domenica 11 giugno 2023

Rapito

"Rapito" di Marco Bellocchio. Con Enea Sala, Leonardo Maltese, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Paolo Pierobon, Filippo Timi, Fabrizio Gifuni, Paolo Calabresi, Samuele Teneggi, Giustiniano Alpi, Corrado Invernizzi, Fabrizio Contri e altri. Italia, Francia, Germania 2023 ★★★★★

Il Grande Vecchio del cinema italiano ha colpito ancora, centrando l'ennesimo film, e lo fa riesumando una storia raccontata nel libro Il caso Mortara. La vera storia del bambino ebreo rapito dal papa, di Daniele Scalise a cui si è ispirato: un fatto avvenuto a Bologna nel 1858, dove  Edgardo Mortara, un bambino ebreo di nemmeno sette anni, fu sequestrato su ordine del capo dell'ufficio della Santa Inquisizione del capoluogo emiliano, all'epoca ancora parte dello Stato Pontificio, perché una domestica, cattolica, della famiglia Mortara lo aveva battezzato in segreto all'età di sei mesi con la motivazione, asserì in seguito la donna, che così in caso di morte non finisse nel limbo. E siccome per il diritto canonico un cristiano non può essere allevato da chi non lo è, una volta strappato alla famiglia d'origine venne letteralmente deportato a Roma su ordine del papa e relegato nella Casa dei Catecumeni, collegio dove venivano educati, o meglio manipolati, gli ebrei "convertiti", più o meno volontariamente. Un caso che all'epoca fece scalpore, anche a livello internazionale, suscitando la riprovazione della stampa e dei governi liberali e perfino di Napoleone III e che si inserisce pienamente nelle vicende che hanno portato all'unità nazionale e, poi, alla fine del potere temporale della chiesa con la Presa di Porta Pia il 20 settembre del 1870. Una vicenda emblematica che si svolge in un ben preciso contesto storico, decisivo nella formazione del nuovo Stato e dei suoi primi anni di vita, come ha sottolineato lo stesso Marco Bellocchio, che assieme a Fausto Russo Alesi, il quale nel film interpreta il tenace Momolo Mortara, padre di Edgardo, che per tutta la vita ha cercato in ogni modo di ottenere la restituzione del figlio e, quindi, giustizia, ha parlato con il pubblico dopo la proiezione di venerdì sera al Cinema Visionario di Udine: un grandissimo piacere vederlo in splendida forma, disponibile, ironico, preciso. Come in ogni film della sua lunga carriera sono presenti tutti i temi a lui cari e sempre attuali, dalla famiglia, alla religione, all'identità (negata), al potere, al ruolo della donna e la cosa sempre sorprendente è la precisione chirurgica con cui riesce a farli emergere in una varietà di contesti diversi: basta scorrere la sua filmografia. Qui abbiamo una personalità scissa, cresciuta a forza in un ambiente diverso da quello di nascita e a cui ha dovuto adeguarsi per sopravvivere, tanto che Edgardo si fece prete a sua volta fino al punto di cercare di convertire (invano) la madre (una donna determinata splendidamente resa da Barbara Ronchi) in punto di morte, anche se nella sua esistenza si presenta in alcune occasioni il dubbio almeno nella forma di una discrasia di comportamenti; del padre abbiamo detto, mentre l'altra figura centrale, storica, è Pio IX, all'inizio del suo pontificato visto quasi come simbolo di modernità, beatificato nel 2000 da quel Papa Wojtyla a sua volta beatificato nel 2014, cui ha dato il volto e uno sguardo inquietante che ne esprime tutta la perfidia e i tormenti più profondi un Paolo Pierobon strepitoso: sotto il regno di quest'ultimo Papa Re la gigliottina funzionava a manetta (del resto lo Stato del Vaticano ha abolito la pena di morte nella sua Legge Fondamentale solo nel 2001, benché non venisse più applicata dal 1929) mentre Fabrizio Gifuni è l'inflessibile inquisitore Pier Gaetano Feletti, un frate domenicano. L'ambientazione d'epoca è superba, la tensione alta come in un noir, non mancano alcuni passaggi altamente simbolici sotto forma di metafore agevolmente comprensibili senza bisogno di voli pindarici ma mai banali né fini a sé stesse, una pellicola complessa ma allo tesso tempo semplice e lineare e, come sempre, coraggiosa: come dice il regista, non è questione di criticare o condannare la chiesa o mettersi in conflitto con chi crede ma di capire, in primo luogo, le conseguenze nelle menti e quindi sulla vita delle persone, dei dogmatismi e, aggiungo, del pensiero a senso unico che giustifica sé stesso: un atto di fede, per l'appunto. Ancora una volta un grazie di cuore a Bellocchio.

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