giovedì 9 giugno 2022

Boys

"Boys" di Davide Ferrario. Con Neri Marcorè, Marco Paolini, Giovanni Storti, Giorgio Tirabassi, Paolo Giangrasso, Saba Anglana, Giorgia Wurth, Linda Messerklinger e altri. Italia 2021 ★★★+

Film d'apertura delle Giornate della luce dedicate ai maestri della fotografia del cinema italiano e che si tengono a Spilimbergo (PN) dal 4 al 12 giugno, ho avuto occasione di recuperarlo dato che me l'ero perso all'uscita nelle sale l'anno scorso in luglio: dichiaratamente "generazionale", il poliedrico Davide Ferrario ha ambientato a Torino, con un'escursione on the road in quel di a Capracotta (Molise), la storia di un gruppo di amici ultrasessantenni rimasti tali anche dopo anni dal loro discreto successo, per quanto effimero, negli anni Settanta, quando erano conosciuti come The Boys. Luca, che ne era l'anima, si era successivamente suicidato gettandosi nel Po, ma Giacomo, che ne ha preso il posto, Bobo, Joe e Carlo (rispettivamente Marcorè, Tirabassi, Paolini e Storti, per una volta non in un ruolo comico: bravissimo nei panni di un affermato notaio che collezione cimeli rock), pur intraprendendo strade diverse nella vita lavorativa, sono andati avanti a riunirsi periodicamente per il puro piacere di suonare, cosa che capita ancora a tanti della mia generazione, che è la stessa dei personaggi in questione. E a rimanere amici e solidali, nonostante tutto e a prescindere dai rispettivi problemi: chi di tipo finanziario, chi di salute, chi sentimentali (su questo fronte il fallimento o la difficoltà a ingranare un rapporto di coppia è collettivo). Un bel giorno vengono contattati dalla manager di un trapper, tale Jay-D, un mentecatto pluritatuato e borchiato come la coppia di pit bull che esibisce come vanto, il quale vuole fare una sorta di cover del loro brano più famoso e offre una cifra notevole per acquistare i diritti su tutta la loro produzione (e farne scempio), soldi che farebbero comodo a tutti, soprattutto a Giacomo, detto Polpetta, che gestisce un locale in gravi difficoltà, ma anche gli altri, che si limitano a suonare il vecchio repertorio di cui era autore lo scomparso Luca ma li firmavano tutti insieme, sono favorevoli, ma occorre anche il consenso di Anita, vecchia vocalist del gruppo, che si è rifugiata in una sorta di eremo in Molise, ed ecco la scusa per mettersi in viaggio a bordo di un vecchio pullmino T2 Volkswagen detto anche Bulli, per averne il consenso: ad accompagnarli è Steve, che ne documenta il trip, un giovane giornalista e fan che li aveva riscoperti, frustrato per doversi occupare di personaggi alla Fedez o alla Vacchi molto trendy che con la musica non hanno nulla a che vedere, semmai col marketing e con il rincoglionimento della gente che ne segue le vicende sui social, possibilmente via smartphone. Fin qui siamo nell'ambito della commedia pacata e con un tocco nostalgico, col pregio del garbo con cui è narrata una storia senza grandi sorprese, e scopriremo anche il motivo per cui Anita aveva lasciato il gruppo all'improvviso e cosa era stato della sua vita, ma poi il film ha un guizzo quando giunge il momento della firma del contratto di cessione dei diritti e della presentazione della cover, "evento"organizzato in pompa magna dalla manager dell'artista, e Ferrario, che sa di cosa parla, tanto che ha chiamato Mauro Pagani, polistrumentista, compositore e produttore di altissimo livello nonché membro fondatore della PFM a scrivere la colonna sonora, si diverte a "sistemare" tutta la categoria di questi squallidi spennagrulli, il loro entourage e i loro ammiratori mostrandoli per quello che sono, ossia il nulla, e il finale recupera parecchio vigore e punti che incidono sul mio personale giudizio finale, che vira sul "più che discreto". Buoni sentimenti ma non smanceria, nostalgia ma col giusto tocco di ironia e autoironia, equilibrio: altro elemento che occorre in una rock band perché non si sfaldi, perché occorrono entusiasmo e passione per quello che si fa come collante, ma  anche unità di intenti e amicizia per tenere insieme caratteri e personalità completamente diverse. 

