"Veloce come il vento" (Italian Race) di Matteo Rovere. Con Stefano Accorsi, Matilde De Angelis, Paolo Graziosi, Giulio Pugnaghi, Roberta Mattei e altri. Italia 2016 ★★★★½
Alleluja: ...e tre! Dopo Lo chiamavano Jeeg Robot, e Un bacio, terzo centro del "giovane" cinema italiano, che si dimostra capace di rinnovarsi e dire qualcosa di diverso quando si dà fiducia a chi propone idee originali e delle storie che siano tali, tratte o no da vicende reali ma che raccontino di persone in carne e ossa, con le loro passioni e sofferenze, lacrime, sudore e sangue, insomma, uscendo finalmente dagli ambienti asettici e "terrazzati" (che siano romaneschi, torinesi o milanesi non importa) con relative masturbazioni sociologiche di una classe pseudointellettuale che ha fallito il proprio compito (o vi ha rinunciato) e dalle sue autocommiserazioni; dal buonismo e dalla "correttezza politica" eretti a sistema nonché gabbia mentale; o dagli schemi della commediola italiana che ammicca a quella "classica" e che per lo più consiste in spot per le aziende turistiche delle rispettive location, con buona pace di Checco Zalone (con tutto il rispetto). Non è il caso del film in questione, ambientato tra un casolare-officina perso nella campagna emiliana e i circuiti automobilistici, né degli altri due citati, a cui aggiungerei, per quanto riguarda le pellicole uscite in questo primo scorcio di anno, Perfetti sconosciuti e Fuocoammare. Aria fresca, dunque, che nel caso di quest'altro film di genere (sportivo? racing? Viene in mente Rush, ma lì si trattava della ricostruzione della rivalità tra due piloti famosi, qui di una storia liberamente ispirata alla vita di un ex pilota di rally ma in cui c'è molto altro) ha rispolverato e dato nuova vita a un attore che non si era mai espresso in maniera così convincente, Stefano Accorsi, che interpreta un personaggio che è all'opposto di quelli per cui è stato proposto finora, e promosso sul campo un'esordiente come Matilde De Angelis, nel ruolo di Giulia De Martino, la diciassettenne promessa delle gare GT cui improvvisamente viene a mancare, per un infarto in pista, il padre che la incoraggia e segue nelle gare e che su di lei ha investito tutti i suoi risparmi, compresa la casa in cui abitano. Così Giulia rimane sola, a parte il vecchio meccanico amico del padre interpretato da Paolo Graziosi, col fratello piccolo, la madre scappata in Canada, e a reclamare la sua parte di eredità il fratello Loris, ex pilota tossico sparito dalla circolazione dieci anni prima, costretta da un lato a riaccoglierlo in casa assieme alla compagna, più tossica ancora di lui, perché, essendo maggiorenne, può esercitare la tutela legale sul fratello minore, e dall'altro a vincere il campionato perché altrimenti abitazione e officina finiscono al creditore. A meno che non partecipi a una gara di Italian Race, una corsa clandestina, e la vinca. La ragazza rifiuta, e si fa allenare dal fratello Loris, che le dà sì ottimi consigli portandola da una vittoria all'altra alla soglia di quella finale, ma è dotato di una capacità più unica che rara di mandare a puttane qualsiasi situazione anche quando è munito delle migliori intenzioni, per cui Giulia si rompe una gamba a poche ore dalla gara che dovrebbe incoronarla campionessa. Viene sfrattata e il fratello minore affidato a una famiglia ma... Loris a insaputa di tutti ha partecipato a quella gara di Italian Race a cui lei aveva detto no e si riscatta a modo suo... Tutto del film funziona: la sceneggiatura, i personaggi che sembrano emanare vapori di carburante, olio, additivi, gomme ma anche adrenalina, disperazione, entusiasmo; l'accuratezza nel dipingere la psicologia del tossico, senza alcuna banalizzazione, facendone trasparire l'estrema debolezza ma anche, nel caso di Loris, l'ironia nella disperazione, e l'umanità che rimane sul fondo per quanto nascosta da pulsioni contraddittorie su cui alla fine ha la meglio la passione per il "motor", così comune in quella parte dell'Emilia-Romagna dove nelle vene sembra scorrere la benzina al posto del sangue. Bravissimi tutti e avanti così, ché con prodotti di questo genere il cinema italiano non teme rivali: questi nuovi autori sembrano aver imparato le cose migliori, per tecnica e sceneggiatura, che vengono da fuori facendole proprie per raccontare finalmente storie nostre, apparentemente piccole ma credibili, appassionanti e capaci di parlare a tutti e di farsi capire da chiunque.
