lunedì 29 aprile 2019

domenica 28 aprile 2019

Let it B


E' fatta: ramarri promossi in Serie B! In una giornata da tregenda, con neve che ha imbiancato il Piancavallo fino agli 800 metri, temperatura precipitata a 6 °C, raffiche di vento, scrosci d'acqua intermittenti che hanno messo a rischio la praticabilità del campo del Bottecchia, dove il Pordenone giocava l'ultima partita casalinga con la Giana Erminio, trascinatasi fino alle 20.44 perché l'arbitro Santoro ha prolungato l'intervallo di quasi mezz'ora per consentire agli addetti di drenare il terreno nei punti in cui si erano create delle vere e proprie pozze e così evitare la sospensione dell'incontro dopo che il primo tempo si era chiuso sul 3-1 per i padroni di casa; i neroverdi hanno conservato invariato il prezioso risultato fino al fischio finale mantenendo alla fine un vantaggio di 5 punti sulla Triestina nel girone B della Serie C a una giornata dalla fine del torneo e conquistando per la prima volta la Serie B proprio al 100° anno della propria storia. Città impazzita di gioia, la realizzazione di un sogno in cui nessuno osava credere, salvo il presidente Mauro Lovisa, che di Serie B parlava già quando nella stagione 2007/2008 aveva rilevato la società che era precipitata in Eccellenza e navigava in pessime acque finanziarie. L'avevano preso per un visionario: ha avuto ragione lui. Che si facesse sul serio lo hanno dimostrato la realizzazione di un centro sportivo modello, il De Marchi, dove oltre ad allenarsi la prima squadra è nata una scuola calcio d'eccellenza, come testimoniano i risultati raggiunti dalle varie formazioni giovanili, e i tre playoff consecutivi raggiunti negli ultimi anni; e proprio queste tre esperienze, in particolare quella della semifinale col Parma due anni fa a Firenze, hanno fatto capire che bisognava vincere il girone per passare direttamente alla categoria superiore perché in sede di playoff si sarebbe sempre trovato il modo di favorire una società più blasonata e con maggiore tradizione nelle serie superiori. Come avevo raccontato poco più di un mese fa dopo la partita-chiave vinta al Rocco di Trieste, proprio nella sventura ho imparato ad amare questa piccola grande squadra grintosa, caparbia, determinata e di anno in anno l'ho seguita sempre più costantemente, fino ad abbonarmi per questa stagione e seguirla in alcune trasferte fondamentali: a Bolzano, a Vicenza e a Trieste. Un grazie innanzitutto al presidente (avercene di "visionari" così) e al suo staff  e uno particolare ad Attilio Tesser, una delle bandiere dell'Udinese degli anni Ottanta come giocatore e allenatore esperto, pragmatico, una guida sicura per cementare un gruppo, come dimostrano le sue tre precedenti promozioni, due col Novara dalla C alla B e poi alla A e con la Cremonese: l'augurio è che rimanga a dirigere le operazioni anche nella prossima stagione fra i cadetti. Stagione che toccherà giocare al Friuli, ospiti dell'Udinese, in attesa che venga costruito un nuovo impianto in città che diventi la Casa del Ramarro, come promesso, sperando che arrivi qualche generoso investitore a dare una mano e l'amministrazione si dia da fare e sia collaborativa. Ma sopratutto grazie ragazzi!



sabato 27 aprile 2019

Far East Film Festival 21


Serata d'apertura, ieri al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, con la consegna del Gelso d'Oro alla carriera a Jeon Do-yeon, straordinaria attrice coreana protagonista di Birthday, primo film dei 52 in concorso (provenienti da 13 cinematografie) su un totale di 77 in programma, della ventunesima edizione del Far East Film Festival, organizzato dal meritorio Centro Espressioni Cinematografiche, che dal 1999 si tiene a Udine nella seconda metà di aprile (quest'anno fino a sabato 4 maggio) e che è si è affermato come la più importante manifestazione europea dedicata al cinema popolare asiatico. A corollario, un centinaio di eventi tematici sparsi nel centro della città, rendendola per una decina di giorni un curioso ibrido tra friulanità ed esotismo: scopo principale del Festival, del resto, è quello di accorciare le distanze culturali tra Oriente e Occidente, mostrando i film che riempiono effettivamente le sale in Asia, attraversando tutti i generi cinematografici, che è un modo estremamente efficace per capire sensibilità e modo di pensare di quella parte del mondo che si suole definire "emergente" e sempre più protagonista sulla scena mondiale, non soltanto in campo economico. Non prevedo di fare una  vera e propria full immersion, considerate le dimensioni del programma, ma soltanto parziale: del resto se fa quel che so pol è una regola zen che vale anche dalle nostre parti, nell'estremo NordEst della Penisola!

