia e i tormenti più profondi un Paolo Pierobon strepitoso: sotto il regno di quest'ultimo Papa Re la gigliottina funzionava a manetta (del resto lo Stato del Vaticano ha abolito la pena di morte nella sua Legge Fondamentale solo nel 2001, benché non venisse più applicata dal 1929) mentre Fabrizio Gifuni è l'inflessibile inquisitore Pier Gaetano Feletti, un frate domenicano. L'ambientazione d'epoca è superba, la tensione alta come in un noir, non mancano alcuni passaggi altamente simbolici sotto forma di metafore agevolmente comprensibili senza bisogno di voli pindarici ma mai banali né fini a sé stesse, una pellicola complessa ma allo tesso tempo semplice e lineare e, come sempre, coraggiosa: come dice il regista, non è questione di criticare o condannare la chiesa o mettersi in conflitto con chi crede ma di capire, in primo luogo, le conseguenze nelle menti e quindi sulla vita delle persone, dei dogmatismi e, aggiungo, del pensiero a senso unico che giustifica sé stesso: un atto di fede, per l'appunto. Ancora una volta un grazie di cuore a Bellocchio.

giovedì 8 giugno 2023

I migliori giorni

"I migliori giorni" di Massimiliano Bruno ed Edoardo Leo. Con Edoardo Leo, Massimiliano Bruno, Anna Foglietta, Max Tortora, Paolo Calabresi, Valentina Ludovini, Greta Scarano, Luca Argentero, Claudia Gerini, Stefano Fresi, Liliana Fiorelli, Giorgia Salari, Mariachiara Di Mitri, Maria Chiara Centorami e altri. Italia 2023 ★★★+

Uscito nelle sale attorno attorno a Capodanno (e attualmente disponibile sulla piattaforma Netflix), è la prima parte di un dittico che comprende I peggiori giorni, previsto invece per Ferragosto, che completerà l'excursus su quel che può capitare durante le festività, tradizionali o d'importazione, che infestano l'annata dei nostri connazionali e che va a sbertucciare abbastanza efficacemente una serie di atteggiamenti ricorrenti, già presi di mira dalla migliore (e pure dalla più banale) commedia italiana anni Sessanta/Settanta, di cui riprende anche la struttura del film a episodi, piuttosto diffusa in quel periodo: interpreti sono gli stessi autori con un cast composto da figure note e meno note del nostro cinema, ma bene assortito e complessivamente nella parte, perfino Luca Argentiero in quella per lui perfetta di pesce lesso, ossia un marito che si barcamena tra moglie e amante giovane la sera di San Valentino: le altre festività in cui si creano situazioni incresciose sono Natale, con un megascazzo tra fratelli che sono all'opposto (Leo e Bruno) durante il cenone della Vigilia a casa della sorella politicante, di suo marito e della comune nipotina; Capodanno, che vede un banditesco imprenditore e le sue altrettanto discutibili moglie e figlia partecipare a una cena che ha beneficato a una mensa per poveri ripreso in momenti imbarazzanti da una cronista scrupolosa e sputtanato in pubblico da un suo ex autista licenziato in tronco per coprirsi il culo; infine l'Otto Marzo, forse quello più riuscito, che smerda l'ambiente televisivo (e i programmi di casi umani") ma anche una serie di luoghi comuni di tipo "femminista", Claudia Gerini è scatenata e riesce a rendere incredibilmente stronza e ipocrita il suo personaggio, un incrocio specie di Mara Venier, Maria De Filippo e Barbara d'Urso, però biondo naturale. Di solito non amo i film che giocano sugli eterni stereotipi sull'italiota ma qui, oltre ad attualizzarli in epoca post-Covid e da rincoglionimento da smartphone, mi sembra che si vada oltre alla banalità e si affondi la lama, specie nei due episodi diretti da Massimiliano Bruno, Capodanno e Otto Marzo, dove ogni sorta di buonismo è per fortuna bandito: come autore a mio parere fluttua tra alti e bassi ma ha comunque stoffa; gli altri due vedono Edoardo Leo dietro la cinepresa e, partiti bene, si ammosciano un po' nel finale evidenziando un problema di cui spesso soffre la commedia italiana attuale, ossia il "braccino corto", e mai abbastanza cattivi. Qui però ci siamo quasi, si ride, magari amaro ma ci si diverte e si pensa anche. Incoraggiante.