Alleluja: ...e tre! Dopo Lo chiamavano Jeeg Robot, e Un bacio, terzo centro del "giovane" cinema italiano, che si dimostra capace di rinnovarsi e dire qualcosa di diverso quando si dà fiducia a chi propone idee originali e delle storie che siano tali, tratte o no da vicende reali ma che raccontino di persone in carne e ossa, con le loro passioni e sofferenze, lacrime, sudore e sangue, insomma, uscendo finalmente dagli ambienti asettici e "terrazzati" (che siano romaneschi, torinesi o milanesi non importa) con relative masturbazioni sociologiche di una classe pseudointellettuale che ha fallito il proprio compito (o vi ha rinunciato) e dalle sue autocommiserazioni; dal buonismo e dalla "correttezza politica" eretti a sistema nonché gabbia mentale; o dagli schemi della commediola italiana che ammicca a quella "classica" e che per lo più consiste in spot per le aziende turistiche delle rispettive location, con buona pace di Checco Zalone (con tutto il rispetto). Non è il caso del film in questione, ambientato tra un casolare-officina perso nella campagna emiliana e i circuiti automobilistici, né degli altri due citati, a cui aggiungerei, per quanto riguarda le pellicole uscite in questo primo scorcio di anno, Perfetti sconosciuti e Fuocoammare. Aria fresca, dunque, che nel caso di quest'altro film di genere (sportivo? racing? Viene in mente Rush, ma lì si trattava della ricostruzione della rivalità tra due piloti famosi, qui di una storia liberamente ispirata alla vita di un ex pilota di rally ma in cui c'è molto altro) ha rispolverato e dato nuova vita a un attore che non si era mai espresso in maniera così convincente, Stefano Accorsi, che interpreta un personaggio che è all'opposto di quelli per cui è stato proposto finora, e promosso sul campo un'esordiente come Matilde De Angelis, nel ruolo di Giulia De Martino, la diciassettenne promessa delle gare GT cui improvvisamente viene a mancare, per un infarto in pista, il padre che la incoraggia e segue nelle gare e che su di lei ha investito tutti i suoi risparmi, compresa la casa in cui abitano. Così Giulia rimane sola, a parte il vecchio meccanico amico del padre interpretato da Paolo Graziosi, col fratello piccolo, la madre scappata in Canada, e a reclamare la sua parte di eredità il fratello Loris, ex pilota tossico sparito dalla circolazione dieci anni prima, costretta da un lato a riaccoglierlo in casa assieme alla compagna, più tossica ancora di lui, perché, essendo maggiorenne, può esercitare la tutela legale sul fratello minore, e dall'altro a vincere il campionato perché altrimenti abitazione e officina finiscono al creditore. A meno che non partecipi a una gara di Italian Race, una corsa clandestina, e la vinca. La ragazza rifiuta, e si fa allenare dal fratello Loris, che le dà sì ottimi consigli portandola da una vittoria all'altra alla soglia di quella finale, ma è dotato di una capacità più unica che rara di mandare a puttane qualsiasi situazione anche quando è munito delle migliori intenzioni, per cui Giulia si rompe una gamba a poche ore dalla gara che dovrebbe incoronarla campionessa. Viene sfrattata e il fratello minore affidato a una famiglia ma... Loris a insaputa di tutti ha partecipato a quella gara di Italian Race a cui lei aveva detto no e si riscatta a modo suo... Tutto del film funziona: la sceneggiatura, i personaggi che sembrano emanare vapori di carburante, olio, additivi, gomme ma anche adrenalina, disperazione, entusiasmo; l'accuratezza nel dipingere la psicologia del tossico, senza alcuna banalizzazione, facendone trasparire l'estrema debolezza ma anche, nel caso di Loris, l'ironia nella disperazione, e l'umanità che rimane sul fondo per quanto nascosta da pulsioni contraddittorie su cui alla fine ha la meglio la passione per il "motor", così comune in quella parte dell'Emilia-Romagna dove nelle vene sembra scorrere la benzina al posto del sangue. Bravissimi tutti e avanti così, ché con prodotti di questo genere il cinema italiano non teme rivali: questi nuovi autori sembrano aver imparato le cose migliori, per tecnica e sceneggiatura, che vengono da fuori facendole proprie per raccontare finalmente storie nostre, apparentemente piccole ma credibili, appassionanti e capaci di parlare a tutti e di farsi capire da chiunque.
Nessun commento:
Posta un commento