Cavalli di Troika
Dopo l'accettazione da parte greca dell'accordo-capestro di ieri (quello che in termini bellico-diplomatici si chiama "resa senza condizioni": tanto che, correttamente, dall'ex ministro Varoufakis è stato evocato il Trattato di Versailles del 1919) e l'attesa dell'esito dello psicodramma che si svolgerà al parlamento di Atene domani, a corollario di quanto scrivevo sabato scorso, ritengo che la firma di Alexis Tsipras abbia un senso politico soltanto se ne seguiranno, domani, le sue dimissioni irrevocabili e il passaggio del testimone a quel governo di unità nazionale telecomandato ritenuto inevitabile in casi simili da quel direttorio di istituzioni autocostituitosi e autolegittimatosi che regge l'UE. In Italia, da sempre laboratorio all'avanguardia di queste alchimie, ne abbiamo di fatto avuti tre dal novembre 2011 a ora, tutti presieduti da premier mai eletti, e non abbiamo fatto un plissé. Nulla più che un beu geste, s'intende, a futura memoria, che metta la parola fine a qualsiasi illusione di poter riformare l'Europa: questa è, ed è l'unica possibile e inevitabile, stanti le condizioni e i rapporti di forza attuali tra chi detiene il potere reale, chi lo amministra (le istituzioni di Bruxelles e Francoforte e, un gradino più sotto, i loro delegati a capo dei governi pseudonazionali) e chi lo subisce e al contempo è costretto a mantenerlo, arricchirlo all'infinito e perfino a legittimarlo, niente mi sembra al momento sensato fuorché una voce di testimonianza (come il "no" al referendum del 5 scorso), lo sberleffo, lo sputtanamento, la creazione e condivisione di spazi, anche mentali e personali, su un terreno alieno e possibilmente non raggiungibile dai sensori di questo osceno panoptikon. Intanto, per rinfrescare le idee, è sempre utile rivedersi questo.
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