lunedì 5 giugno 2023

Billy

"Billy" di Emilia Mazzacurati. Con Matteo Oscar Giuggioli, Carla Signoris, Alessandro Gassman, Giuseppe Battiston, Benedetta Gris, Roberto Citran, Sandra Ceccarelli, Carlotta Gamba, Silvio Comis e altri. Italia 2023 ★★★1/2

Già fotografa di scena e sceneggiatrice, un felice esordio alla regìa per Emilia Mazzacurati, che ricorda molto suo padre Carlo, prematuramente scomparso 9 anni fa, non solo per per la somiglianza nei lineamenti ma anche per il modo di raccontare una serie di personaggi e situazioni in modo fiabesco e un po' surreale, creando un'atmosfera sospesa che riesce a evocare in modo efficace un mondo che conosce bene, quello della provincia, in particolare quella veneta, così estranea alle consuete ambientazioni dei film nostrani. La storia è quella di Billy (Giuggioli, perfetto nella parte), ancora traumatizzato dalla fuga di suo padre, uscito di casa e mai più riapparso mentre stava giocando con lui a nascondino; a nove anni, bambino prodigio per avere condotto un podcast musicale incentrato sul mito di Zippo, un chitarrista rock sparito nel nulla dopo essere sceso dal palco durante un concerto e preso alla prima fermata disponibile, un bus per destinazione ignota assieme al suo fedele strumento. Dieci anni dopo, a diciannove, Billy vive ancora con sua madre (un'effervescente e ironica Signoris), psichicamente instabile, estrosa, svagata, eternamente sotto psicofarmaci dopo la l'abbandono da parte marito, mentre lui ha reagito con attacchi di panico che lo fanno svenire e, di preferenza, passa il suo tempo con amici che hanno tutti un'età tra gli otto e i dodici anni, a cui fa da capobranco e guida spirituale nel caravan abbandonato sull'argine del fiume che usa come rifugio. Innamorato di Lena, una ragazza che ha avventure inconsistenti e si esibisce come ballerina e cantante in un locale notturno dopo il turno di lavoro in una sorta di paninoteca ambulante, non sa cosa fare della propria vita eppure è indaffarato tutto il giorno nel tran tran del quartiere residenziale di villette ai margini della cittadina in cui abita, finché un giorno non gli pare di riconoscere Zippo (Gassman), tornato da dove era partito e ospite di Massimo (Battiston), un pompiere che vive solitario in un barcone. Tutti i personaggi di questo mondo strampalato, fantastico ma al contempo tanto realistico per situazioni e problemi di ognuno di loro, a cui si aggiunge la coppia di farmacisti (i "nonni", Citran e Ceccarelli con i tre pargoli che ronzano loro attorno, tra cui uno che si rifiuta di spiccicare parola forse perché è il più saggio di tutti quanti messi insieme) hanno sofferto e perso qualcosa e non sanno darsi un orizzonte, ma nel corso delle quattro fasi lunari in cui si intrecciano le loro vicende (siamo sotto Natale, per di più) troveranno in qualche modo una via di uscita o un modo per accettare sé stessi. Il tutto è raccontato in maniera trasognata eppure concreta, con grazia ma senza melensaggini, con ironia, affetto e un sottofondo di tristezza, ma anche molta umanità e comprensione. Il risultato è una sorta di road movie da fermo, molto padano e decisamente gradevole, con un'ottima colonna sonora, e il debutto della regista padovana promettente.

venerdì 2 giugno 2023

Festa della Repubblica di Salò

 

                                                       Il Made in Italy 2023

Ormai Mattarella mi fa ribrezzo quasi quanto Napolitano, ed è tutto dire.

