martedì 29 dicembre 2020

Rose Island - L'incredibile storia dell'Isola delle Rose

"Rose Island - L'incredibile storia dell'Isola delle Rose" di Sidney Sibilia. Con Elio Germano, Matilde De Angelis, Leonardo Lidi, Tom Wlaschiha, Fabrizio Bentivoglio, Luca Zingaretti, Violetta Zironi, François Cluzet, Andrea Pennacchi e altri. Italia 2020 ½

Ho lasciato sedimentare per qualche giorno le prime impressioni su questo nuovo film di Sidney Sibilia, i cui scoppiettanti e irriverenti precedenti della "trilogia" iniziata con Smetto quando voglio lasciavano ben sperare. In premessa, il film afferma di ispirarsi a una storia vera, quella della Repubblica Esperantista dell'Isola delle Rose, proclamata il 1° maggio del 1968 dalla micronazione istituita su una piattaforma di 400 metri quadrati costruita appena fuori dalle acque territoriali, ai tempi stabilite in 6 miglia nautiche, al largo di Rimini su un progetto dell'ingegnere bolognese Giorgio Rosa, oggetto di una controversia con lo Stato Italiano che la riteneva uno stratagemma per non pagare le tasse sui profitti tratti dalle attività turistiche che vi avevano luogo senza essere sottoposte a controlli e, soprattutto, alla bigotteria imperante; in realtà il regista insieme alla cosceneggiatrice Manieri e al produttore Matteo Rovere (di cui avevo molto apprezzato Veloce come il vento, ambientato sempre nei paraggi e con la medesima attrice protagonista, la pur brava Matilde De Angelis, che qui risulta imbalsamata in un ruolo che le è completamente estraneo) ne prende spunto per imbastire una commediola  che rievoca l'atmosfera di quegli anni spensierati dove anche iniziative del tutto apolitiche risultavano (col senno di poi) fare parte di quell'onda ispirata ai "tempi che cambiano" nell'anno di grazia 1968 riproponendo, in salsa nostrana e molto provinciale, le stesse atmosfere del fortunato I Love Radio Rock di Richard Curtis del 2009 e il risultato lascia molto a desiderare. Il maturo ingegner Giorgio Rosa, che aveva cominciato a lavorare all'idea già a metà degli anni Cinquanta, diventa un neolaureato Elio Germano (che assieme a Bentivoglio nella parte del ministro Restivo e dell'irriconoscibile Luca Zingaretti in quella di Giovanni Leone, a capo di uno dei classici governi "balneari" in voga nelle estati di allora, salva almeno in parte il film) che, per un suo desiderio di libertà, assieme a un suo collega progetta e realizza tutta l'operazione nell'arco di pochi mesi in sostanza per riconquistare la sua ex fidanzata, un tipo che gira per Bologna con una macchina di sua costruzione e non omologata e senza targa (ne esisteva una pressoché uguale a quella che si vede nel film, in quegli anni o poco dopo, una monoposto con 50 cc di cilindrata che si chiamava Sulky) e poi con essa si reca a Strasburgo, al Consiglio Europeo, per perorare la causa della neonata repubblica contro le prepotenze dello Stato italiano che arriva al punto di operare un vero e proprio blocco navale attorno alla piattaforma mobilitando la flotta fino a farla saltare in area e mettere la parola fine alla favola. Insomma, il racconto perde presto qualsiasi credibilità man mano che si sviluppa, con l'introduzione di personaggi e vicende vieppiù improbabili. Intendiamoci: è lecito (per quanto discutibile, in questo caso) limitarsi a prendere una vicenda realmente accaduta come spunto, ma allora tanto vale non citarla e comunque non ha senso stravolgerla per adeguarla a una storiella dolciastra e a lieto fine anche di fronte al fallimento dell'originale idea del Rosa (sia quello vero, sia quello del film). Qualche battuta e qualche situazione divertente, ma i dialoghi risultano troppo spesso fiacchi; domina il lato caricaturale, mancano del tutto la cattiveria e il mordente degli altri film di Silbilia: quella più riuscita è la parte che si svolge nei palazzi del potere romano, con la presa per i fondelli di politici e militari, ma è troppo poco per rendere appena discreta ia pellicola. Peccato.

domenica 27 dicembre 2020

The Midnight Sky

 

"The Midnight Sky" di George Clooney. Con George Clooney, Felicity Jones, Caolinn Springall, Kyle Chandler, David Oyelowo, Tiffany Boone, Demián Bichir, Sophie Rundle, Tim Russ, Ethan Peck e altri. USA 2020 ½

