mercoledì 8 novembre 2023

Anatomia di una caduta

"Anatomia di una caduta" (Anatomie d'une chute) di Justine Triet. Con Sandra Hüller, Swann Arlaud, Milo Machado Graner, Antoine Reinarzt, Samuel Theis, Jehnny Beth, Saadia Bentaïb e altri. Francia 2023 ★★★1/2

Benché diffidi sempre dei verdetti delle giurie dei maggiori festival cinematografici, specialmente negli ultimi decenni dominati dal dogma del "politicamente corretto" con ulteriori iniezioni di Me Too di rinforzo al luogo comune, fregiarsi della Paola d'Oro è sempre un buon viatico e quindi di buon grado sono andato a vedere Anatomia di una caduta, quella che ha causato la morte di Samuel dal balcone dello chalet di montagna (siamo vicini a Grenoble) dove viveva con la moglie Sandra Voyter (una scrittrice tedesca di successo) e il figlio ipovedente Daniel. Caduta che viene analizzata in ogni possibile dettaglio in fase di indagine e poi dibattimentale, perché prima la polizia e poi la pubblica accusa dubitano della causa accidentale e puntano i loro sospetti sulla donna. Lo schema è dunque quello di film poliziesco e processuale, la cui azione è ambientata in gran parte nell'aula del tribunale del capoluogo regionale dove si svolge il processo, tra interrogatori e controinterrogatori dell'accusata, degli investigatori, dei periti e di altri testi e che diviene, visti l'argomento e la pruriginosità dei palesi dissapori di coppia e la notorietà dell'accusata, un caso mediatico. In realtà ciò che viene dissezionato è il rapporto di una coppia disfunzionale in cui i ruoli tradizionali sono invertiti: Sandra è una donna forte, indipendente, autocentrata, che non nega di ispirarsi per i propri romanzi a eventi reali tratti dalla propria esperienza come anche di trarre spunto da idee di suo marito, un ex docente che si è ritirato dall'insegnamento proprio per dedicarsi anche lui alla scrittura ma a cui viene a mancare l'ispirazione, a differenza di Sandra che va avanti spedita per la sua strada. Però a incrinare la loro relazione è il senso di colpa che Samuel sente per l'incidente che ha causato la lesione al nervo ottico del figlio, rendendolo quasi cieco, su cui in parte gioca Sandra per rinfacciargli l'inconcludenza oltre alla scelta di essersi isolati in un luogo isolato, con scarsissimi contatti con il prossimo e pressoché privi di vita sociale. Durante il processo Sandra (la interpreta l'omonima Hüller, attrice tedesca di grandissima levatura, eccezionale nella parte) è assistita dall'avvocato Rizzi (Swann Arlaud), un amico di vecchia data, e verrà alla fine scagionata grazie a una testimonianza del figlio e... del cane di famiglia, ma non è l'esito di un thriller quasi "hitchcockiano" nel ritmo e nell'intrigo (ci sono anche molti flash-back a illustrare un rapporto di coppia fatto di profonda incomprensione e visioni diametralmente opposte) la parte interessante del film quanto la doppia verità che emerge da un flusso continuo di domande e risposte, resa evidente soprattutto durante il dibattimento ma anche dalle registrazioni di alcuni scambi verbali effettuate da Samuel durante i numerosi litigi della coppia, recuperate e prodotte in aula. Insomma un film interessante, ben congegnato, forse un po' troppo arzigogolato, a cui probabilmente avrebbe giovato una sforbiciata di un buon terzo delle due ore e mezzo di durata per renderlo meno simile a un prodotto televisivo. Comunque, non male, in gamba la regista Justine Triet, giunta al suo quarto lungometraggio (il primo per me) anche se il negletto La verità secondo Maureen K. di Jean-Paul Salomé. apprezzato di recente, con cui pure ha qualche affinità (per la parte poliziesco-processuale, oltre che per avere come protagonista una donna in stato di accusa), è a tutt'altro livello.

sabato 4 novembre 2023

C'è ancora domani

"C'è ancora domani" di Paola Cortellesi. Con Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, Sergio Colangeli, Vinicio Marchioni, Francesco Centorame e altri. Italia 2023 ★★★★1/2