venerdì 26 aprile 2019

Il campione

"Il campione" di Leonardo D'Agostini. Con Andrea Carapenzano, Stefano Accorsi, Ludovica Martino, Mario Sgueglia, Camilla Semino Favro, Massimo Popolizio, Anita Caprioli e altri. Italia 2019 ★★★½
Un film sportivo che faccia da sfondo a una storia di disadattamento e di crescita non è una novità nemmeno in Italia, e viene subito in mente un altro film in cui Stefano Accorsi era coprotagonista, l'ottimo Veloce come il vento di Matteo Rovere: lì in veste di regista, qui di produttore del film d'esordio di Leonardo D'Agostini; di diverso, in Il campione, c'è che al centro c'è il mondo del calcio, così intoccabile dalle nostre parti da essere tutt'al più oggetto di film farseschi alla Lino Banfi, un crack nascente, forse il successore del Pupone nella Magica, una società vera, l'AS Roma, e una vicenda di fantasia ma estremamente verosilmile. L'astro nascente (il sempre più convincente Andrea Carapenzano) è il ventenne Christian Ferro, anzi CF24, come campeggia su un enorme bassorilievo nella sua villa faraonica, dove ospita, oltre a un corteo di Lamborghini, un codazzo di amici coatti che vivono alle sue spalle per ricordargli sempre la misera borgata da dove viene, la fidanzata influencer, una cerebrolesa da 500 mila follower, un manager avido e invadente e un padre-pappone riapparso soltanto quando il figlio ha raggiunto la notorietà: il perfetto cretino di talento, incapace di gestirsi, sempre sulle prime pagine dei giornali per i suoi comportamenti esagerati in campo e fuori, ma intoccabile come ogni vero idolo dei tempi moderni, specie in una città come Roma e una tifoseria come quella della squadra giallorossa che tutto perdona ai suoi idoli. Tutto bene, si fa per dire, fino a quando il presidente della società, per dargli una regolata responsabilizzandolo, e conseguentemente conservare e possibilmente aumentare il suo valore di mercato, lo obbliga a sostenere la maturità, con una preparazione ad hoc, e verifiche periodiche da superare passo per passo pena rimanere in panchina o, peggio, in tribuna. Per questo assume Valerio, un malinconico professore di liceo che ha mollato la scuola limitandosi a dare ripetizioni, Stefano Accorsi (a sua volta già protagonista di un anomalo film calcisitico di qualche anno fa, L'arbitro) del tutto ignaro di cose di football. Il rapporto tra i due, prima conflittuale, pressoché impossibile per la refrattarietà di Christian a concentrarsi e a mollare le sue abitudini, muta e cresce col tempo attraverso varie vicissitudini e le conoscenza reciproca e dei rispettivi punti deboli: Valerio ha perso un figlio piccolo e il suo matrimonio è andato in crisi mandandolo alla deriva; il giovane campione è rimasto orfano della madre, cui era legatissimo, morta per un tumore al seno, e alla fine si stabilisce una solidarietà forte tra due caratteri solo apparentemente inconciliabili. Tutte cose già viste in film americani o inglesi, ma mai in Italia, tantomeno nell'ambiente calcistico. Critiche se ne potrebbero fare tante, dal romanocentrismo (spesso servirebbero i sottotitoli) a una certa banalizzazione, ma la storia funziona, la sceneggiatura è frizzante, i personaggi credibili e, soprattutto, il giovane Carapenzano estremamente duttile e mai sopra le righe, nonostante un personaggio da interpretare che sopra le righe lo è per definizione. Ben fatto e ben interpretato anche da tutti gli altri componenti di un cast azzeccato.

martedì 23 aprile 2019

Torna a casa, Jimi!

