"L'uomo del labirinto" di Donato Carrisi. Con Toni Servillo, Dustin Hoffman, Valentina Billè, Vinicio Marchioni, Caterina Shulha, Orlando Cinque a altri. Italia 2019 ★★★½
Se possibile, la trama, circolare e anzi labirintica come la realtà (virtuale?) in cui si è ritrovata Samantha Andretti, un'adolescente rapita e tenuta prigioniera per 15 anni nelle mani di un sequestratore in vena di mental games (un po' come Carrisi stesso...), è ancora più intricata che nel film d'esordio del regista e autore, anch'esso tratto da un suo romanzo, La ragazza nella nebbia; anche in questo caso abbiamo a che fare con una misteriosa sparizione, e con una doppia indagine: quella condotta da un investigatore privato in fin di vita, Toni Servillo nei panni di Bruno Genco, specializzato in recupero crediti e sopraffatto dai sensi di colpa per non essere riuscito ad aiutare la famiglia che l'aveva incaricato di ritrovare la figlia, dopo che viene annunciato che Samantha era stata ritrovata, e quella svolta da uno psichiatra, nelle vesti di profiler, un Dustin Hoffman all'altezza della sua fama nei panni del dottor Green, nella mente della giovane donna, ricoverata dopo essere stata ritrovata in una palude, con una gamba rotta e, a dire del medico, imbottita di sostanze psicotrope in grado di alterare i suoi ricordi, alla ricerca ci chi l'abbia tenuta prigioniera. Visto che è inutile, oltre che improbo, tentare di fare un sunto della vicenda, riguardante tutta una serie di sparizioni di "figli del buio" che, una volta ritrovati dopo essere stati rapiti, sembrano essere rinati lasciando sconcertati gli stessi genitori, e lascia aperta la strada a interpretazioni diverse anche dopo aver visto il film, tanto vale concentrarsi sull'esito di questa seconda avventura cinematografica di Carrisi, che a mio parere è di livello molto buono anche se non mi ha così coinvolto e colpito come la precedente, nel qual caso ha però contato molto l'effetto sorpresa. Qui mi è piaciuta, oltre alle interpretazioni di Servillo, Hoffman e Marchioni (meno convincente quella degli altri, specialmente della Billè), l'ambientazione in un tempo sospeso, in una realtà a tratti distopica, in un'epoca che fluttua tra un futuro immediato, il presente e un passato che ricorda atmosfere che vanno dagli anni Trenta, come nei gialli chandleriani, agli anni Settanta passando per i Cinquanta; una fotografia estremante efficace, a tratti sgranata e dai colori saturi, un ritmo sostenuto accompagnato da una colonna sonora costruita con effetti e suoni che contribuiscono a tenere alta la tensione. Magari alla fine ci si raccapezza poco ma l'emozione è assicurata e il risultato voluto dal regista è ottenuto l'attenzione rimane viva fino all'ultimo, e si esce dalla sala soddisfatti.
Se possibile, la trama, circolare e anzi labirintica come la realtà (virtuale?) in cui si è ritrovata Samantha Andretti, un'adolescente rapita e tenuta prigioniera per 15 anni nelle mani di un sequestratore in vena di mental games (un po' come Carrisi stesso...), è ancora più intricata che nel film d'esordio del regista e autore, anch'esso tratto da un suo romanzo, La ragazza nella nebbia; anche in questo caso abbiamo a che fare con una misteriosa sparizione, e con una doppia indagine: quella condotta da un investigatore privato in fin di vita, Toni Servillo nei panni di Bruno Genco, specializzato in recupero crediti e sopraffatto dai sensi di colpa per non essere riuscito ad aiutare la famiglia che l'aveva incaricato di ritrovare la figlia, dopo che viene annunciato che Samantha era stata ritrovata, e quella svolta da uno psichiatra, nelle vesti di profiler, un Dustin Hoffman all'altezza della sua fama nei panni del dottor Green, nella mente della giovane donna, ricoverata dopo essere stata ritrovata in una palude, con una gamba rotta e, a dire del medico, imbottita di sostanze psicotrope in grado di alterare i suoi ricordi, alla ricerca ci chi l'abbia tenuta prigioniera. Visto che è inutile, oltre che improbo, tentare di fare un sunto della vicenda, riguardante tutta una serie di sparizioni di "figli del buio" che, una volta ritrovati dopo essere stati rapiti, sembrano essere rinati lasciando sconcertati gli stessi genitori, e lascia aperta la strada a interpretazioni diverse anche dopo aver visto il film, tanto vale concentrarsi sull'esito di questa seconda avventura cinematografica di Carrisi, che a mio parere è di livello molto buono anche se non mi ha così coinvolto e colpito come la precedente, nel qual caso ha però contato molto l'effetto sorpresa. Qui mi è piaciuta, oltre alle interpretazioni di Servillo, Hoffman e Marchioni (meno convincente quella degli altri, specialmente della Billè), l'ambientazione in un tempo sospeso, in una realtà a tratti distopica, in un'epoca che fluttua tra un futuro immediato, il presente e un passato che ricorda atmosfere che vanno dagli anni Trenta, come nei gialli chandleriani, agli anni Settanta passando per i Cinquanta; una fotografia estremante efficace, a tratti sgranata e dai colori saturi, un ritmo sostenuto accompagnato da una colonna sonora costruita con effetti e suoni che contribuiscono a tenere alta la tensione. Magari alla fine ci si raccapezza poco ma l'emozione è assicurata e il risultato voluto dal regista è ottenuto l'attenzione rimane viva fino all'ultimo, e si esce dalla sala soddisfatti.
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