"Little Forest" di Soon-rye Yim. Con Tae-ri Kim, Jun-yeol Ryu, Ki-jo Jin, Moon So-ri e altri. Corea del Sud 2018 ★★★½
Primo film della rassegna cinematografica K-Cinema / Il fascino (in)discreto della Corea del Sud, promossa dalla sempre benemerita casa di produzione e distribuzione friulana Tucker Film e da Far East Festival di Udine, che comprende quattro film che vengono proposti una volta alla settimana sugli schermi di Pordenone, Udine, Monfalcone e Trieste nel mese di agosto, Little Forest, tratto da un manga giapponese, girato con grande delicatezza dall'esperta mano della regista Soon-rue Yim con gusto prettamente coreano e interpretato da giovani attori emergenti di quel fecondo, cinematograficamente parlando, Paese. La trama, all'apparenza inconsistente, ruota attorno alla crisi della giovane Hye-won che, delusa dall'aver fallito l'esame d'ammissione all'università, dal lavoro umiliante in una caffetteria e dal rapporto con il fidanzato, lascia la megalopoli Seul per fare ritorno al paese rurale dov'è nata e cresciuta nella casa che condivideva con la madre, che l'aveva abbandonata all'improvviso e senza preavvertire quando frequentava l'ultimo anno di liceo e non vedeva l'ora di trasferirsi nella capitale e cambiare vita. Intenzionata inizialmente a restare sola e recuperare innanzitutto sé stessa, e a rimanere qualche settimana nella casa avita, i ritmi lenti e rilassati della campagna, i rapporti riallacciati con due amici d'infanzia, un giovane agronomo che si è messo a coltivare i frutteti di famiglia e un'impiegata di banca completamente diversa da lei di carattere ma con cui si completa, nonché una zia che vive nelle vicinanze, fanno sì che i mesi trascorrano e lei riscopra il valore delle sue radici e la sua autentica dimensione; il tutto scandito dai deliziosi pasti che prepara, avendo imparato dalla sua fantasiosa madre, in grado di inventarsi manicaretti con il poco che passava il convento e seguendo il ritmo delle stagioni, dall'inverno all'autunno successivo, riuscendo a comprendere quel che attraverso i suoi insegnamenti le aveva voluto indirettamente trasmettere e così anche i motivi del suo abbandono, che consisteva soprattutto in un invito a seguire la propria strada e le sue vere vocazioni, in sostanza riconciliandosi sia con la genitrice sia con sé stessa. Un film didascalico quanto si vuole, di una semplicità a tratti disarmante per quanto può sembrare idilliaco ma non banale e che fa pensare, benché la regista abbia scelto apposta, penso, uno stile molti televisivo, evidente nel modo in cui vengono riprese e commentate le varie ricette ideate ed eseguite dalla ragazza e apprezzate dai suoi amici.
Primo film della rassegna cinematografica K-Cinema / Il fascino (in)discreto della Corea del Sud, promossa dalla sempre benemerita casa di produzione e distribuzione friulana Tucker Film e da Far East Festival di Udine, che comprende quattro film che vengono proposti una volta alla settimana sugli schermi di Pordenone, Udine, Monfalcone e Trieste nel mese di agosto, Little Forest, tratto da un manga giapponese, girato con grande delicatezza dall'esperta mano della regista Soon-rue Yim con gusto prettamente coreano e interpretato da giovani attori emergenti di quel fecondo, cinematograficamente parlando, Paese. La trama, all'apparenza inconsistente, ruota attorno alla crisi della giovane Hye-won che, delusa dall'aver fallito l'esame d'ammissione all'università, dal lavoro umiliante in una caffetteria e dal rapporto con il fidanzato, lascia la megalopoli Seul per fare ritorno al paese rurale dov'è nata e cresciuta nella casa che condivideva con la madre, che l'aveva abbandonata all'improvviso e senza preavvertire quando frequentava l'ultimo anno di liceo e non vedeva l'ora di trasferirsi nella capitale e cambiare vita. Intenzionata inizialmente a restare sola e recuperare innanzitutto sé stessa, e a rimanere qualche settimana nella casa avita, i ritmi lenti e rilassati della campagna, i rapporti riallacciati con due amici d'infanzia, un giovane agronomo che si è messo a coltivare i frutteti di famiglia e un'impiegata di banca completamente diversa da lei di carattere ma con cui si completa, nonché una zia che vive nelle vicinanze, fanno sì che i mesi trascorrano e lei riscopra il valore delle sue radici e la sua autentica dimensione; il tutto scandito dai deliziosi pasti che prepara, avendo imparato dalla sua fantasiosa madre, in grado di inventarsi manicaretti con il poco che passava il convento e seguendo il ritmo delle stagioni, dall'inverno all'autunno successivo, riuscendo a comprendere quel che attraverso i suoi insegnamenti le aveva voluto indirettamente trasmettere e così anche i motivi del suo abbandono, che consisteva soprattutto in un invito a seguire la propria strada e le sue vere vocazioni, in sostanza riconciliandosi sia con la genitrice sia con sé stessa. Un film didascalico quanto si vuole, di una semplicità a tratti disarmante per quanto può sembrare idilliaco ma non banale e che fa pensare, benché la regista abbia scelto apposta, penso, uno stile molti televisivo, evidente nel modo in cui vengono riprese e commentate le varie ricette ideate ed eseguite dalla ragazza e apprezzate dai suoi amici.
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