Eccellente esordio alla regia di Paola Cortellesi, che mi fa un immenso piacere perché da sempre la stimo come attrice, comica, sceneggiatrice ma soprattutto come persona: intelligente, equilibrata, discreta, mai sopra le righe. Film d'apertura della recente Festa del Cinema di Roma, dove ha ricevuto diversi riconoscimenti, a cominciare dall'apprezzamento del pubblico: scontato forse nella capitale, dove "gioca in casa", ma confermato dal successo che C'è ancora domani sta avendo nelle sale di tutto il Paese dopo la sua uscita, la scorsa settimana (a Udine, al Visionario", un applauso spontaneo durante una proiezione pomeridiana, cosa del tutto inconsueta). E la pellicola merita, ché più italiana non potrebbe essere, omaggio sì (ma non solo) al genere cinematografico più originale che questo Paese abbia prodotto, il neorealismo, ma anche alla commedia che, sotto varie forme, ne sarebbe stata l'erede e che ne ha raccontato la storie, i vizi le e virtù, mettendolo impietosamente davanti allo specchio. Paola Cortellesi lo fa con un film molto originale, con cui ha voluto raccontare le storie a sua volta ascoltate da parenti più anziani: bisnonni, nonni, genitori, zii che le avevano vissute nell'immediato dopoguerra. Siamo infatti a Roma, vita di quartiere, anzi: di cortile, nella tarda primavera del 1946: per le strade c'è ancora la Military Police americana. La giornata di Delia, la protagonista (Paola Cortellesi stessa) inizia con un ceffone ricevuto dal marito Ivano (un grandioso e Valerio Mastandrea, generoso ad accettare il ruolo di un personaggio così odioso) mentre gli dà il buongiorno. Ché a Ivano si devono perdonare gli scatti d'ira, ché, poveretto, "ha fatto due guerre". Sulla quarantina, la donna ha tre figli, di cui la maggiore, Marcella, vorrebbe studiare ma non può perché è meglio che porti a casa una paga e cerchi un buon partito: infatti è fidanzata col figlio del bar-pasticceria del rione, rampa di lancio per uscire dalla condizione in cui versa la famiglia. Delia, oltre a tenere in ordine il sottoscala in cui vivono, fa lavori di rammendo per una merciaia, iniezioni a domicilio, riparazioni di ombrelli. Abbozza in casa, ma ha la sua valvola di sicurezza fuori: un amore di gioventù che fa il meccanico e sta pensando di trasferirsi al Nord (Vinicio Maerchioni), soprattutto un'amica che vende ortaggi al mercato (Marisa, interpretata da Emanuela Fanelli: strepitosa) che la sostiene. In casa sopporta, ha pure a carico il suocero capriccioso e indolente (Sergio Colangeli: altra chicca). Vita quotidiana, pure squallida, dove il sopruso, anche la violenza, viene condivisa pure dai vicini, ché denunciarla non servirebbe: Cortellesi la descrive così com'era, e chi ha vissuto la vita di "cortile" in un rione di una grande città anche solo negli anni Cinquanta e Sessanta lo sa, senza premere mai sul tasto più scontato, il manicheismo che, invece, caratterizza il "politicamente corretto" in auge attualmente. La violenza maschilista, pur denunciata, è messa anche in ridicolo, e le scene potenzialmente più cruente risolte magari in un casquet, ballando su un motivo d'epoca, intonato da Achille Togliani, oppure su un pezzo di Lucio Dalla o Battiato, apparentemente fuori contesto ma in realtà del tutto "sul pezzo". Ho molto apprezzato anche che Paola abbia usato la parola "negro" parlando, per l'appunto, con un militare statunitense di colore: termine che fino a solo quarant'anni fa non aveva nessun connotato offensivo o razzista. Non tutto è bianco e nero, dice il film, benché in bianco e nero, molto suggestivo e assolutamente congruo, sia la pellicola: altra scelta coraggiosa e inusuale. Un bel giorno Delia riceve una lettera indirizzata proprio a lei: la legge, la mette da parte in un luogo segreto, dove tiene anche i suoi pochi risparmi personali (il suo tesoro), sembra uno spiraglio per un futuro diverso. Lo sarà, ma non come immagina, inevitabilmente, la gran parte degli spettatori: la sorpresa è in agguato e sta nel titolo. E nella lettera che una lettera non è, ma un "passaporto" per un futuro diverso, forse. Perché dopo la domenica, c'è (o almeno c'era) anche un lunedì. Come scoprirà chi seguirà il mio consiglio di non farsi scappare questo film. Che merita, come Paola Cortellesi, un applauso, anche per avere fatto un atto più che mai politico senza mai parlare di politica. Brava davvero.