Al 7° film (disponibile su Netflix) da regista, George Clooney si cimenta con la fantascienza, se vogliamo parlare di genere, commista con il filone dei "sopravvissuti", con un sottofondo di disaster, e dire che il risultato non sia convincente è generoso, per il rispetto che porto per una persona stimabile, attore capace ed eccellente comunicatore, nonché uomo intelligente e dai sani valori morali, ma qui ha clamorosamente toppato. I film sono in buona sostanza due. Nel primo troviamo uno scienziato, Augustine Lofthouse, malato terminale, interpretato da Clooney stesso, che rimane volontariamente da solo in una base artica dopo che i suoi componenti sono stati evacuati in rifugi sotterranei dopo una catastrofe planetaria dalle cause non meglio precisate: olocausto nucleare o collasso climatico; scoprirà che con lui è rimasta una bimba, Iris, a cui dobbiamo la cosa migliore del film, ovvero l'interpretazione della piccola, dolcissima Caolinn Srpingall. Nel secondo ci troviamo su una nave spaziale di ritorno dal pianeta K23, un satellite di Giove, dove l'equipaggio ha verificato che esistono le condizioni ideali per un insediamento umano, ma i contatti con la Terra sono stati interrotti. I due film scorrono in parallelo: quello terrestre si svolge in modo quanto mai improbabile, con una sorta di catabasi del vecchio con bambina (Clooney con barba lunga ha un aspetto orripilante) dalla base nell'interno a una stazione meteo culla costa con antenna abbastanza potente da comunicare con l'unica missione spaziale rimasta operativa (guarda caso la Aeter, quella della spedizione sulla luna di Giove) su motoslitta, facendo lo slalom in mezzo ai ghiacci che si sciolgono e a branchi dl lupi in agguato; quello cosmonautico con le vicende dello sparuto equipaggio, tre uomini e due donne, una delle quali, Sully (Felicity Jones), incinta del comandante (coppia mista, ossia l'unica che sopravviverà, nella logica del politically corrtect), con l'inevitabile passeggiata nel vuoto a riparare l'astronave danneggiata durante il passaggio in una zona non mappata e infestata dai meteoriti e la morte per dissanguamento, invero spettacolare, della più giovane del gruppo di scienziati. Una volta riparati i danni al sistema di trasmissione, l'equipaggio scoprirà che sulla Terra è accaduto qualcosa di irreparabile e riuscirà a mettersi in contatto con l'unica stazione radio rimasta attiva, guarda caso quella presidiata dal professor Lofthouse, che suggerirà di non rientrare e sfruttare la forza di gravità terrestre per farsi fiondare nuovamente su K23. Sully, che si scoprirà essere la figlia che Lofthouse non aveva mai conosciuto (e Iris forse la sua proiezione nel delirio dell'uomo prostrato dalla malattia, ma nemmeno questo è chiaro) e il suo compagno seguiranno il suo consiglio, Adamo ed Eva della nuova umanità, mentre gli altri due membri dell'equipaggio tenteranno il rientro sulla Terra su uno Shuttle perché "tengono famiglia" e cercheranno di raggiungerla in qualche rifugio sotterraneo, e non ne sapremo più nulla. Non metto in dubbio la buona fede e le buone intenzioni di Clooney, che sono quelle, lodevoli, di far riflettere sui destini dell'umanità, il disastro climatico a cui si va incontro per l'irresponsabile rapporto instaurato dall'uomo con l'ambiente di cui fa parte, ma un film di fantascienza che vuole rappresentare una realtà distopica deve avere una sua logica, e qui la storia non sta in piedi, inoltre le coincidenze troppe per essere anche solo vagamente credibili, e l'aspetto paradossale è che la porzione della vicenda che si svolge nello spazio risulta molto più plausibile di quella che si rappresenta sul nostro pianeta. Sì, il film è ben fotografato ma anche terribilmente noioso oltre che prevedibile, e le interpretazioni non esattamente all'altezza, a parte, come detto, quella dell'attrice meno esperta del cast. Non sto a sconsigliarlo del tutto ma la delusione è proporzionata alle aspettative che nutrivo.

venerdì 25 dicembre 2020

Spoiler alert!


 Trittico di santa Colomba, dipinto del pittore fiammingo Rogier van der Weyden realizzato circa nel 1455 e conservato nell'Alte Pinakothek di Monaco di Baviera 

mercoledì 9 dicembre 2020

The Gentlemen

 

"The Gentlemen" di Guy Ritchie. Con Matthew McConaughey, Hugh Grant, Charlie Hunnam, Michelle Dockery, Jeremy Strong, Henry Golding, Colin Farrell e altri. GB, USA ★★★½

