"Volevo nascondermi" di Giorgio Diritti. Con Elio Germano, Leonardo Carrozzo, Oliver Ewy, Pietro Traldi, Orietta Notari, Andrea Mozzali, Paula Lavini, Gianni Fantoni e altri. Italia 2020 ★★★★
Gran bel film, austero come nello stile di Giorgio Diritti, che racconta in maniera efficace e lineare la vita e l'opera del pittore e scultore Antonio Ligabue, una sorta di eremita diventato famoso quasi per caso, un personaggio strano quanto possono esserlo quelli che si incontrano tuttora, a cercarli, lungo le sponde del Po, dalla esistenza tormentata e infelice, sublimata da un talento artistico originalissimo, attraverso il quale questo uomo disgraziato e derelitto è riuscito a comunicare col prossimo (oltre che con gli animali, con cui ci riusciva senza alcun problema e che sempre sarebbero rimasti protagonisti assoluti delle sue fantasie e delle sue opere) e, alla fine, farsi accettare. Nato a Zurigo da un'emigrante italiana e legittimato successivamente da un connazionale dal cognome Laccabue originario di Gualtieri, vi si trasferisce dopo essere stato espulso dalla Svizzera a 20 anni, nel 1919, in seguito alla denuncia della madre adottiva di essere stata aggredita. Affidato a una famiglia di lingua tedesca, non visse mai in quella d'origine; oltre a essere un disadattato, cresciuto in condizioni difficili e con un'istruzione spezzettata da continui cambi di scuola, era affetto da rachitismo e gozzo, con difficoltà di apprendimento e disturbi psichici: ricorrenti furono i suoi ricoveri in manicomio per le sue crisi maniaco-depressive che lo inducevano spesso ad atti di autolesionismo (per "scacciare fuori di sé il male" attraverso il sangue), il primo già precedente l'esilio in Italia. Stabilitosi in un capanno sulle rive del Po fuori dal paese, venne in qualche modo "adottato" da Renato Marino Mazzacurati, esponente della Scuola Romana, che notandone immediatamente le capacità di disegno, lo introdusse all'uso dei colori a olio. Accolto dalla famiglia del pittore e scultore emiliano, e in particolare dalla madre, "Toni" decise di dedicarsi anch'esso alle stesse arti figurative e man mano la sua fama crebbe, anche fuori dai confini regionali, anche grazie ai servizi del noto fotocronista del Resto del Carlino Aldo Ferrari, fino all'organizzazione di una personale alla Barcaccia di Roma nel 1961. Non ebbe tempo di godersi notorietà e successo perché l'anno successivo fu colpito da emiparesi per spegnersi nel 1965 al ricovero di mendicità di Gualtieri che già l'aveva ospitato in precedenza, quando non lo era presso amici. Questa la vicenda, ma la perla del film è l'aver affidato la parte di Ligabue a Elio Germano, che già aveva interpretato in maniera mirabile il tormentato e fragile Giacomo Leopardi, un altro "diverso", che ha vissuto da isolato a causa delle sue malattie, ne Il giovane favoloso di Mario Martone nel 2015, una prestazione che gli è valso il premio come migliore attore alla Berlinale di quest'anno: meritatissimo per uno degli attori più bravi dell'intero panorama italiano ed europeo.
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