"Gli uomini d'oro" di Vincenzo Alfieri. Con Fabio De Luigi, Edoardo Leo, Giampaolo Morelli, Giuseppe Ragone, Mariela Garriga, Susy Laude, Matilde Gioli, Gianmarco Tognazzi e altri. Italia 2019 ★★★½
Secondo, convincente film del giovane Vincenzo Alfieri, dopo I peggiori, che prende spunto da un fatto davvero avvenuto nell'estate del 1996 nel Torinese, quando alla direzione delle poste si accorsero che i sacchi che avrebbero dovuto contenere valori erano stati riempiti di pagine di vecchi fumetti (peccato, per i geniali autori del classico "colpo grosso", eseguito con astuzia e sangue freddo e senza l'uso di armi, che il bottino fosse costituito prevalentemente da titoli non smerciabili e relativo poco contante), a dimostrazione che anche in Italia si possono fare film che sono d'azione ma non solo: ritrae un periodo, una città, le sue contraddizioni, ambienti diversi, rappresentati dai protagonisti della vicenda, che raccontano la storia, in tre capitolo distinti, a secondo del loro punto di vista. C'è Luigi (Morelli), detto il Playboy, napoletano estroverso, autista di furgoni portavalori, a cui il Governo Dini ha appena allungato di 10 anni il termine per andare in pensione, quando gli mancavano tre soli mesi, e già si sognava in Costarica a gestire un chiringuito acquistato con il TFR; Alvise (un sorprendentemente bravo De Luigi, cui si addice il ruolo di cattivo), il suo compagno di lavoro, quello che propriamente porta i sacchi contenenti i valori, detto il Cacciatore, piemontese rancoroso, irascibile e introverso, che si arrabatta in mille attività collaterali lavorando senza tregua per mantenere in un decoro piccolo borghese la famiglia (stupendo il dettaglio del copritelefono in raso verde, con l'apparecchio dotato di lucchetto per indurre moglie e figlia al risparmio), che ha l'idea di come compiere il furto; Nicola detto il Lupo (Leo, che miracolosamente riesce a dominare la cadenza romanesca) un ex puglie con cui Alvise gestisce una birreria in periferia; ma personaggio di primo piano è anche Luciano, un ex postino baby pensionato (un bravissimo Ragone), che divide l'appartamento con Luigi il quale riesce a convincerlo a partecipare al colpo, divenendone l'elemento decisivo: piccolo com'è può nascondersi in una cassaforte inutilizzata e procedere allo scambio tra sacchi veri e scamuffi durante le pause, circa 10', tra una tappa e l'altra del percorso che il furgone compie, accompagnato da una volante, quotidianamente. La storie è raccontata con brio, colpi di scena, dove protagonisti sono una anche una Torino cupa, settentrionali contro meridionali, torinisti contro juventini, un ricettatore e strozzino (chiamato Boutique, Tognazzi) che agisce dietro il paravento di sarto di lusso, donne insospettabilmente forti a far da contrappunto a maschi apparentemente duri ma in realtà insicuri. Tanti spunti originali ma anche un debito con i fortunati film della serie Smetto quando voglio (da cui eredita tre degli interpreti), buona colonna sonora, suggestiva la fotografia: la dimostrazione che si possono fare dei noir originali, spettacolari e non banali.
Secondo, convincente film del giovane Vincenzo Alfieri, dopo I peggiori, che prende spunto da un fatto davvero avvenuto nell'estate del 1996 nel Torinese, quando alla direzione delle poste si accorsero che i sacchi che avrebbero dovuto contenere valori erano stati riempiti di pagine di vecchi fumetti (peccato, per i geniali autori del classico "colpo grosso", eseguito con astuzia e sangue freddo e senza l'uso di armi, che il bottino fosse costituito prevalentemente da titoli non smerciabili e relativo poco contante), a dimostrazione che anche in Italia si possono fare film che sono d'azione ma non solo: ritrae un periodo, una città, le sue contraddizioni, ambienti diversi, rappresentati dai protagonisti della vicenda, che raccontano la storia, in tre capitolo distinti, a secondo del loro punto di vista. C'è Luigi (Morelli), detto il Playboy, napoletano estroverso, autista di furgoni portavalori, a cui il Governo Dini ha appena allungato di 10 anni il termine per andare in pensione, quando gli mancavano tre soli mesi, e già si sognava in Costarica a gestire un chiringuito acquistato con il TFR; Alvise (un sorprendentemente bravo De Luigi, cui si addice il ruolo di cattivo), il suo compagno di lavoro, quello che propriamente porta i sacchi contenenti i valori, detto il Cacciatore, piemontese rancoroso, irascibile e introverso, che si arrabatta in mille attività collaterali lavorando senza tregua per mantenere in un decoro piccolo borghese la famiglia (stupendo il dettaglio del copritelefono in raso verde, con l'apparecchio dotato di lucchetto per indurre moglie e figlia al risparmio), che ha l'idea di come compiere il furto; Nicola detto il Lupo (Leo, che miracolosamente riesce a dominare la cadenza romanesca) un ex puglie con cui Alvise gestisce una birreria in periferia; ma personaggio di primo piano è anche Luciano, un ex postino baby pensionato (un bravissimo Ragone), che divide l'appartamento con Luigi il quale riesce a convincerlo a partecipare al colpo, divenendone l'elemento decisivo: piccolo com'è può nascondersi in una cassaforte inutilizzata e procedere allo scambio tra sacchi veri e scamuffi durante le pause, circa 10', tra una tappa e l'altra del percorso che il furgone compie, accompagnato da una volante, quotidianamente. La storie è raccontata con brio, colpi di scena, dove protagonisti sono una anche una Torino cupa, settentrionali contro meridionali, torinisti contro juventini, un ricettatore e strozzino (chiamato Boutique, Tognazzi) che agisce dietro il paravento di sarto di lusso, donne insospettabilmente forti a far da contrappunto a maschi apparentemente duri ma in realtà insicuri. Tanti spunti originali ma anche un debito con i fortunati film della serie Smetto quando voglio (da cui eredita tre degli interpreti), buona colonna sonora, suggestiva la fotografia: la dimostrazione che si possono fare dei noir originali, spettacolari e non banali.
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