Una boccata d'aria in tanta noia: Guy Ritchie torna a raccontare storie criminali ma alla sua maniera, in un film circolare che ricorda il Tarantino di Pulp Fiction e di Le iene anche per il gusto dissacratorio, la caricaturalità dei personaggi, il rilievo che si pone sul linguaggio (si apprezza decisamente di più in lingua originale, ammesso che si abbia abbastanza confidenza con l'accento cockney). La vicenda ruota attorno a Mickey (McConaughey), un americano che dopo aver vinto una borsa di studio a Oxford ha messo su una fortuna sfruttando debolezze e i vizi della Upper Class inglese: cominciando come piccolo spacciatore di marijuana nel campus universitario ha poi creato un impero basato sulla sua coltivazione in siti insospettabili, in 12 enormi serre costruite sotto le dimore avite di nobili decaduti che faticano a mantenerle per cui in cambio ci pensa lui. Ormai però intende ritirarsi dall'attività, vendere tutto e godersi i proventi con la bella moglie. L'interessato è un viscido miliardario ebreo americano, che ovviamente tira sul prezzo e fa il furbo, e nella trattativa si inserisce anche il rampollo di un boss dell'eroina cinese. Il tutto viene raccontato da tale Fletcher (Hugh Grant, per una volta non nei panni del bellimbusto), un investigatore privato incaricato da Big Dave (Eddie Marsan: grandioso), il direttore di un tabloid scandalistico, di scoprire gli altarini Mickey con cui ce l'ha a morte perché in un gala si era rifiutato di stringergli la mano. Fletcher però vuole sfruttare la situazione e va da Raymond, il tuttofare di Mickey (il Wolf della situazione), per vendergli le prove raccolte per 20 milioni di sterline: da lì il racconto di quanto è riuscito a scoprire e l'intreccio diabolico di trattative, coincidenze, imbrogli, fregature, ammazzamenti fino all'intervento provvidenziale di Coach, un Colin Farrell in forma strepitosa, nei panni di un allenatore di MMA, arti marziali miste, dall'abbigliamento improbabile quanto tutta la storia, che si ritiene in debito con Mickey perché un gruppo di suoi ragazzi è penetrato in una delle serre di marijuana per girarvi un video. E tutto finisce bene per i nostri eroi e anche per lo spettatore, che si gode due ore di sano divertimento con una storia inverosimile ma fino a un certo punto, perché il ritratto di certe situazioni e certi ambienti è più che veritiero, il ritmo è adrenalinico, l'ambientazione perfetta, gli attori affiatati e divertiti pure loro, il politically correct semplicemente ridicolizzato, e già questo è un merito non da poco. Si trova su Amazon Prime.

martedì 1 dicembre 2020

Il talento del calabrone

"Il talento del calabrone" di Giacomo Cimini. Con Sergio Castellitto, Lorenzo Richelmy, Anna Foglietta, David Coco, Gianluca Gobbi, Guglielmo Favilla e altri. Italia 2020 

Previsto in uscita per marzo, con le sale appena chiuse causa virus, e dirottato di recente su Amazon Prime, questo thriller appartenente al già nutrito sottogenere della negoziazione dietro ricatto via telefono (o computer) risulta sconcertante e perfino difficile da stroncare, tanto è incongruo. La trama è presto detta: nella sede di Radio 105, in cima a un grattacielo nel centro della Milano da Bere, il celebre DJ Steph (Richelmy) conduce un programma in cui si vince un biglietto per un evento modaiolo di grande richiamo: ultimo degli ascoltatori a chiamare per partecipare Carlo (Castellitto), che si rivela un terrorista che, dopo aver fatto saltare in aria un attico (per fortuna vuoto) in zona Garibaldi/Isola, ossia quella più trendy di Cretinopoli, dice di girare a bordo di un'auto in cui è caricata una potente bomba e annuncia di volersi suicidare: minaccia di fare una strage di innocenti se non viene accontentato nelle sue richieste, che cominciano da una serie di brani di musica classica, completamente avulsi dal genere musicale dell'emittente. Diventa quindi una partita a scacchi fra lo speaker e l'aspirante suicida, in un crescendo di like sui social network che seguono spasmodicamente l'evolversi dello  psicodramma, in cui entra come terza protagonista una fascinosa tenente colonnello dei carabinieri sulla quarantina, cosa già improbabile di suo, prelevata mentre visita una mostra al Museo del Novecento in abito da sera di raso e tacchi a spillo che, una volta arrivata nello studio, cava le scarpine, indossa un paio di anfibi e inforca fondina e pistola come se fosse uno scialle: sarà lei a condurre le operazioni e l'interpreta Anna Foglietta, che dev'essersi sentita a tal punto un pesce fuor d'acqua da fare una figura francamente penosa. Nel frattempo si scopre che il pazzo era uno scienziato di valore, professore probabilmente di fisica, scomparso nel nulla da qualche anno, a suo tempo lasciato dalla moglie e traumatizzato dal suicidio del figlio adolescente: per quanto sia farneticante, in realtà la sua è una lucida vendetta, studiata nei minimi dettagli, per vendicarsi di chi ritiene il responsabile morale della scomparsa del figlio, ossia lo stesso DJ Steph, suo coetaneo, suo compagno di scuola con lui e che lo aveva ripetutamente "bullizzato", come si usa dire oggi. Lo spoiler in questo caso è d'obbligo, perché l'impianto del film è talmente traballante, la scene ggiatura infame, la vicenda implausibile e forzata, da non meritare altro; in più il product placement (dalla stazione radio, ai cellulari, tablet e cellulari, tutti rigorosamente monomarca) e il cavalcamento del luogo comune sono così irritanti e invasivi da sconsigliare la visione. Eppure la fotografia è ottima, la capacità di stare dietro alla videocamera a dettare i ritmi giusti c'è, la tensione nonostante tutto è viva e uno finisce a rimanere incollato sulla poltrona senza mettere mano all telecomando. Quindi un'occasione persa, peccato. Però Giacomo Cimini può sicuramente fare di meglio.