mercoledì 13 novembre 2019

Parasite

"Parasite" (Gisaenchung) di Bong Joon-ho. Con Song Kang-ho, Sun-kyun Lee, Yeo-jeong Jo, Choi Woo-Sil, Park So-dam, Hyae Jin Chang. Corea del Sud 2019 ★★★★★
Primo film coreano a vincere, con pieno merito, la Palma d'Oro all'ultimo Festival di Cannes, Parasite è un film geniale, perfetto, a momentaneo coronamento della già fulgida carriera di Bong Joon-ho e a confermare l'altissimo livello della cinematografia di quel Paese nel suo insieme: autori, interpreti, tecnici. Tema del regista, in questa occasione come nel notevole Snowpiercer, le differenze e la conseguente lotta di classe: in quell'occasione a svolgimento orizzontale (il treno), in questa verticale, e in entrambi i casi con uno sfondo claustrofobico dominante. Stavolta si comincia con un sordido sotterraneo nei bassifondi di Seoul dove vive, in un'atmosfera di solidale armonia, pur nelle ristrettezze e nella miseria, la famiglia Kim, che si arrabatta con lavoretti vari per integrare un miserevole sussidio di disoccupazione; la svolta c'è quando un amico del più giovane, che sta per andare a studiare all'estero, gli propone di sostituirlo come insegnante d'inglese presso una ricca famiglia dei quartieri alti, cosa che gli riesce grazie alla sua raccomandazione e a dei documenti falsificati dalla sorella, un vero talento nell'arte digitale (e applicata). Presto diviene un beniamino della famiglia Park: sia della ragazza a cui insegna, che si innamora di lui, sia della madre una giovane donna "bene" svampita quel che basta e completamente incapace di accudire chicchessia, né i tre orridi cagnetti di cui si circonda, e tantomeno il figlio minore, un piccolo tiranno che soffre di crisi epilettiche dopo aver visto un fantasma (che si rivelerà non essere tale) il giorno del suo sesto compleanno: nelle debolezze di quest'ultima il giovane insegnante intravede uno sbocco per la sorella, che si inventerà un curriculum di art-therapist negli USA senza svelare i legami di parentela col fratello; con la stessa tattica, il raggiro astuto e l'imnpostura, verranno sostituiti l'autista personale del signor Park, un imprenditore di successo, dal loro padre e pure, dalla madre (sempre in incognito), la vecchia governante della bellissima casa, che la ricca coppia ha ereditato dal precedente proprietario, un famosissimo architetto coreano: i "parassiti" del titolo si sono incistati dunque con successo rendendosi indispensabili all'esistenza della famiglia Park, e fin qui siamo arrivati a metà film, ma proprio quando i Kim, in assenza dei padroni, stanno festeggiando sbronzandosi tutti insieme allegramente nel bel salone minimalista della magione, ecco emergere i fantasmi del passato, ossia la ex governante che nasconde un segreto nei sotterranei della casa, di cui lei sola conosce l'esistenza, un bunker costruito dal progettista contro eventuali attacchi atomici dai vicini del Nord... e si scatena una guerra tra poveri senza esclusione di colpi, perché c'è sempre "qualcuno che è il terrone di qualcun altro" con una resa dei conti che non risparmia nessuno, il tutto in un crescendo parossistico in cui la fantasia del regista e il suo gusto per il grottesco si scatena, culminando in occasione della festa di compleanno del viziatissimo bambino epilettico che diventa un furibondo campo di battaglia nello stile del Tarantino più scatenato; eppure il finale non sarà quello che si può immaginare e, nonostante lo squallore dominante, è pieno di saggezza e moralità. Spettacolo, irriverenza, acutezza in una pellicola tecnicamente impeccabile, un ritmo incalzante e un'attenzione al dettaglio da elogiare, eccezionali sia la fotografia sia la scelta degli interpreti: accanto al grande e già noto da noi Song Kang-ho tutti i suoi colleghi sono all'altezza, e Parasite è un grandissimo film d'autore e al contempo popolare, in grado volare sia alto sia basso e di parlare a chiunque. E far riflettere.

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