"I testimoni di Putin" (Sviditeli Putina) di e con Vitalij Manskij. Lettonia, Svizzera, Repubblica Ceca 2018 ★★★+
A quasi vent'anni di distanza, il celebre documentarista Vitalij Manskij, che ha presentato di persona assieme alla moglie il documentario (in concorso) domenica scorsa in sala, ha ripreso in mano il cospicuo materiale che aveva girato nel corso del primo anno di mandato di Vladimir Putin da presidente per rivederlo e verificare se già allora fossero visibili i segnali di quella che attualmente i più definiscono una democratura, se non una vera e propria tirannia: dai filmati si evince che la moglie Natalia già ai tempi era certa che da Putin non ci si potesse aspettare nulla di buono, mentre il regista non nasconde di essere rimasto affascinato dal personaggio, dotato indubbiamente di una rara capacità comunicativa e di convincimento, oltre che di una voce suadente e di una insospettata affabilità, e come lui tutti coloro che lo sostennero durante la sua prima "non campagna" elettorale, quasi tutti spariti dalla scena politica o passati all'opposizione tranne uno: Dmitrij Medvedev, che gli diede il cambio alla presidenza tra il 2012 e il 2016 per consentire a Putin di interrompere il filotto di mandati e ricandidarsi vittoriosamente alla presidenza per il terzo, tuttora in atto. Tutto comincia il 31 dicembre del 1999, quando Boris Eltsin stanco e ammalato, annunciò le proprie dimissioni e designò, di fatto, il suo successore: il semisconosciuto ex colonnello del KGB Vladimir Putin, allora primo ministro, che assunse la presidenza ad interim, il quale non ebbe, come tale, bisogno di fare alcuna campagna elettorale (almeno apparentemente) essendo già al centro dell'attenzione dei media, tantopiù per la sua ferma posizione antiseparatista nei confronti del conflitto in Daghestan e del terrorismo ceceno, che si scatenava in attentati perfino nella capitale. Risultato: alle elezioni presidenziali del 26 marzo del 2000 sbaragliò tutti gli avversari e fu eletto al primo turno con oltre il 53% dei suffragi. Manskji ha messo insieme un collage di filmati riguardanti soprattutto Boris Eltsin e il suo entourage famigliare, in cui la figlia Tatiana faceva la parte del leone, che in cambio del suo appoggio a Putin fu compensato da una serie di "garanzie" e immunità riguardo ai maneggi del suo clan; il "dietro le quinte" della "non campagna" presidenziale (che invece fu orchestrata a puntino da esperti della comunicazione, compreso lo stesso Manskij); stralci di interviste e "fuori onda" con lo stesso Putin; estratti di telegiornali dell'epoca; e non può mancare ovviamente Michail Gorbacev, che ai tempi lasciava trapelare più di una perplessità sul personaggio e la sua visione della politica e del potere. In sostanza si tratta di una sorta di autocritica a posteriori, che stupisce ancor meno considerando anche che Manskij di nascita è un ucraino di origine ebraica, e comunque assai coraggioso a rimanere in Russia, dove però difficilmente il suo Sviditeli Putina verrà distribuito nelle sale. O forse sì, e allora verrebbe smentito: Vladimir Putin sarebbe capace di stupire, se ne intravvede l'utilità. Staremo a vedere: in ogni caso un collage decisamente interessante, per quanto ovviamente di parte (come testimoniano i Paesi produttori) e un documento storico. (TSFF, in concorso, sezione documentari)
A quasi vent'anni di distanza, il celebre documentarista Vitalij Manskij, che ha presentato di persona assieme alla moglie il documentario (in concorso) domenica scorsa in sala, ha ripreso in mano il cospicuo materiale che aveva girato nel corso del primo anno di mandato di Vladimir Putin da presidente per rivederlo e verificare se già allora fossero visibili i segnali di quella che attualmente i più definiscono una democratura, se non una vera e propria tirannia: dai filmati si evince che la moglie Natalia già ai tempi era certa che da Putin non ci si potesse aspettare nulla di buono, mentre il regista non nasconde di essere rimasto affascinato dal personaggio, dotato indubbiamente di una rara capacità comunicativa e di convincimento, oltre che di una voce suadente e di una insospettata affabilità, e come lui tutti coloro che lo sostennero durante la sua prima "non campagna" elettorale, quasi tutti spariti dalla scena politica o passati all'opposizione tranne uno: Dmitrij Medvedev, che gli diede il cambio alla presidenza tra il 2012 e il 2016 per consentire a Putin di interrompere il filotto di mandati e ricandidarsi vittoriosamente alla presidenza per il terzo, tuttora in atto. Tutto comincia il 31 dicembre del 1999, quando Boris Eltsin stanco e ammalato, annunciò le proprie dimissioni e designò, di fatto, il suo successore: il semisconosciuto ex colonnello del KGB Vladimir Putin, allora primo ministro, che assunse la presidenza ad interim, il quale non ebbe, come tale, bisogno di fare alcuna campagna elettorale (almeno apparentemente) essendo già al centro dell'attenzione dei media, tantopiù per la sua ferma posizione antiseparatista nei confronti del conflitto in Daghestan e del terrorismo ceceno, che si scatenava in attentati perfino nella capitale. Risultato: alle elezioni presidenziali del 26 marzo del 2000 sbaragliò tutti gli avversari e fu eletto al primo turno con oltre il 53% dei suffragi. Manskji ha messo insieme un collage di filmati riguardanti soprattutto Boris Eltsin e il suo entourage famigliare, in cui la figlia Tatiana faceva la parte del leone, che in cambio del suo appoggio a Putin fu compensato da una serie di "garanzie" e immunità riguardo ai maneggi del suo clan; il "dietro le quinte" della "non campagna" presidenziale (che invece fu orchestrata a puntino da esperti della comunicazione, compreso lo stesso Manskij); stralci di interviste e "fuori onda" con lo stesso Putin; estratti di telegiornali dell'epoca; e non può mancare ovviamente Michail Gorbacev, che ai tempi lasciava trapelare più di una perplessità sul personaggio e la sua visione della politica e del potere. In sostanza si tratta di una sorta di autocritica a posteriori, che stupisce ancor meno considerando anche che Manskij di nascita è un ucraino di origine ebraica, e comunque assai coraggioso a rimanere in Russia, dove però difficilmente il suo Sviditeli Putina verrà distribuito nelle sale. O forse sì, e allora verrebbe smentito: Vladimir Putin sarebbe capace di stupire, se ne intravvede l'utilità. Staremo a vedere: in ogni caso un collage decisamente interessante, per quanto ovviamente di parte (come testimoniano i Paesi produttori) e un documento storico. (TSFF, in concorso, sezione documentari)
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