"The Square" di Ruben Östlund. Con Claes Bang, Elisabeth Moss, Dominic West, Terry Notary, Christopher Laesso, Annika Liljeblad e altri. Svezia, Danimarca, USA, Francia 2017 ★★★★★
Mi tocca ammettere che su Ruben Östlund mi ero sbagliato: il suo precedente lavoro, Forza maggiore, mi era sembrato piuttosto inconcludente e masturbatorio, abbastanza in linea con l'idiotismo che domina la società scandinava, anche quando ne metteva in evidenza, sbertucciandole, gli aspetti più malsani; in quest'occasione, con un film più strutturato (per quanto volutamente sincopato, senza une vera e propria trama, a seguire una serie di eventi che sfuggono al controllo del personaggio principale), si rivela una vera pecora nera, una voce fuori dal coro perbenista e politicamente corretto, dalla visione acuta e capace di mettere alla berlina tutta una serie di ipocrisie e luoghi comuni del milieu pseudo culturale e progressista (si fa per dire) e dei media che lo blandiscono sputtanandone la pretesa di essere depositario di un'arte, quella contemporanea e posticcia che si muove in una dimensione completamente fuori dalla realtà, che ha pure la pretesa di spiegarla e di essere, quindi, autentica, oltre che necessaria. Il nostro eroe è Chiristian (il fin qui sconosciuto Claes Bang: notevole), il bello, vanesio, "distrattamente" elegante, infantile curatore dell'X-Royal, museo d'arte contemporanea collocato nell'ex palazzo reale di Stoccolma, e la vicenda ruota attorno al prossimo "evento" in programma, l'installazione "Square", opera di un'artista argentina, un quadrato di quattro metri per lato delimitato da una banda luminosa collocata nella piazza, pavimentata a porfido, antistante l'ingresso principale del museo, che vuole essere un santuario di fiducia e altruismo al suo interno dove tutti hanno gli stessi diritti e doveri, una zona franca, insomma, ben'altra rispetto al mondo circostante eppure inserita in esso, insomma una classica sega mentale come pressoché tutto ciò che ruota attorno all'arte contemporanea, almeno quella istituzionalizzata. Per lanciarla, vengono ingaggiati due giovani creativi, che puntano a un evento faccia parlare dell'"evento" e non trovano di meglio che proporre un video destinato a diventare virale sui social, tanto sarà dirompente e disturbante. E che, mandato in rete sul sito del museo, puntualmente scatenerà un coro di proteste da parte dei media che porteranno (forse) alle dimissioni di Christian il quale, preso dalle vicende seguite al furto e al successivo recupero dello smartphone, del portafogli e di un paio di gemelli d'ori del nonno, colpevolmente non aveva supervisionato il video. In mezzo, il cicaleccio delle presentazioni, dei briefing, delle interviste vuote, delle serate che in un caso finiscono nel letto di una giornalista che vive con uno scimpanzè e che svela Christian in tutta la sua superficialità, delle cene di gala in onore dei donatori (magistrale quella in cui un uomo scimmia, il bravissimo Terry Notary, già protagonista di un'installazione video che compare in più di un'occasione, viene sguinzagliato tra i tavoli "dal vero" a terrorizzare gli imbalsamati e ingioiellati convenuti, finendo per scatenare la vera "bestia" che è in essi), fino alla conferenza-stampa finale in cui da un lato Christian deve difendersi dalle accuse di scorrettezza politica, dall'altro di limitare la libertà d'espressione. Il tutto in un continuo ed esilarante corto circuito fra buone intenzioni e parole (alate quanto vuote) che vogliono illustrarle e realtà, tra apparire ed essere, condito sempre con qualche elemento spiazzante e apparentemente incongruo a punteggiare il caos. Due ore e venti di film che però non innescano mai stanchezza e noia, con la certezza fin dal primo momento che la sorpresa è in agguato. Qualcuno ha ricordato Marco Ferreri, a proposito di questo questo The Square che ha meritatamente conquistato la Palma d'Oro questa primavera a Cannes e il paragone non è irriverente nei confronti del compianto maestro. Entrato in sala perplesso, ne sono uscito con un sorriso beffardo sulla labbra, il cuore leggero e l'animo soddisfatto: qui siamo a livelli molto alti. Bravissimi tutti: imperdibile.
