sabato 10 agosto 2019

A Taxi Driver

"A Taxi Driver" di Hun Jang. Con Song Kang-ho, Thomas Kretschmann, Yoo Hae-jin, Jun-yeol Ryu, Park Hyuk-kwon e altri. Corea del Sud 2017 ★★★★
Reduce da un grandissimo e significativo successo di pubblico e critica in patria, dove tocca un tasto dolente come il massacro di Gwangju, avvenimento tragico e travisato oltre che tenuto nascosto nelle sue dimensioni  avvenuto nel maggio del 1980 nella città che era il bastione della democrazia e del movimento degli studenti contro il governo golpista di Chun Doo-hwan, salito al potere dopo il golpe dell'ottobre dell'anno prima, è arrivato anche in alcune sale italiane questo ottimo film di Hun Jang che ha come straordinario protagonista una stella locale nota anche in Occidente come Song Kang-ho, che qui impersona il taxista che a quel tempo accompagnò nella città, assediata e isolata dai militari, in cui era praticamente impossibile entrare, il reporter della televisione tedesca Jürgen Hinzpeter (interpretato da Thomas Kretschmann), l'unico giornalista occidentale che riuscì a filmare gli avvenimenti e a diffondere le notizie della carneficina (il numero delle vittime, fra le due e le tremila, non fu mai rivelato) fuori dalla Corea. E' abbastanza tipico del  cinema coreano mischiare i generi e miscelare comicità, commedia e dramma anche nel caso di un film tratti da vicende reali, e quindi non stupisce una prima parte che dipinge Kim, così si chiama il tassinaro del titolo (il riferimento ad Alberto Sordi è voluto e probabilmente ha ispirato anche il regista Hun Jang), un uomo rimasto vedovo e con una figlia piccola a carico, sostanzialmente come un qualunquista in politica e attaccato ai soldi (di cui ha un costante bisogno per mantenere la bambina) che "frega" con astuzia il ricco cliente a un collega che ha avuto la malaugurata idea di parlare in una trattoria frequentata da tassisti di un occidentale disposto a pagare una cifra spropositata per portarlo a Gwangju da Seul e ritorno: quel qualcuno era Hinzpeter, arrivato in Corea facendosi passare per missionario dal Giappone, dove era corrispondente per l'Asia dell'ARD, che inizialmente è piuttosto diffidente di Kim e non lo ha in grande simpatia: come se non bastasse l'autista parla troppo, si spaccia per conoscitore dell'inglese per essere stato a lavorare per cinque anni in Arabia Saudita e gira con un catorcio che ha sulle spalle qualcosa come 600 mila chilometri. Ma sia il tono del film, sia i rapporti tra i due cambiano pian piano, così come il modo di considerare i moti di protesta, che il regime fa passare per un'insurrezione comunista e che non coinvolgono soltanto il mondo studentesco, quando arrivano nella città in rivolta, mentre divengono testimoni dei massacri e vittime a loro volta di una caccia all'uomo rispetto alla quale anche i fatti del G8 di Genova del 2001 erano un innocente gioco da bambini; cambiano anche le modalità di ripresa, e le scene delle azioni dei militari sono veramente suggestive ed impressionanti, anche se da incubo. Nonostante ciò e alcune ingenuità (non si riesca francamente a capire come Kim e Hinzpeter siano riusciti a farla franca e uscire da Gwangju e ancor più riuscire a entrare, e Hinzpeter passare i controlli, all'aeroporto internazionale di Gimpo) l'impatto del film non è indifferente e può dirsi decisamente riuscito, girato con competenza e bene interpretato, ovviamente e giustamente alla coreana. Hinzpeter morì nel 2015 senza essere riuscito a rintracciare il suo tassista e compagno di avventura, che gli aveva scritto su un foglio volutamente il nome incompleto, mentre il vero Kim è vivo e vegeto e ha rivelato la sua identità soltanto nel 2017, dopo l'uscita del film. Se vi capita a tiro, una pellicola che consiglio.

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