"5 è il numero perfetto" di Igor Tuveri (Igort). Con Toni Servillo, Valeria Golino, Carlo Buccirosso, Angelo Curti, Marcello Romolo, Emanuele Valenti, Iaia Forte, Nello Mascia, Vincenzo Nemolato, Giovanni Ludeno, Mimmo Borrelli. Italia, Belgio, Francia 2019 ★★★★½
Bellissimo film: ne ero sicuro, anche perché il numero 5, per svariati motivi, è il mio talismano personale. Uscito a fine agosto, l'avevo perso perché in viaggio all'estero, e l'ho recuperato proprio in occasione di un'escursione in Friuli di Igor Tuveri, alla sua prima regìa, che è venuto a presentarlo ed è anche l'autore del romanzo a fumetti, uscito nel 2002, da cui è tratto. Ha raccontato che, appassionato da sempre di cinema, e cultore di quello di Hong Kong a cui non ha avuto esitazione di riconoscere di essere in debito, è stato Toni Servillo, dopo aver letto la sceneggiatura, a convincerlo, anzi: ordinargli, di mettersi dietro la macchina da presa e dirigerlo, e di quest'esperienza, a tratti surreale e comunque divertente, ha parlato dopo la proiezione al Centrale di Udine venerdì sera. Confesso di non aver letto la versione disegnata ai suoi tempi, e vedrò di procurarmela quanto prima; la pellicola in ogni caso è estremamente ben fatta, interpretata in maniera esemplare da attori che, mi assicurano, sono perfettamente aderenti ai personaggi su tavola. Toni Servillo, in versione del tutto calva e dotato di un naso aquilino estremamente pronunciato oltre che di un trench bianco alla Humphrey Bogart, è Peppino Lo Cicero, un sicario di camorra in pensione, cui viene ammazzato il figlio proprio dopo che questi aveva accettato, controvoglia, di raccoglierne il testimone, ricevendo per l'occasione in regalo dal genitore la mitica Colt Cobra calibro 38 come ferro del mestiere; torna così in azione, assieme al compare di sempre Totò Macellaro (Carlo Buccirosso) per vendicarne la morte, non esitando a scatenare una guerra contro la "famiglia" ai cui ordini sono stati per tutta la loro carriera di guappi. Siamo nel 1972, in una Napoli prevalentemente notturna, tenebrosa, innaturalmente deserta e quasi sempre flagellata dalla pioggia, le due presenze costanti sono l'acqua (Napoli è anche mare) che simboleggia cambiamento e rinascita, e la macchina da caffè (stranamente sempre una moka e mai la tradizionale cuccumella) e il caffè, a Napoli, si sa è un rito; e seguiamo così le peripezie dei due, coadiuvati da Rita (Valeria Golino), amante di vecchia data di Peppino cui ha sempre rimproverato di non voler cambiare vita. Sarà questa l'occasione, perché il vecchio killer apparteneva alla vecchia guardia (siamo nel periodo appena precedente le guerre di camorra che avrebbero portato alla vittoria della NCO di Raffaele Cutolo) e viveva la sua condizione di membro subordinato con una propria etica professionale e fedele a un codice d'onore che è stato tradito proprio da chi era ai vertici della famiglia d'appartenenza. Il film abbonda di sparatorie che sono in realtà vere e proprie coreografie che farebbero la gioia di Quentin Tarantino, che sicuramente apprezzerà, e non manca di colpi di scena, soprattutto quello finale, quando Peppino e Rita si trovano ormai da tempo sull'immaginaria isola di Parador, da qualche parte tra i Caraibi e l'America del Sud, e l'ex guappo racconta al barbiere italiano, che vi è emigrato già dal Dopoguerra, l'esito di quella resa dei conti. Vivamente consigliato: se il film vi dovesse sfuggire, segnalo che ne è appena uscito il DVD!
Bellissimo film: ne ero sicuro, anche perché il numero 5, per svariati motivi, è il mio talismano personale. Uscito a fine agosto, l'avevo perso perché in viaggio all'estero, e l'ho recuperato proprio in occasione di un'escursione in Friuli di Igor Tuveri, alla sua prima regìa, che è venuto a presentarlo ed è anche l'autore del romanzo a fumetti, uscito nel 2002, da cui è tratto. Ha raccontato che, appassionato da sempre di cinema, e cultore di quello di Hong Kong a cui non ha avuto esitazione di riconoscere di essere in debito, è stato Toni Servillo, dopo aver letto la sceneggiatura, a convincerlo, anzi: ordinargli, di mettersi dietro la macchina da presa e dirigerlo, e di quest'esperienza, a tratti surreale e comunque divertente, ha parlato dopo la proiezione al Centrale di Udine venerdì sera. Confesso di non aver letto la versione disegnata ai suoi tempi, e vedrò di procurarmela quanto prima; la pellicola in ogni caso è estremamente ben fatta, interpretata in maniera esemplare da attori che, mi assicurano, sono perfettamente aderenti ai personaggi su tavola. Toni Servillo, in versione del tutto calva e dotato di un naso aquilino estremamente pronunciato oltre che di un trench bianco alla Humphrey Bogart, è Peppino Lo Cicero, un sicario di camorra in pensione, cui viene ammazzato il figlio proprio dopo che questi aveva accettato, controvoglia, di raccoglierne il testimone, ricevendo per l'occasione in regalo dal genitore la mitica Colt Cobra calibro 38 come ferro del mestiere; torna così in azione, assieme al compare di sempre Totò Macellaro (Carlo Buccirosso) per vendicarne la morte, non esitando a scatenare una guerra contro la "famiglia" ai cui ordini sono stati per tutta la loro carriera di guappi. Siamo nel 1972, in una Napoli prevalentemente notturna, tenebrosa, innaturalmente deserta e quasi sempre flagellata dalla pioggia, le due presenze costanti sono l'acqua (Napoli è anche mare) che simboleggia cambiamento e rinascita, e la macchina da caffè (stranamente sempre una moka e mai la tradizionale cuccumella) e il caffè, a Napoli, si sa è un rito; e seguiamo così le peripezie dei due, coadiuvati da Rita (Valeria Golino), amante di vecchia data di Peppino cui ha sempre rimproverato di non voler cambiare vita. Sarà questa l'occasione, perché il vecchio killer apparteneva alla vecchia guardia (siamo nel periodo appena precedente le guerre di camorra che avrebbero portato alla vittoria della NCO di Raffaele Cutolo) e viveva la sua condizione di membro subordinato con una propria etica professionale e fedele a un codice d'onore che è stato tradito proprio da chi era ai vertici della famiglia d'appartenenza. Il film abbonda di sparatorie che sono in realtà vere e proprie coreografie che farebbero la gioia di Quentin Tarantino, che sicuramente apprezzerà, e non manca di colpi di scena, soprattutto quello finale, quando Peppino e Rita si trovano ormai da tempo sull'immaginaria isola di Parador, da qualche parte tra i Caraibi e l'America del Sud, e l'ex guappo racconta al barbiere italiano, che vi è emigrato già dal Dopoguerra, l'esito di quella resa dei conti. Vivamente consigliato: se il film vi dovesse sfuggire, segnalo che ne è appena uscito il DVD!
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