"L'età giovane" (Le jeune Ahmed) di Jean-Pierre e Luc Dardennne. Con Idir Ben Addi, Olivier Bonnaud, Myriem Akheddiou, Victoria Bluck, Claire Bodson e altri. Belgio 2019 ★★★½
Apposta sono andato a vedere un film come Sole che la critica militonta fa rientrare nel genere dardennesco, con l'ultimo film dei due letali fratelli belgi: il cui immutabile stile minimalista (nella recitazione degli interpreti, nell'ambientazione, per una volta meno sordida del solito) si conferma ancora una volta pur se il consueto schema, colpa/confessione, in questa occasione viene sostituito da un tema di sicura attualità nel loro Paese così come in Francia: la radicalizzazione in senso islamista di giovani cittadini, ormai europei a tutti gli effetti, che non si possono nemmeno più definire immigrati di seconda o terza generazione. Per quanto in maniera schematica e didascalica, questa volta lo fanno senza moralismo e condiscendenza nel confronti del personaggio principale, il giovane Ahmed del titolo originale, un tredicenne cresciuto in una famiglia normalissima irretito da un imam che lo mette contro la sua insegnante (laica) di arabo, definita un'apostata perché intenzionata a insegnare la lingua utilizzando strumenti diversi dal solo corano e, come se non bastasse, convive con un ebreo. Ci riesce in poco tempo perché Ahmed vive nel mito di un cugino morto martire del jihad, da qualche tempo segue ossessivamente tutti i rituali della religione musulmana e non esita a definire puttana la sorella maggiore che non usa il velo e la madre, presumibilmente cristiana, che considera un'alcolizzata e infedele perché beve un po' di vino a pasto, e un debole il padre, di cui è rimasto orfano, per non essere stato in grado di educarle adeguatamente e correggerle in tempo: fatto sta che decide di agire da solo e accoltella, ferendola, l'insegnante. Finisce in una sorta di riformatorio dove educatori e psicologi non riescono a schiodarlo dalle sue posizioni anche se lui finge di aver compreso la gravità del suo gesto e mostra segni di ravvedimento, soprattutto dopo che viene mandato ad aiutare una famiglia di contadini che alleva animali (magistrale ed emblematica la descrizione di come interagisce con loro) in una fattoria e coltiva i terreni circostanti; lì conosce Louise, sua coetanea, e ha i primi turbamenti adolescenziali: il suo credo ostinato sarà più forte della tempesta ormonale, alla proposta di un bacio da parte della ragazza risponderà con la richiesta di diventare musulmana, e quando si presenterà l'occasione andrà a cercare di completare l'opera tentando di accoppare la malcapitata insegnante dopo aver provato a entrare nella sua abitazione scavalcando un davanzale: finisce per cadere di schiena e benché si intuisca che con buone probabilità rimarrà paralizzato, francamente non sono riuscito a provare una gran pena (i Dardenne come sempre, e questa volta per fortuna, scelgono protagonisti incapaci di suscitare la benché minima empatia). Com'è stato detto, il film vuole essere una critica ai cattivi maestri che manipolano i più giovani ed esposti, ma lo è anche nei confronti di una religione particolarmente intollerante e invasiva. Parente stretta peraltro delle altre due che derivano dal Libro. E di ideologie convinte di poter forgiare l'Uomo Nuovo, rifiutandosi di fare ci conti con quel che è. Per una volta, sufficienza piena.
Apposta sono andato a vedere un film come Sole che la critica militonta fa rientrare nel genere dardennesco, con l'ultimo film dei due letali fratelli belgi: il cui immutabile stile minimalista (nella recitazione degli interpreti, nell'ambientazione, per una volta meno sordida del solito) si conferma ancora una volta pur se il consueto schema, colpa/confessione, in questa occasione viene sostituito da un tema di sicura attualità nel loro Paese così come in Francia: la radicalizzazione in senso islamista di giovani cittadini, ormai europei a tutti gli effetti, che non si possono nemmeno più definire immigrati di seconda o terza generazione. Per quanto in maniera schematica e didascalica, questa volta lo fanno senza moralismo e condiscendenza nel confronti del personaggio principale, il giovane Ahmed del titolo originale, un tredicenne cresciuto in una famiglia normalissima irretito da un imam che lo mette contro la sua insegnante (laica) di arabo, definita un'apostata perché intenzionata a insegnare la lingua utilizzando strumenti diversi dal solo corano e, come se non bastasse, convive con un ebreo. Ci riesce in poco tempo perché Ahmed vive nel mito di un cugino morto martire del jihad, da qualche tempo segue ossessivamente tutti i rituali della religione musulmana e non esita a definire puttana la sorella maggiore che non usa il velo e la madre, presumibilmente cristiana, che considera un'alcolizzata e infedele perché beve un po' di vino a pasto, e un debole il padre, di cui è rimasto orfano, per non essere stato in grado di educarle adeguatamente e correggerle in tempo: fatto sta che decide di agire da solo e accoltella, ferendola, l'insegnante. Finisce in una sorta di riformatorio dove educatori e psicologi non riescono a schiodarlo dalle sue posizioni anche se lui finge di aver compreso la gravità del suo gesto e mostra segni di ravvedimento, soprattutto dopo che viene mandato ad aiutare una famiglia di contadini che alleva animali (magistrale ed emblematica la descrizione di come interagisce con loro) in una fattoria e coltiva i terreni circostanti; lì conosce Louise, sua coetanea, e ha i primi turbamenti adolescenziali: il suo credo ostinato sarà più forte della tempesta ormonale, alla proposta di un bacio da parte della ragazza risponderà con la richiesta di diventare musulmana, e quando si presenterà l'occasione andrà a cercare di completare l'opera tentando di accoppare la malcapitata insegnante dopo aver provato a entrare nella sua abitazione scavalcando un davanzale: finisce per cadere di schiena e benché si intuisca che con buone probabilità rimarrà paralizzato, francamente non sono riuscito a provare una gran pena (i Dardenne come sempre, e questa volta per fortuna, scelgono protagonisti incapaci di suscitare la benché minima empatia). Com'è stato detto, il film vuole essere una critica ai cattivi maestri che manipolano i più giovani ed esposti, ma lo è anche nei confronti di una religione particolarmente intollerante e invasiva. Parente stretta peraltro delle altre due che derivano dal Libro. E di ideologie convinte di poter forgiare l'Uomo Nuovo, rifiutandosi di fare ci conti con quel che è. Per una volta, sufficienza piena.
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