"Il giovane favoloso" di Mario Martone. Con Elio Germano, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Michele Riondino, Valerio Binasco, Iaia Forte, Paolo Graziosi, Sandro Lombardi, Raffaella Giordano, Edoardo Natoli, Giovanni Ludeno, Federica de Cola, Giorgia Salari, Isabella Ragonese. Italia 2014 ★★★+
E' stato provvidenziale lasciare questo film, presentato all'ultimo Festival del Cinema di Venezia e uscito nelle sale nell'ottobre scorso, da recuperare nel disperante deserto della programmazione estiva: vale senz'altro la pena vederlo, anche se non finisce di convincermi del tutto. Ricostruisce in maniera assai efficace la vita e le sofferenze di Giacomo Leopardi, a cominciare dall'ambiente famigliare e dal rapporto con il padre conte Monaldo e quello inesistente con una madre aberrante e orrendamente bacchettona, ma anche i suoi lati ironici e il suo profondo scetticismo; ha una fotografia eccellente e l'attenzione ai particolari è estrema; anche la declamazione, efficace quanto naturale, di alcune delle sue più famose poesie da parte dell'ottimo protagonista principale, Elio Germano, non appesantisce e anzi impreziosisce il racconto, che però rimane lento, con un ritmo più adatto a uno sceneggiato televisivo, magari in tre puntate, quante sono le parti in cui è suddivisa la pellicola: l'adolescenza e la gioventù a Recanati, il soggiorno fiorentino e quello, finale, napoletano, che si chiude con "La ginestra", la poesia che è il suo testamento spirituale e filosofico. Impianto teatrale (così come proviene dal palcoscenico buona parte dei componenti del cast) e dimensione televisiva, esattamente come era già successo con "Noi credevamo" di cinque anni fa, che attraverso la storia di alcuni ragazzi del Cilento raccontava alcuni episodi significativi del Risorgimento. L'intento formativo è in entrambi i casi evidente e lodevole, così come il rigore filologico dell'autore (che fa parlare i personaggi con la lingua viva dell'epoca), ma la domanda è se un film così strutturato possa coinvolgere anche i più giovani, a cui evidentemente si rivolge, oltre a rinverdire i ricordi di chi abbia fatto studi liceali e magari classici e se riesce a trasmettere il fatto che prima di essere il poeta della malinconia Leopardi fu innanzitutto uno dei rari illuministi italiani, da alcuni ritenuto perfino un protomarxista per il suo materialismo e un precursore dell'esistenzialismo. Il giudizio alla fine rimane positivo, per con le riserve di cui sopra.
E' stato provvidenziale lasciare questo film, presentato all'ultimo Festival del Cinema di Venezia e uscito nelle sale nell'ottobre scorso, da recuperare nel disperante deserto della programmazione estiva: vale senz'altro la pena vederlo, anche se non finisce di convincermi del tutto. Ricostruisce in maniera assai efficace la vita e le sofferenze di Giacomo Leopardi, a cominciare dall'ambiente famigliare e dal rapporto con il padre conte Monaldo e quello inesistente con una madre aberrante e orrendamente bacchettona, ma anche i suoi lati ironici e il suo profondo scetticismo; ha una fotografia eccellente e l'attenzione ai particolari è estrema; anche la declamazione, efficace quanto naturale, di alcune delle sue più famose poesie da parte dell'ottimo protagonista principale, Elio Germano, non appesantisce e anzi impreziosisce il racconto, che però rimane lento, con un ritmo più adatto a uno sceneggiato televisivo, magari in tre puntate, quante sono le parti in cui è suddivisa la pellicola: l'adolescenza e la gioventù a Recanati, il soggiorno fiorentino e quello, finale, napoletano, che si chiude con "La ginestra", la poesia che è il suo testamento spirituale e filosofico. Impianto teatrale (così come proviene dal palcoscenico buona parte dei componenti del cast) e dimensione televisiva, esattamente come era già successo con "Noi credevamo" di cinque anni fa, che attraverso la storia di alcuni ragazzi del Cilento raccontava alcuni episodi significativi del Risorgimento. L'intento formativo è in entrambi i casi evidente e lodevole, così come il rigore filologico dell'autore (che fa parlare i personaggi con la lingua viva dell'epoca), ma la domanda è se un film così strutturato possa coinvolgere anche i più giovani, a cui evidentemente si rivolge, oltre a rinverdire i ricordi di chi abbia fatto studi liceali e magari classici e se riesce a trasmettere il fatto che prima di essere il poeta della malinconia Leopardi fu innanzitutto uno dei rari illuministi italiani, da alcuni ritenuto perfino un protomarxista per il suo materialismo e un precursore dell'esistenzialismo. Il giudizio alla fine rimane positivo, per con le riserve di cui sopra.
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