lunedì 6 giugno 2022

Alcarràs - L'ultimo raccolto

"Alcarràs - L'ultimo raccolto" (Alcarràs) di Carla Simón. Con Jordi Puyol Dolcet, Anna Otin, Xènia Rosset, Albert Bosch, Ainet Jounou, Josep Abad, Nosé Oró, Carles Cabó, Berta Pipó, Isaac Rovira e altri. Spagna, Italia 2022 ★★★★+

Ad Alcarràs, paesino rurale catalano poco lontano da Lleida/Lérida, i Solé già da generazioni vivono in una casa e conducono un terreno coltivato a peschi concesso in usufrutto dai ricchi latifondisti Punyol in segno di gratitudine perché il loro avo, il padre dell'anziano capofamiglia, ha nascosto i loro parenti dai repubblicani durante la Guerra Civile, salvandogli la pelle. Peccato che non esista alcuna carta firmata perché possano far valere il loro diritto (ai tempi bastava una stretta di mano per concludere un contratto e la parola aveva un valore), così l'erede Punyol ha gioco facile a sfrattarli, perché vuole "riconvertire" quel terreno o meglio, "riqualificarlo", eradicando gli alberi da frutto per sostituirli con ecologici pannelli solari: un tocco di verde per la transizione energetica e un altro passo avanti per la distruzione di un'agricoltura sostenibile. Anzi, più sottilmente, e ipocritamente, il giovane greenwasher propone loro di convertirli da lavoratori della terra a tecnologici e moderni manutentori dell'impianto: ci guadagnerebbero di più. Sicuramente più di quanto incassa chi lavora la terra e ne raccoglie i frutti (a suo rischio) che, grazie alle politiche e alle logiche della grande distribuzione, che peraltro se ne fotte della qualità, vengono vendute a un prezzo maggiorato di oltre dieci volte al consumatore. I Solé non vogliono cedere, o almeno non prima di avere concluso l'ultimo raccolto, e Carla Simón, che pur nata a Barcellona è cresciuta in una realtà simile, segue questa fase finale entrando di fatto nella casa dei due nuclei famigliari coinvolti, scandagliandone la vita quotidiana, le tensioni, le cose non dette, i disaccordi, le frustrazioni, la paura, soprattutto da parte del figlio maggiore, Quimet, e del suo primogenito Roger, di perdere la propria identità di contadini, fatta di conoscenze secolari, tramandate per generazioni: non hanno nessuna intenzione di diventare operai, meno che mai schiavi di macchine o impianti tecnologici. Eppure il tarlo lavora anche all'interno della famiglia, le contraddizioni scoppiano inevitabilmente, ma l'orgoglio dei Solé è grande e la testa dura, anche se la resistenza davanti  al "progresso inarrestabile" e, soprattutto, alla logica del profitto è destinata a essere sconfitta. In Spagna questa "conversione" dei terreni a parchi fotovoltaici ha assunto una dimensione allarmante, e presto prenderà piede anche da noi: questo film lancia un allarme che va diffuso, e solo per questo merita di essere visto e che se ne parli. In più, è anche ben fatto e girato. Oltre a rivelarsi indovinata la scelta di affidare i personaggi ad attori non professionisti, peraltro tutti molto bravi ed efficaci, autentici, la regista è a capo di una squadra quasi interamente femminile: non per questo il film è "femministo" e "militonto". Tutt'altro. E' onesto, appassionato, realista: autentico e credibile. Chi ha avvicinato il lavoro di Carla Simón a quello di Alice Rohrwacher a mio avviso non coglie nel segno: troppo astratta, fumosa, estetizzante e tendente al fiabesco l'autrice toscana, vedi il francamente penoso Lazzaro felice, mentre la franchezza e il terricolo umanesimo della regista catalana mi ha piuttosto ricordato un'altra regista italiana, Laura Bispuri, e il suo Figlia mia. Se Alcarràs, coproduzione italo-spagnola, ha vinto senza rivali (e men che mai il mortificante Leonora addio di Paolo Taviani) l'Orso d'Oro in uno dei pochi festival rimasti credibili, la Berlinale di quest'anno, il motivo c'è e si vede, e vi consiglio di verificarlo andando a vaderlo. 

venerdì 3 giugno 2022

God Save The Queen!


