domenica 20 luglio 2025

Il Maestro e Margherita

"Il Maestro e Margherita" (Master i Margareta) di Michael Locksin. Con Evgheniy Tsyiganov, Yuliya Snigir, August Diehl, Claes Bang, Yuri Kolokolnikov, Polina Aug, Leonid Yarmolnik (II), Aleksandr Yatsenko, Aleksey Rozin, Aaron Vodovoz, Aleksei Guzov e altri. Russia 2024 ★★★★+

Il capolavoro di Michail Bulgakov è tra i miei tre libri preferiti in assoluto, letto e riletto, e ogni volta ne scopro un aspetto diverso e sorprendente. Romanzo al cui flusso ci si deve abbandonare, lo si può "filtrare" a diversi livelli: filosofico, melodrammatico, religioso, politico, ma quasi sempre, quando fa comodo, lo si intende come una denuncia contro la censura. Quella staliniana, visto che fu scritto e ambientato nell'URSS degli anni Trenta, quelli della edificazione dello Stato rivoluzionario (e della sua cristallizzazione in regime) nonché della cappa repressiva instaurata dal dittatore georgiano. Che, per quanto spietato, ammirava Bulgakov e, se non gli consentì di pubblicare il romanzo, certamente non infierì su di lui come su altri elementi che ci lasciarono le penne. Per quanto consapevole che un libro così complesso e stratificato sia impossibile da rendere in maniera in qualche modo fedele (ho vaghi ricordi di una versione italo-iugoslava del 1972 con Ugo Tognazzi e Mimsy Farmer, piuttosto piatto deludente), sono andato a vederlo nella versione di Michael Locksin, regista e autore statunitense di nascita ma di famiglia russa e pure cittadino russo (vive a Mosca), così come russo è il resto del cast, salvo il tedesco Diehl nel ruolo di Woland (il diavolo), dalla impressionante somiglianza con Christopher Walken con la metà dei suoi anni e altrettanto bravo. A maggior ragione perché la produzione è russa, e che sia in circolazione in Italia è un miracolo visto il clima di censura (a proposito...) nei confronti di qualsiasi espressione culturale e non provenga da quel diffamato Paese a partire dal 2022, ossia dall'inizio del conflitto con l'Ucraina. Tra l'altro in patria il film ha ottenuto un grande successo di pubblico, molto meno da parte della critica più allineata alle posizioni governative. E questa volta il risultato mi ha convinto, perché a mio parere il regista è stato in grado di trasporre in maniera efficace una sintesi delle diverse sfaccettature del romanzo, o almeno di come lo ha percepito lui, rinunciando ovviamente alla pretesa di farne un racconto cronologicamente lineare (cosa che non è nemmeno nel libro), intrecciando anche visivamente l'elemento fiction (ma realistico), ossia le vicende dell'autore (il Maestro, il bravissimo Evgheniy Tsyiganov) di una pièce teatrale incentrata sull'incontro fra Ponzio Pilato e Gesù Cristo, censurata e lui espulso dalla Società degli Scrittori Sovietici, la sua palpitante e delicata storia d'amore con Margherita, la dolce e intensa Yuliya Snigir, ispiratrice di un altro romanzo che diventa il filo conduttore del film, con quello fantastico, ossia l'incontro con Woland, i suoi due bizzarri aiutanti e il gatto Behemot, che completa la corte al servizio del diavolo in visita nella Mosca dei miscredenti. Internato in una  clinica psichiatrica dopo essere stato denunciato da un collega e amico (che ne occuperà anche la pittoresca abitazione sull'Arbat prima che venisse sventrata), il Maestro continuerà a scrivere il suo nuovo romanzo con la complicità di un'infermiera e le vicende della sua gestazione le apprenderemo dalle sue conversazioni con altri internati, in buona parte intellettuali, tra un "trattamento" ad alto voltaggio e un altro. Ma ci penserà Woland a riunire il Maestro e Margherita per l'eternità prima consentendo a lei, trasformata in una strega invisibile, che cavalca una scopa nei cieli notturni di Mosca, di vendicarsi dei persecutori del suo amato (più ancora della censura, nel mirino di Bulgakov, come credo anche oggetto delle attenzioni del regista, ci sono i leccaculo e i servi di regime), poi mandando per aria lui stesso la capitale del nuovo impero radendo al suolo le orride costruzioni che lo vogliono celebrare (magari fosse vero!). Al di là dell'esito della trasposizione del romanzo sullo schermo, secondo me pienamente riuscita nell'unico modo possibile, ossia filtrando quanto assorbito dall'autore e regista e tradotto in racconto cinemetografico, le due ore e mezzo abbondanti della pellicola scorrono via velocemente, senza intoppi, tra il verosimile e il fantastico, con una fotografia che sottolinea il lato immaginario, metaforico e a tratti beffardo del tutto. Bravi e bene assemblati tutti gli interpreti, complimenti a Locksin, un film che vale la pena vedere.

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