venerdì 25 gennaio 2019

Un giorno

"Un giorno" (Egy nap) di Zsófia Szilágy. Con Zsófia Szamosi, Leó Füredi, Ambrus Barcza, Zorka Varga-Blaskó, Márk Gárdos, Annamária Lang, Éva Vandor, Károly Hajduk e altri. Ungheria 2018 ★★★+
Esordio alla regia per la sceneggiatrice magiara Zsófia Szilágy, la quale ha presentato di persona il suo film, che racconta le affannose ventiquattro ore di una qualsiasi giornata nell'esistenza di una quarantenne madre di tre figli piccoli, unico in età scolare, alle elementari, il maggiore, che deve destreggiarsi tra un impegno e l'altro (come se non bastasse occuparsi della progenie è pure insegnante di italiano in una scuola di lingue, ovviamente precaria, ché tutto il mondo è paese, anche nell'Ungheria di Orbán), ha un matrimonio in crisi con un coetaneo anche lui alle prese con un'attività stressante che lo tiene occupato pure a domicilio, per quanto sia collaborativo, e che per fortuna può contare sull'aiuto, anche finanziario, della suocera, con cui riesce nonostante tutto ad avere un buon rapporto. Cosa che non riesce, alla fine, ad avere più nemmeno con sé stessa, tanto da essere costretta a trascorrere fuori casa una nottata, vagando per Budapest in auto con la scusa di cercare un antinfiammatorio in farmacia e finendo per dormire in macchina: soltanto questa pausa dalle pressioni a cui viene, volente o nolente sottoposta quotidianamente, le consente di recuperare un minimo di equilibrio e trovare la forza per affrontare il giorno successivo, dove la sarabanda comincerà daccapo con poche variazioni sul tema. Il budget ridotto ha costretto la regista ad assemblare un cast che non solo assomigliasse il più possibile a una famiglia vera per ridurre al minimo i tempi morti e concentrare le riprese, ma che come questa interagisse, avendo le medesime necessità di risparmio e di gestione, per l'appunto dei tempi, cosicché il risultato è stato tanto più credibile: allo spettatore, particolarmente se maschio, sopraggiunge alla fine un certo senso di angoscia e chi come me non vive dinamiche simili e non ha figli, ringrazia il cielo, o chi per esso, di non averne e di non essere nato donna. Non che sia un film radicalmente femminista, anche se sono principalmente le donne protagoniste della pellicola, o di propaganda in tal senso, è anzi estremamente equilibrato ed evita di dare giudizi, rappresentando una situazione che è simile a ogni latitudine, ma soprattutto nel mondo cosiddetto sviluppato e globalizzato, dove gestire assieme il tempo e le molteplici attività a cui si è costretti o indotti e far fronte alle continue sollecitazioni cui si è sottoposti da ogni lato è una delle imprese più ardue, in cui possono riuscire, alla fine, soltanto le donne per la loro capacità di essere, come si suol dire, multitasking. Buona la prima, comunque, per Zsófia Szilágy. (TSFF, in concorso, sezione lungometraggi)

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