lunedì 6 giugno 2022

Alcarràs - L'ultimo raccolto

"Alcarràs - L'ultimo raccolto" (Alcarràs) di Carla Simón. Con Jordi Puyol Dolcet, Anna Otin, Xènia Rosset, Albert Bosch, Ainet Jounou, Josep Abad, Nosé Oró, Carles Cabó, Berta Pipó, Isaac Rovira e altri. Spagna, Italia 2022 ★★★★+

Ad Alcarràs, paesino rurale catalano poco lontano da Lleida/Lérida, i Solé già da generazioni vivono in una casa e conducono un terreno coltivato a peschi concesso in usufrutto dai ricchi latifondisti Punyol in segno di gratitudine perché il loro avo, il padre dell'anziano capofamiglia, ha nascosto i loro parenti dai repubblicani durante la Guerra Civile, salvandogli la pelle. Peccato che non esista alcuna carta firmata perché possano far valere il loro diritto (ai tempi bastava una stretta di mano per concludere un contratto e la parola aveva un valore), così l'erede Punyol ha gioco facile a sfrattarli, perché vuole "riconvertire" quel terreno o meglio, "riqualificarlo", eradicando gli alberi da frutto per sostituirli con ecologici pannelli solari: un tocco di verde per la transizione energetica e un altro passo avanti per la distruzione di un'agricoltura sostenibile. Anzi, più sottilmente, e ipocritamente, il giovane greenwasher propone loro di convertirli da lavoratori della terra a tecnologici e moderni manutentori dell'impianto: ci guadagnerebbero di più. Sicuramente più di quanto incassa chi lavora la terra e ne raccoglie i frutti (a suo rischio) che, grazie alle politiche e alle logiche della grande distribuzione, che peraltro se ne fotte della qualità, vengono vendute a un prezzo maggiorato di oltre dieci volte al consumatore. I Solé non vogliono cedere, o almeno non prima di avere concluso l'ultimo raccolto, e Carla Simón, che pur nata a Barcellona è cresciuta in una realtà simile, segue questa fase finale entrando di fatto nella casa dei due nuclei famigliari coinvolti, scandagliandone la vita quotidiana, le tensioni, le cose non dette, i disaccordi, le frustrazioni, la paura, soprattutto da parte del figlio maggiore, Quimet, e del suo primogenito Roger, di perdere la propria identità di contadini, fatta di conoscenze secolari, tramandate per generazioni: non hanno nessuna intenzione di diventare operai, meno che mai schiavi di macchine o impianti tecnologici. Eppure il tarlo lavora anche all'interno della famiglia, le contraddizioni scoppiano inevitabilmente, ma l'orgoglio dei Solé è grande e la testa dura, anche se la resistenza davanti  al "progresso inarrestabile" e, soprattutto, alla logica del profitto è destinata a essere sconfitta. In Spagna questa "conversione" dei terreni a parchi fotovoltaici ha assunto una dimensione allarmante, e presto prenderà piede anche da noi: questo film lancia un allarme che va diffuso, e solo per questo merita di essere visto e che se ne parli. In più, è anche ben fatto e girato. Oltre a rivelarsi indovinata la scelta di affidare i personaggi ad attori non professionisti, peraltro tutti molto bravi ed efficaci, autentici, la regista è a capo di una squadra quasi interamente femminile: non per questo il film è "femministo" e "militonto". Tutt'altro. E' onesto, appassionato, realista: autentico e credibile. Chi ha avvicinato il lavoro di Carla Simón a quello di Alice Rohrwacher a mio avviso non coglie nel segno: troppo astratta, fumosa, estetizzante e tendente al fiabesco l'autrice toscana, vedi il francamente penoso Lazzaro felice, mentre la franchezza e il terricolo umanesimo della regista catalana mi ha piuttosto ricordato un'altra regista italiana, Laura Bispuri, e il suo Figlia mia. Se Alcarràs, coproduzione italo-spagnola, ha vinto senza rivali (e men che mai il mortificante Leonora addio di Paolo Taviani) l'Orso d'Oro in uno dei pochi festival rimasti credibili, la Berlinale di quest'anno, il motivo c'è e si vede, e vi consiglio di verificarlo andando a vaderlo. 

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