mercoledì 1 giugno 2022

Nostalgia

"Nostalgia" di Mario Martone. Con Pierfrancesco Favino, Francesco Di Leva, Tommaso Ragno, Aurora Quattrocchi, Sofia Essaïdi, Salvatore Strano, Nello Mascia, Virginia Apicella e altri. Italia, Francia 2022 ★★★1/2

Presentato al Festival di Cannes appena conclusosi senza ottenere, com'era prevedibile in una kermesse francese, alcun riconoscimento, Nostalgia è l'adattamento, curato da Mario Martone e dalle moglie Ippolita di Majo, che ne firmano la sceneggiatura, dell'omonimo romanzo di Ermanno Rea: il regista napoletano ha una lunga consuetudine con la trasposizione sullo schermo di lavori letterari, inoltre conosce la sua complessa, contraddittoria e splendida città come pochi, per cui il risultato è certamente un bel film, che merita di essere visto. Nostalgia, parola composta che deriva dal greco: nóstos (ritorno) e algìa (dolore), è quella che afferra Felice Lasco quando ritorna nella sua città (dal greco Nea Pólis, città nuova) dopo 40 anni trascorsi all'estero, tra Libano ed Egitto, dove è diventato un imprenditore di successo e ha lasciato l'amata moglie, per rivedere sua madre, un tempo la sarta più abile del Rione Sanità (o Stella, quello in cui è nato Totò, Napoli nella sua essenza più profonda), che ha venduto l'appartamento di famiglia per andare vivere in un "basso", dato che è quasi cieca e non riesce a deambulare bene: l'accudisce con grande amore e la sistema in un ambiente più gradevole, fino a che la donna muore. Man mano che passano i giorni si ritrova sempre di più nella città in cui è nato, riappropriandosi al contempo anche del dialetto (Favino, il consueto camaleonte, autore di una prestazione particolarmente intensa, è capace come pochi di esprimersi in idiomi diversi, e qui è bravissimo a modulare questo graduale ritorno alla lingua materna) e i ricordi riemergono, insieme al motivo per cui a 15 anni uno zio lo ha costretto ad allontanarsi dal rione e riparare a Beirut per iniziare una nuova vita: un incidente sul “lavoro”, ossia un furto in un appartamento in coppia col fraterno amico di scorribande Oreste, durante il quale è rimasto ucciso un uomo. Felice ne era rimasto sconvolto ma si è sempre rifiutato di tradire l’amico, che nel frattempo è diventato un piccolo boss che controlla il Rione Sanità, O Malommo (Tommaso Ragno, bravissimo) come lo chiamano nel quartiere, che vive in solitudine, come un randagio, in preda ai suoi fantasmi e alle sue paranoie; e Felice racconta in confessione il suo trascorso e l’antica amicizia proprio a Don Luigi (Francesco Di Leva), un coraggioso prete anti-camorra, alla cui influenza cui fa di tutto per sottrarre i ragazzi del rione coinvolgendoli in una miriade di iniziative per riqualificare la Sanità e offrire loro un’alternativa (cosa che peraltro corrisponde alla realtà). Oreste sa del ritorno dell’amico di gioventù e lo fa tenere d’occhio, e quando Felice affitta un appartamento e decide di prolungare il suo soggiorno, anche per poterlo incontrare, fa di tutto per scoraggiarlo, facendogli giungere minacce e avvertimenti di sloggiare. Alla fine Felice riesce a fargli visita e l’intensa scena del colloquio tra i due, peraltro l’unica in cui Favino e Ragno recitano insieme, vale da sola il biglietto, e illustra in modo esemplare l’intreccio di motivazioni che muove entrambi: Felice cade vittima di un malinteso e delle sue stesse illusioni, e quando deciderà di comprare un appartamento e di farsi raggiungere dalla moglie egiziana si rivelerà una cattiva idea. Notevoli sia la fotografia, sia la colonna sonora, l’unica pecca, e non da poco per la credibilità della storia raccontata nel film, è l’arco temporale troppo ristretto in cui si è compressa la storia. Si obietterà che di opera letteraria si tratta, però quando la si porta sullo schermo ci si attende una certa verosimiglianza.

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