God save the Queen
A fascist regime
They made you a moron
Potential H-bomb
God save the Queen
She ain't no human being
There is no future
In England's dreaming
Don't be told about what you want
Don't be told about what you need
No future, no future, no future for you
God save the Queen
We mean it, man
We love our Queen
God saves
God save the Queen
Tourists are money
But our figurehead
Is not what she seems
God save history
God save your mad parade
Oh Lord, have mercy!
All crimes are paid
When there's no future, how can there be sin?
We're the flowers in the dustbin
We're the poison in the human machine
We're the future, we're the future
God save the Queen
We mean it, man
We love our Queen
God saves
God save the Queen
We mean it, man
We love our Queen
God saves
No future, no future
No future, no future
No future, no future
No future, no future
No future, no future
No future, no future
No future for you

mercoledì 1 giugno 2022

Nostalgia

"Nostalgia" di Mario Martone. Con Pierfrancesco Favino, Francesco Di Leva, Tommaso Ragno, Aurora Quattrocchi, Sofia Essaïdi, Salvatore Strano, Nello Mascia, Virginia Apicella e altri. Italia, Francia 2022 ★★★1/2

Presentato al Festival di Cannes appena conclusosi senza ottenere, com'era prevedibile in una kermesse francese, alcun riconoscimento, Nostalgia è l'adattamento, curato da Mario Martone e dalle moglie Ippolita di Majo, che ne firmano la sceneggiatura, dell'omonimo romanzo di Ermanno Rea: il regista napoletano ha una lunga consuetudine con la trasposizione sullo schermo di lavori letterari, inoltre conosce la sua complessa, contraddittoria e splendida città come pochi, per cui il risultato è certamente un bel film, che merita di essere visto. Nostalgia, parola composta che deriva dal greco: nóstos (ritorno) e algìa (dolore), è quella che afferra Felice Lasco quando ritorna nella sua città (dal greco Nea Pólis, città nuova) dopo 40 anni trascorsi all'estero, tra Libano ed Egitto, dove è diventato un imprenditore di successo e ha lasciato l'amata moglie, per rivedere sua madre, un tempo la sarta più abile del Rione Sanità (o Stella, quello in cui è nato Totò, Napoli nella sua essenza più profonda), che ha venduto l'appartamento di famiglia per andare vivere in un "basso", dato che è quasi cieca e non riesce a deambulare bene: l'accudisce con grande amore e la sistema in un ambiente più gradevole, fino a che la donna muore. Man mano che passano i giorni si ritrova sempre di più nella città in cui è nato, riappropriandosi al contempo anche del dialetto (Favino, il consueto camaleonte, autore di una prestazione particolarmente intensa, è capace come pochi di esprimersi in idiomi diversi, e qui è bravissimo a modulare questo graduale ritorno alla lingua materna) e i ricordi riemergono, insieme al motivo per cui a 15 anni uno zio lo ha costretto ad allontanarsi dal rione e riparare a Beirut per iniziare una nuova vita: un incidente sul “lavoro”, ossia un furto in un appartamento in coppia col fraterno amico di scorribande Oreste, durante il quale è rimasto ucciso un uomo. Felice ne era rimasto sconvolto ma si è sempre rifiutato di tradire l’amico, che nel frattempo è diventato un piccolo boss che controlla il Rione Sanità, O Malommo (Tommaso Ragno, bravissimo) come lo chiamano nel quartiere, che vive in solitudine, come un randagio, in preda ai suoi fantasmi e alle sue paranoie; e Felice racconta in confessione il suo trascorso e l’antica amicizia proprio a Don Luigi (Francesco Di Leva), un coraggioso prete anti-camorra, alla cui influenza cui fa di tutto per sottrarre i ragazzi del rione coinvolgendoli in una miriade di iniziative per riqualificare la Sanità e offrire loro un’alternativa (cosa che peraltro corrisponde alla realtà). Oreste sa del ritorno dell’amico di gioventù e lo fa tenere d’occhio, e quando Felice affitta un appartamento e decide di prolungare il suo soggiorno, anche per poterlo incontrare, fa di tutto per scoraggiarlo, facendogli giungere minacce e avvertimenti di sloggiare. Alla fine Felice riesce a fargli visita e l’intensa scena del colloquio tra i due, peraltro l’unica in cui Favino e Ragno recitano insieme, vale da sola il biglietto, e illustra in modo esemplare l’intreccio di motivazioni che muove entrambi: Felice cade vittima di un malinteso e delle sue stesse illusioni, e quando deciderà di comprare un appartamento e di farsi raggiungere dalla moglie egiziana si rivelerà una cattiva idea. Notevoli sia la fotografia, sia la colonna sonora, l’unica pecca, e non da poco per la credibilità della storia raccontata nel film, è l’arco temporale troppo ristretto in cui si è compressa la storia. Si obietterà che di opera letteraria si tratta, però quando la si porta sullo schermo ci si attende una certa verosimiglianza.