"Le Mans '66 - La grande sfida" (Ford vs Ferrari) di James Mangold. Con Christian Bale, Matt Damon, Caitrionsa Balfe, Jon Bernthal, Josh Lucas, Tracy Letts, Remo Girone, Franscesco Bauco, e altri. USA 2019 ★★★★
E così, dopo essermi gustato le meravigliose berline anni Cinquanta sul grande schermo in Motherless Brooklyn senza dover prendere l'aereo per l'Avana per vederle ancora girare dal vivo, ecco i mostri su pista degli epici scontri fra produttori nei ruggenti anni Sessanta: in questo film il racconto di come la Ford ruppe il dominio della Ferrari nelle corse di prototipi (a gomme coperte) facendo tripletta alla 24 Ore di Lemans nell'edizione del 1966. Stanco di essere sconfitto dalle auto del Drake, alla fin fine il prodotto artigianale di una piccola industria modenese dove tutto veniva fatto a mano, Henry Ford II, ossia l'emblema della catena di montaggio e della produzione in serie, decise di affidare la costruzione di una macchina in grado di sfidarlo a Carroll Shelby (qui Matt Damon), già pilota automobilistico texano e vincitore a Le Mans 1959 su Aston Martin e, in seguito a problemi cardiaci, costruttore di auto sportive, il tutto in dieci mesi: questi accettò, a patto che a occuparsi della progettazione, del collaudo e a condurla in pista fosse l'amico e pilota Ken Miles (il sempre camaleontico e grandissimo Christian Bale), un abilissimo e appassionato tecnico inglese naturalizzato americano dal carattere scorbutico, poco propenso ad accettare ordini, determinato: uno che durante la Seconda Guerra Mondiale comandava carri armati ed era arrivato fino a Berlino. Riuscì a convincerlo, anche perché nel frattempo l'officina di cui Miles era titolare era sull'orlo del fallimento, e di come riuscirono nell'impresa è narrato in questo film. Trattandosi di una pellicola americana, l'ottica è ovviamente manichea e nazionalista, il taglio schematico e la ricostruzione della vicenda piuttosto approssimativa, prendendosi le sue belle licenze, a cominciare da quella della presenza di Enzo Ferrari ai box del circuito francese, ma avendo due grandi meriti: l'aver reso omaggio alla figura di Miles, un pilota dimenticato (peraltro derubato della vittoria a Le Mans per una lettura capziosa del regolamento di gara a opera degli stessi dirigenti della Ford) e un altro "artigiano" senza cui la mitica G-40 non sarebbe mai esistita, e con lui a Shelby, un Enzo Ferrari in piccolo, per i quali la passione era più importante del fatturato, e messo il dito nella piaga della logica di puro marketing che stava dietro a tutta l'operazione voluta da Ford, che non ne esce per niente bene, a cominciare dalla figura del suo sommo capo (fulminante la battuta del Drake che, rispetto al fondatore Henry Ford I, lo riteneva nient'altro che un "numero due"). La pellicola è girata con buon ritmo, le riprese delle corse e i relativi dettagli sono appassionanti e colgono nel segno, all'altezza di quelle viste in Rush, l'atmosfera d'epoca è ricreata in maniera credibile, capace quasi di evocare il tipico odore di officina, un vero elisir per gente come Ken Miles e i suoi epigoni a ogni latitudine, tutt'altra cosa rispetto alle asettiche gare di F1 del giorno d'oggi, gare di durata, con Prototipi o Grat Turismo, vere maratone di resistenza per macchine e piloti come Le Mans o Daytona, erano e rimangono tutt'altra cosa.
E così, dopo essermi gustato le meravigliose berline anni Cinquanta sul grande schermo in Motherless Brooklyn senza dover prendere l'aereo per l'Avana per vederle ancora girare dal vivo, ecco i mostri su pista degli epici scontri fra produttori nei ruggenti anni Sessanta: in questo film il racconto di come la Ford ruppe il dominio della Ferrari nelle corse di prototipi (a gomme coperte) facendo tripletta alla 24 Ore di Lemans nell'edizione del 1966. Stanco di essere sconfitto dalle auto del Drake, alla fin fine il prodotto artigianale di una piccola industria modenese dove tutto veniva fatto a mano, Henry Ford II, ossia l'emblema della catena di montaggio e della produzione in serie, decise di affidare la costruzione di una macchina in grado di sfidarlo a Carroll Shelby (qui Matt Damon), già pilota automobilistico texano e vincitore a Le Mans 1959 su Aston Martin e, in seguito a problemi cardiaci, costruttore di auto sportive, il tutto in dieci mesi: questi accettò, a patto che a occuparsi della progettazione, del collaudo e a condurla in pista fosse l'amico e pilota Ken Miles (il sempre camaleontico e grandissimo Christian Bale), un abilissimo e appassionato tecnico inglese naturalizzato americano dal carattere scorbutico, poco propenso ad accettare ordini, determinato: uno che durante la Seconda Guerra Mondiale comandava carri armati ed era arrivato fino a Berlino. Riuscì a convincerlo, anche perché nel frattempo l'officina di cui Miles era titolare era sull'orlo del fallimento, e di come riuscirono nell'impresa è narrato in questo film. Trattandosi di una pellicola americana, l'ottica è ovviamente manichea e nazionalista, il taglio schematico e la ricostruzione della vicenda piuttosto approssimativa, prendendosi le sue belle licenze, a cominciare da quella della presenza di Enzo Ferrari ai box del circuito francese, ma avendo due grandi meriti: l'aver reso omaggio alla figura di Miles, un pilota dimenticato (peraltro derubato della vittoria a Le Mans per una lettura capziosa del regolamento di gara a opera degli stessi dirigenti della Ford) e un altro "artigiano" senza cui la mitica G-40 non sarebbe mai esistita, e con lui a Shelby, un Enzo Ferrari in piccolo, per i quali la passione era più importante del fatturato, e messo il dito nella piaga della logica di puro marketing che stava dietro a tutta l'operazione voluta da Ford, che non ne esce per niente bene, a cominciare dalla figura del suo sommo capo (fulminante la battuta del Drake che, rispetto al fondatore Henry Ford I, lo riteneva nient'altro che un "numero due"). La pellicola è girata con buon ritmo, le riprese delle corse e i relativi dettagli sono appassionanti e colgono nel segno, all'altezza di quelle viste in Rush, l'atmosfera d'epoca è ricreata in maniera credibile, capace quasi di evocare il tipico odore di officina, un vero elisir per gente come Ken Miles e i suoi epigoni a ogni latitudine, tutt'altra cosa rispetto alle asettiche gare di F1 del giorno d'oggi, gare di durata, con Prototipi o Grat Turismo, vere maratone di resistenza per macchine e piloti come Le Mans o Daytona, erano e rimangono tutt'altra cosa.
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