"Un bacio" di Ivan Cotroneo. Con Valentina Romani, Rimau Grillo Ritzberger, Leonardo Pazzagli, Thomas Trabacchi, Susy Laude, Giorgio Marchesi, Simonetta Solder, Sergio Romano, Laura Mazzi, Eugenio Franceschini e altri. Italia 2016 ★★★★+
Era l'ora: pare proprio che il cinema italiano stia cominciando a dare segni di risveglio, raccontando la realtà di un Paese in cambiamento (in meglio o in peggio è un altro paio di maniche) e dei protagonisti, e vittime, di quest'ultimo invece che concentrarsi sull'ombelico e le menate di sceneggiatori, registi e, in parte, attori. Un esempio ne è questo film di Ivan Cotroneo, che affronta con coraggio e senza alcuna retorica il tema del bullismo e dell'emarginazione raccontando la storia della forte e tragica amicizia fra tre ragazzi sedicenni che frequentano la terza classe di un liceo udinese (in realtà l'IT Marinoni), nata come reazione alla loro ghettizzazione, per motivi diversi, da parte non solo dei compagni di scuola ma anche di alcuni professori particolarmente stronzi, che ognuno inevitabilmente incontra sul proprio cammino nella propria esperienza formativa, anche se personalmente non ricordo episodi di prevaricazione di questo genere e per gli stessi motivi nemmeno nei "caldissimi" anni Settanta, quando la violenza tra fazioni aveva almeno la scusante di avere motivazioni, per così dire, politiche; è un fenomeno che ha preso piede nell'ultimo decennio, e su questo varrebbe la pena di riflettere seriamente. L'ambiente provinciale da un lato, e i nuovi "social media" che hanno deformato la comunicazione interpersonale dall'altro, contribuiscono ad accentuale la "diversità" di Lorenzo, Blu e Antonio dai loro coetanei: il primo, un ragazzo orfano, adottato dopo una pessima esperienza in una casa famiglia da una coppia molto aperta è dichiaratamente omosessuale, e ciò basta per essere vissuto come una "provocazione" per cui il suo arrivo porta scompiglio nella scuola, dove fa amicizia con Blu, una ragazza considerata da tutti come "la troia", in conflitto con la madre ma anche col proprio passato sentimentale. Entrambi più intelligenti e talentuosi degli altri, non si limitano a incassare ma reagiscono, e finiscono per legare anche con Antonio, introverso, taciturno, che vive in un colloquio immaginario e doloroso col fratello scomparso in un incidente, da sempre il "preferito" dai genitori, e che viene visto come un minorato dai compagni e la cui unica abilità e sfogo è la pallacanestro, dove invece diventa insostituibile. I tre, "diversamente diversi", diventano inseparabili e si forma un triangolo che ricorda Juels e Jim, con Lorenzo che si innamora di Antonio che a sua volta si invaghisce di Blu, fino a un epilogo, che non svelo, per nulla consolatorio e che il regista suggerisce che sarebbe potuto essere diverso se solo si accettasse il prossimo per quello che è lasciandolo libero di esprimersi, senza limitarsi, quando va bene, a "tollerarlo" (soluzione tipica del "buonismo" più stupido). Oltre alla sceneggiatura, tratta da un racconto dello stesso Cotroneo, che regge e non perde colpi, a rendere più che valido il film sono una regìa senza sbavature; la bravura dei tre interpreti principali che rendono così credibili i personaggi non solo da affezionarcisi, ma da renderli destinati a rimanere impressi nella memoria, come anche quelli che impersonano le figure genitoriali, che non vengono banalizzate come troppo spesso accade nei film che hanno come tema l'adolescenza; l'ineccepibile fotografia di Luca Bigazzi (facilitata dalla bellezza di alcuni scorci del centro storico. Un appunto: la storica "Al cappello" è un'osteria, non una pizzeria!) e una colonna sonora di tutto rispetto, scelta con cura e adatta all'età dei tre ragazzi e alla loro vicenda. Complimenti a tutti.
Era l'ora: pare proprio che il cinema italiano stia cominciando a dare segni di risveglio, raccontando la realtà di un Paese in cambiamento (in meglio o in peggio è un altro paio di maniche) e dei protagonisti, e vittime, di quest'ultimo invece che concentrarsi sull'ombelico e le menate di sceneggiatori, registi e, in parte, attori. Un esempio ne è questo film di Ivan Cotroneo, che affronta con coraggio e senza alcuna retorica il tema del bullismo e dell'emarginazione raccontando la storia della forte e tragica amicizia fra tre ragazzi sedicenni che frequentano la terza classe di un liceo udinese (in realtà l'IT Marinoni), nata come reazione alla loro ghettizzazione, per motivi diversi, da parte non solo dei compagni di scuola ma anche di alcuni professori particolarmente stronzi, che ognuno inevitabilmente incontra sul proprio cammino nella propria esperienza formativa, anche se personalmente non ricordo episodi di prevaricazione di questo genere e per gli stessi motivi nemmeno nei "caldissimi" anni Settanta, quando la violenza tra fazioni aveva almeno la scusante di avere motivazioni, per così dire, politiche; è un fenomeno che ha preso piede nell'ultimo decennio, e su questo varrebbe la pena di riflettere seriamente. L'ambiente provinciale da un lato, e i nuovi "social media" che hanno deformato la comunicazione interpersonale dall'altro, contribuiscono ad accentuale la "diversità" di Lorenzo, Blu e Antonio dai loro coetanei: il primo, un ragazzo orfano, adottato dopo una pessima esperienza in una casa famiglia da una coppia molto aperta è dichiaratamente omosessuale, e ciò basta per essere vissuto come una "provocazione" per cui il suo arrivo porta scompiglio nella scuola, dove fa amicizia con Blu, una ragazza considerata da tutti come "la troia", in conflitto con la madre ma anche col proprio passato sentimentale. Entrambi più intelligenti e talentuosi degli altri, non si limitano a incassare ma reagiscono, e finiscono per legare anche con Antonio, introverso, taciturno, che vive in un colloquio immaginario e doloroso col fratello scomparso in un incidente, da sempre il "preferito" dai genitori, e che viene visto come un minorato dai compagni e la cui unica abilità e sfogo è la pallacanestro, dove invece diventa insostituibile. I tre, "diversamente diversi", diventano inseparabili e si forma un triangolo che ricorda Juels e Jim, con Lorenzo che si innamora di Antonio che a sua volta si invaghisce di Blu, fino a un epilogo, che non svelo, per nulla consolatorio e che il regista suggerisce che sarebbe potuto essere diverso se solo si accettasse il prossimo per quello che è lasciandolo libero di esprimersi, senza limitarsi, quando va bene, a "tollerarlo" (soluzione tipica del "buonismo" più stupido). Oltre alla sceneggiatura, tratta da un racconto dello stesso Cotroneo, che regge e non perde colpi, a rendere più che valido il film sono una regìa senza sbavature; la bravura dei tre interpreti principali che rendono così credibili i personaggi non solo da affezionarcisi, ma da renderli destinati a rimanere impressi nella memoria, come anche quelli che impersonano le figure genitoriali, che non vengono banalizzate come troppo spesso accade nei film che hanno come tema l'adolescenza; l'ineccepibile fotografia di Luca Bigazzi (facilitata dalla bellezza di alcuni scorci del centro storico. Un appunto: la storica "Al cappello" è un'osteria, non una pizzeria!) e una colonna sonora di tutto rispetto, scelta con cura e adatta all'età dei tre ragazzi e alla loro vicenda. Complimenti a tutti.
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