"Torna a casa, Jimi! - 10 cosa da non fare quando perdi il tuo cane a Cipro" (Smiggling Hendrix) di Marios Piperides. Con Adam Bousdoukos, Vicky Papadopoulou, Toni Dimitriou, Özgür Karadeniz, Fatih Al e altri. Cipro, 2018 ★★★
Film d'esordio del regista cipriota Piperides, affronta in forma di commedia tra il pop e l'on-the-road le conseguenze assurde di un Paese diviso in due da quarantacinque anni, di cui quella settentrionale riconosciuta dalla sola Turchia, attraverso le disavventure di Yiannis, un musicista spiantato in procinto di lasciare il Paese in seguito a svariati fallimenti, tra cui il rapporto con Kika, ex fidanzata e collega, di cui gli è rimasta solo l'incombenza di occuparsi di Jimi (Hendrix), un vivace e indisciplinato bastardino che gli sfugge passando dall'altra parte della linea verde che divide la capitale Nicosia, superando la zona cuscinetto dell'ONU. Il problema non è soltanto recuperarlo, cosa per cui Yiannis per la prima volta oltrepassa la "frontiera" (che in teoria non esiste) da quando ha dovuto lasciare la zona settentrionale della città dov'era nato, ma riportarlo indietro: perché nessun animale o vegetale, considerate le normative europee, può entrare nella Cipro greca, quindi l'unico modo per riuscirci e cercare di farlo illegalmente. Per questo, Yiannis deve affidarsi all'aiuto di Hasan, un meccanico turco che ora vive in quella che fu la sua casa natale, e Tuberk, un cialtronesco contrabbandiere (a mio parere il personaggio più azzeccato e meglio interpretato, da Özgür Karadeniz) senza scrupoli che troverà il modo di utiliizzare l'animale come veicolo dei suoi traffici. Le lancette scorrono, il volo per un nuovo futuro si avvicina, Yiannis, un pasticcione nato, viene messo sempre più sotto pressione, inseguito dalla padrona di casa per arretrati e da due pericolosi ceffi che gli hanno finanziato un disco mai inciso: insomma si accumulano disavventure e vicende sempre più improbabili ma poco importa, perché quel che all'autore interessava era fare emergere, con garbo e il sorriso sulle labbra, contraddizioni e assurdità del suo Paese, senza prendersi troppo sul serio ma lasciando trapelare le cose come stanno. In questo senso la missione è compiuta, il film è lieve e gradevole, ma riesce lo stesso a fare riflettere. 

venerdì 19 aprile 2019

Il riposo del guerriero


E' successo proprio stamattina: come se avesse aspettato che io guarissi dopo una settimana di malesseri, in cui era stato lui, il gatto Leo, ad assistere me. Gli avevo ancora dato da mangiare, verso le 8; somministrato la pillola polverizzata contro il diabete che prendeva ormai da qualche anno e che pazientemente, senza mai graffiarmi (contento non era, certo: ma capiva che lo facevo per lui, perché per nessun altro motivo l'avrei tormentato) e tre ore dopo, sotto i miei occhi, tentando di alzarsi per raggiungere la sua cassetta, è collassato d'un tratto, non riuscendo più a sollevarsi, arrancando penosamente verso la sua meta, in cucina, a espletare l'ultimo bisogno; ma ho capito subito che non ce la faceva più. E così ho dovuto procurargli l'eutanasia da parte del veterinario di fiducia che lo seguiva da 15 anni nelle sue peripezie. Perché le aveva tutte. Era arrivato nel luglio del 2004, che avrà avuto sì e no 4 settimane, salendo i gradini che dal giardino portano in terrazza, e ho capito dopo una notte che non sarebbe stato un ospite provvisorio: la vicenda l'avevo raccontata qui, scrivendo del  mio rapporto speciale con l'altro gatto di casa, Filli, morta 4 anni fa. E' stato per 10 anni un Gatto Alfa a tutti gli effetti, il classico soriano, furbo e intelligente, che ha fatto strage di cuori (diciamo così) diventando il ras incontrastato in un circondario piuttosto vasto (molto verde, pochissime auto, territorio tra l'urbano e l'agreste, questo nel borgo medievale dove vivo: il paradiso del gatto). In periodo di calore, era capace di sparire per giorni. Un bel dì, portato dal veterinario perché in preda a feroci infiammazioni alle gengive, hanno verificato che, come l'80% dei gatti di qui che non vivono chiusi in appartamento, si era beccato la HIV felina. E ha dovuto essere castrato per evitare che la trasmettese ulteriormente. Così il buon Leo, che non sapeva giocare (evidentemente sottratto alla madre prima che potesse imparare a farlo: era anche un cacciatore mediocre, perché non uccideva chirurgicamente ma sbrindellava le vittime) e nemmeno miagolare, è diventato un gatto di compagnia a tutti gli effetti e ha pure imparato a interloquire, nonostante i suoi rarissimi miagolii fossero sgraziati. Ciò non impediva le sortite che gli erano sempre concesse (anche in inverno: spesso un dentro-e-fuori ossessivo), ma capitava sempre più di frequente che rimanesse vittima delle vendette dei colleghi che aveva sottomesso ai suoi tempi d'oro, figurarsi quando ormai aveva perso tutti i denti e non poteva difendersi: tre anni fa è stato salvato per miracolo, dopo essere stato letteralmente scuoiato a una zampa, con la ferita infetta, completamente disidratato, e l'avevo ritrovato in terrazza (sempre quella, risalendo gli stessi gradini) dove era arrancato solo dopo che l'avevo chiamato io, il giorno del ritorno da un mio viaggio, con le ultimissime forze (la signora che l'accudiva durante le mie assenze, a cui pure era affezionato, l'aveva dato per sicuro disperso da una settimana). L'immunodeficienza gli causava sempre più frequentemente pesanti problemi respiratori curati con antibiotici e sessioni multiple di aerosol effettuate da me ma ha resistito a tutto: era un mito, non solo in famiglia, ma tra parenti e amici; la prova vivente delle sette esistenze concesse a questi felini. Stamattina è crollato, lui che nel suo mondo era stato un gigante, e un micio di una bontà e pazienza infinite. Addio mio piccolo grande amico: ti seppellirò sotto l'albero più bello, giù nelle rive da cui sei venuto a darmi tanta compagnia e affetto negli ultimi 15 anni. 