giovedì 1 giugno 2023

La seconda via

"La seconda via" di Alessandro Garilli. Con Ugo Piva, Nicola Adobati, Sebastiano Bronzato, Simone Coppo, Giusto Cucchiarini, Stefano Zanelli, Melania Dalla Costa, Alice Lamanna. Italia 2023 ★★=

Uscito il 26 gennaio in occasione della prima Giornata Nazionale della Memoria e del Sacrificio degli Alpini, istituita nell'aprile del 2022, ennesima e ipocrita occasione di sfoggio di retorica, ho recuperato in sala il lungometraggio d'esordio di Alessandro Garilli qualche giorno fa, e ne sono rimasto alquanto deluso. Benché meritorio perché si tratta del primo film a occuparsi della tragica ritirata dell'ARMIR (Armata italiana in Russia 270 mila uomini spediti da Mussolini ad aggredire l'URSS assieme ai nazisti e agli altri alleati di allora: oltre un terzo morì o risultò disperso), che invece è stata oggetto di svariati libri e memoriali, e senz'altro girato in buona fede, lascia a desiderare per molti aspetti. Racconta la vicenda di quanto resta della Compagnia 604, un gruppo di cinque uomini più un mulo, Remigio, che trasportano il loro tenente ferito durante la rotta dopo la caduta di Stalingrado e che sono rimasti isolati nelle retrovie: i nemici hanno completato l'accerchiamento dei fuggitivi e decine di migliaia di disperati riusciranno a romperlo, grazie soprattutto alle truppe alpine italiane, ancora in gradi di combattere, proprio il 26 gennaio del 1943 a Nikolajewka, proseguendo da lì la lunga via verso casa. Condizioni proibitive, trattandosi dell'inverno più gelido e nevoso del secolo scorso assieme a quello del 1985, con temperature fino a oltre 40 °C sotto zero, male equipaggiati (ma gli alpini sicuramente molto meglio dei fanti mandati in prima battuta nella folle avventura dell'Operazione Barbarossa congegnata da Hitler), un inferno attorno, mentre infuriavano le Katjuša, ossia i lanciarazzi multipli chiamati l'organo di Stalin, e gli attacchi aerei sulle masse di straccioni in fuga, decimati dai assideramenti, eppure il nostro gruppo di uomini trova sempre qualche isba ben riscaldata in cui rifugiarsi, hanno riserve di cibo che sembrano inesauribili (ma non erano isolati, quasi dispersi?), come quelle di tabacco, le divise pressoché intonse e, consci di aver perso la guerra, non rimane loro che la seconda via (come da titolo, si suppone) di rifugiarsi nei ricordi della precedente vita da civili a cui bramano tornare (la campestre ma elegante fidanzata del sergente Bisi, abruzzese, o la raffinata moglie del tenente Sala) o nella forte solidarietà tra montanari degli altri componenti del gruppo, che si esprimono nei vari dialetti dal veneto, all'emiliano, al bergamasco e al trentino. Il nemico è cattivo e feroce (peccato che difenda la sua terra sia stato brutalmente aggredito: l'URSS pagherà il conto della Seconda Guerra Mondiale con 25 milioni di morti, di cui un terzo civili), ci sono pure i lupi: manca soltanto l'orso. Mio padre, che non parlava volentieri della Campagnia di Russia e che fu uno degli scampati durante la ritirata, raccontava altro: sporco, puzza, miseria, fame nera, impazzimenti, migliaia di commilitoni che si impiantavano istupiditi dal gelo e morivano se non altro col sorriso sulle labbra: quando cominciavano a ridere si era certi che erano ormai spacciati. Ho visto le sue divise che s'era portato dietro e anche parecchie foto: erano messi ben peggio di come racconta questo film, che sembra invece più un reportage di tipo televisivo. Non mi aspettavo certo inquadrature mirabolanti ed effetti speciali (tantopiù che non amo il genere bellico) che sarebbero comunque stati fuori luogo anche avendo a disposizione mezzi più consistenti, ma si poteva anche raccontare la storia in maniera meno piatta, scontata e, tutto sommato filtrata e poco coinvolgente, anche se gli interpreti, incolpevoli, fanno di tutto per essere credibili. Peccato.