lunedì 2 dicembre 2019

The Irishman

"The Irishman" di Martin Scorsese. Con Robert De Niro, Al Pacino, Joe Pesci, Harvey Keitel, Bobby Carnevale, Ray Romano, Anna Paquin, Stephan Graham, Jack Huston, Jesse  Plemons e altri. USA 2019 ★★★★★
In molti hanno parlato di una sorta di testamento di Martin Scorsese: di sicuro è un capolavoro, e la chiusura di un cerchio nel raccontare la mafia italo-americana che ha portato da Quei bravi ragazzi (Goodfellas) a questi vecchi ex ragazzi di cui Frank Sheeran (qui Bob De Niro), l'Irlandese appunto, è un sopravvissuto: è lui che narra la sua stessa storia, ricoverato in un ospizio, dove nessuno si ricorda di chi fosse l'uomo di cui era diventato il migliore amico e che confessa di avere eliminato: Jimmy Hoffa (Al Pacino: per la prima volta i due mostri sacri hanno recitato insieme in un film diretto dal loro amico regista), l'onnipotente capo del sindacato degli autotrasportatori, ai suoi tempi più famoso ancora di Elvis Presley e dei Beatles messi assieme, nonché acerrimo rivale dei Kennedy, soprattutto di Bob, procuratore generale durante gli anni di presidenza del fratello Jack. E dalla biografia-confessione fatta all'avvocato ed ex PM Charles Brandt è tratta la pellicola, in cui Sheeran/De Niro ripercorre la sua carriera di uomo di fiducia di Russell Bufalino, boss di Filadelfia, la sua città, e personaggio di spicco, nonché grande garante degli equilibri all'interno delle cosche (qui ha il volto di Joe Pesci, che eccezionalmente interpreta un personaggio "sotto tono"): Frank, che dopo l'esperienza in guerra in Italia (dove aveva imparato la lingua, cosa che gli gli consenti di guadagnarsi la fiducia dei paisà) era diventato un camionista che faceva sparire qualche carico di carne durante le consegne, lo aveva conosciuto quando si era rivolto a suo figlio, avvocato, dopo essere stato scoperto, e da quel momento ne era diventato un tuttofare, oltre che amico di famiglia e sicario per suo conto, fino a quando lo mise in contatto con Jimmy Hoffa, di cui divennnel'ombra, dirigente sindacale nonché confidente, tuttavia ligio al dovere e ai legami "che non si discutono" quando si trattò di toglierlo di mezzo quando, dopo essere stato incarcerato per alcuni anni, Hoffa volle tornare alla guida del sindacato. E non per uno scrupolo morale: Frank non ne ha mai avuti, semplicemente perché "così deve essere", così non si è mai chiesto perché Peggy, la sua figlia maggiore, al corrente della "carriera" del padre senza che lui ne abbia mai fatto cenno, si sia allontanata da lui fino a rifiutarlo, né si è mai pentito, nemmeno davanti al prete che lo confessava. In tre ore e mezzo dense, necessarie a sviluppare la storia a diversi livelli  - non manca la parte on the road, anzi: è il filo conduttore della narrazione - e che sono il tempo necessario a esporla pienamente, Scorsese parla sì di mafia, e soprattutto del senso dei legami tra gli uomini che ne fanno parte e della storia americana dei decenni tra i Quaranta e i Settanta, ma soprattutto del tempo che passa ineluttabilmente per tutti e quindi della vecchiaia, tanto è evidente, anche a Frank, che quel mondo è ormai tramontato, come forse anche il modo di raccontarlo, attraverso il cinema, cosa che Scorsese ha saputo fare come nessun altro, assieme a Coppola. Imperdibile.

1 commento:

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