sabato 13 aprile 2019

Diritto di proprietà

"It will be really good to get him back on United States soil," says  on Julian Assange's arrest. "He is our property and we can get the facts and the truth from him." 
C'è ancora qualcosa da dire? E il pericolo "fassista" sarebbe quel pirla di Salvini che si esibisce in felpe e tute della PS? Un dilettante.

martedì 2 aprile 2019

Border - Creature di confine

"Border - Creature di confine" (Gräns) di Ali Abbasi. Con Eva Melander, Eero Milonoff, Jörgen Thorsson, Ann Petrén, Sten Ljunggren, Kjell Wilhelmsen, Rakel Wärmländer e altri. Svesia, Danimarca 2018 ★★★★+
E' piuttosto inconsueto che un film scandinavo risulti, oltre che ben fatto, pure divertente: Border è una lieta eccezione, come lo era stato The Square un paio d'anni fa, e raramente, negli ultimi tempi, mi sono divertito tanto al cinema: sarà che il regista e cosceneggiatore, Ali Abbasi è sì svedese, però d'adozione, essendo nato e cresciuto a Teheran; eppure dalla mitologia scandinava ha attinto, perché di qualcosa di magico si tratta, ma non vado oltre per non rovinare la sorpresa a chi seguisse il mio suggerimento di non perdersi lo spasso, ma anche la riflessione, garantiti da questa pellicola. Che non è  mai sguaiata nel raccontare l'incontro del destino fra due inconsueti individui dall'aspetto piuttosto particolare, con lineamenti vagamente neandertaliani e movenze a tratti ferine, ma perfettamente inseriti nella realtà quotidiana. Lei, Tina, fa la doganiera in un porto dove attraccano traghetti dalla Finlandia e ha un fiuto infallibile nell'individuare chi ha qualcosa da nascondere: solo l'espressione che fa quando "snasa" l'aria fa cappottare dal ridere. Semplicemente, "sente l'odore delle emozioni", ma non basta: entra in contatto telepatico con gli animali e anche quelli più diffidenti, come cervi, alci e volpi, le si avvicinano senza alcun timore; inoltre, ama gli insetti, la pioggia e aggirarsi a piedi nudi nel bosco, però è terrorizzata dai fulmini. Tutto bene, tanto che la polizia la aggrega per svolgere delle indagini su una coppia, da lei individuata, sospettata di fare traffici di bambini a scopo pedopornografico  (qualcosa di malsano  e di torbido in un film nordico ci deve pur essere: mancanza di luce, sensi di colpa latenti, maniacalità diffusa e disagio psichico fanno questi scherzi, come dimostrano anche i noir e le serie TV "venuti dal freddo" che negli ultimi anni "tirano" molto), finché un bel giorno dal traghetto sbarca Vore, che sembra la sua versione maschile: corpulento, trasandato, decisamente brutto, che si presenta con un aggeggio misterioso che a un primo sguardo sembra un ordigno a orologeria mentre invece è un'incubatrice per larve... Con lui il fiuto di Tina non funziona e, insomma, è attrazione fatale e lei scoprirà una parte di sé stessa che non sospettava di avere, e la scelta sarà se darle libero sfogo oppure adattarsi, come ha fatto finora, all'apparente normalità di un'umanità che non è esattamente esemplare... Siamo in un campo a metà fra la fiaba e la favola, portate sullo schermo con molto realismo e dove l'elemento fantasioso si inserisce perfettamente nella quotidianità; di una bravura eccezionale i due interpreti principali, Eva Melander ed Eero Milonoff, e almeno altrettanto i truccatori, che hanno reso il tutto ancora più credibile; il regista si dimostra in gamba e, soprattutto, l'idea è semplicemente geniale.