Mi tocca ammettere che su Ruben Östlund mi ero sbagliato: il suo precedente lavoro, Forza maggiore, mi era sembrato piuttosto inconcludente e masturbatorio, abbastanza in linea con l'idiotismo che domina la società scandinava, anche quando ne metteva in evidenza, sbertucciandole, gli aspetti più malsani; in quest'occasione, con un film più strutturato (per quanto volutamente sincopato, senza une vera e propria trama, a seguire una serie di eventi che sfuggono al controllo del personaggio principale), si rivela una vera pecora nera, una voce fuori dal coro perbenista e politicamente corretto, dalla visione acuta e capace di mettere alla berlina tutta una serie di ipocrisie e luoghi comuni del milieu pseudo culturale e progressista (si fa per dire) e dei media che lo blandiscono sputtanandone la pretesa di essere depositario di un'arte, quella contemporanea e posticcia che si muove in una dimensione completamente fuori dalla realtà, che ha pure la pretesa di spiegarla e di essere, quindi, autentica, oltre che necessaria. Il nostro eroe è Chiristian (il fin qui sconosciuto Claes Bang: notevole), il bello, vanesio, "distrattamente" elegante, infantile curatore dell'X-Royal, museo d'arte contemporanea collocato nell'ex palazzo reale di Stoccolma, e la vicenda ruota attorno al prossimo "evento" in programma, l'installazione "Square", opera di un'artista argentina, un quadrato di quattro metri per lato delimitato da una banda luminosa collocata nella piazza, pavimentata a porfido, antistante l'ingresso principale del museo, che vuole essere un santuario di fiducia e altruismo al suo interno dove tutti hanno gli stessi diritti e doveri, una zona franca, insomma, ben'altra rispetto al mondo circostante eppure inserita in esso, insomma una classica sega mentale come pressoché tutto ciò che ruota attorno all'arte contemporanea, almeno quella istituzionalizzata. Per lanciarla, vengono ingaggiati due giovani creativi, che puntano a un evento faccia parlare dell'"evento" e non trovano di meglio che proporre un video destinato a diventare virale sui social, tanto sarà dirompente e disturbante. E che, mandato in rete sul sito del museo, puntualmente scatenerà un coro di proteste da parte dei media che porteranno (forse) alle dimissioni di Christian il quale, preso dalle vicende seguite al furto e al successivo recupero dello smartphone, del portafogli e di un paio di gemelli d'ori del nonno, colpevolmente non aveva supervisionato il video. In mezzo, il cicaleccio delle presentazioni, dei briefing, delle interviste vuote, delle serate che in un caso finiscono nel letto di una giornalista che vive con uno scimpanzè e che svela Christian in tutta la sua superficialità, delle cene di gala in onore dei donatori (magistrale quella in cui un uomo scimmia, il bravissimo Terry Notary, già protagonista di un'installazione video che compare in più di un'occasione, viene sguinzagliato tra i tavoli "dal vero" a terrorizzare gli imbalsamati e ingioiellati convenuti, finendo per scatenare la vera "bestia" che è in essi), fino alla conferenza-stampa finale in cui da un lato Christian deve difendersi dalle accuse di scorrettezza politica, dall'altro di limitare la libertà d'espressione. Il tutto in un continuo ed esilarante corto circuito fra buone intenzioni e parole (alate quanto vuote) che vogliono illustrarle e realtà, tra apparire ed essere, condito sempre con qualche elemento spiazzante e apparentemente incongruo a punteggiare il caos. Due ore e venti di film che però non innescano mai stanchezza e noia, con la certezza fin dal primo momento che la sorpresa è in agguato. Qualcuno ha ricordato Marco Ferreri, a proposito di questo questo The Square che ha meritatamente conquistato la Palma d'Oro questa primavera a Cannes e il paragone non è irriverente nei confronti del compianto maestro. Entrato in sala perplesso, ne sono uscito con un sorriso beffardo sulla labbra, il cuore leggero e l'animo soddisfatto: qui siamo a livelli molto alti. Bravissimi tutti: imperdibile.
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