"L'onore perduto di Katharina Blum", adattamento di Letizia Russo dal romanzo di Heinrich Böll. Con Elena Radoncich, Peppino Mazzotta, Francesco Migliaccio, Ester Galazzi, Maria Grazia Plos, Riccardo Maranzana, Jacopo Morra, Emanuele Fortunati. Regia di Franco Però; scene di di Domenico Franchi, costumi di Andrea Viotti; Luci di Pasquale Mari. Produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Catania. Al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, il 20 dicembre
Ottima e quanto mai attuale, in epoca di fake news a go-go e in cui sarebbe il caso di mettere in discussione il modo di fare informazione, l'idea di portare in scena, adattandolo in un atto unico dal ritmo incalzante, il romanzo-pamphlet del Premio Nobel Heinrich Böll, scritto nel 1974 (l'anno successivo ne era stato tratto un film di successo diretto da Volker Schlöndorff e Margarethe von Trotta), nel pieno degli "anni di piombo" in versione tedesca, quando l'intera Germania era andata in paranoia per le azioni della Rote Armme Fraktion, più ancora che nell'Italia dove erano attive le Brigate Rosse, fomentata dalla stampa scandalistica e reazionaria, in testa la Bild Zeitung, ancora oggi il quotidiano più letto nel Paese e il più venduto in tutta Europa, appartenente al gruppo Springer. Colonia, mercoledì 20 febbraio, alla vigilia del famoso Carnevale delle donne: Katharina Blum, un'irreprensibile governante di una famiglia di professionisti progressisti, mentre i suoi datori di lavoro si prendono una vacanza, per una volta si lascia andare e partecipa a una festa da ballo che si tiene in casa della madrina, dove incontra per caso Ludwig Göttes, che ignora essere un rapinatore sospettato di terrorismo, se ne innamora e trascorrono la notte insieme nell'appartamento di lei. Al risveglio lui chiede di aiutarlo a scappare e lei gli indica una via di fuga dalla casa circondata dalla polizia: quel che succede da lì nei quattro giorni successivi, lo racconta, in flash back e ripercorrendo cronologicamente gli eventi, in un crescendo di palate di merda gettatale addosso dal turpe pennivendolo Werner Tötges, lo racconta la stessa protagonista, in scena per le due intere ore dello spettacolo, interpretata dalla brava quanto bella Elena Radoncich, dal momento in cui si costituisce dopo aver ucciso il giornalista, vendicandosi per le nefandezze e falsità che, per qualche copia in più, ha pubblicato dando in pasto ai lettori famelici di gossip e maldicenze la sua vita, manipolando i fatti e infangando non solo l'onore della giovane donna ma anche di ciò che rimane della sua famiglia e delle sue conoscenze, perché la campagna di denigrazione non si limita a colpire lei, con la polizia che non è in grado e non intende proteggerla, ma anche altri ambienti, ovviamente di sinistra e critici nei confronti di uno Stato sempre più repressivo: quel che appunto succedeva in Germania negli anni Settanta. L'allestimento è estremamente efficace: in una scena molto ben disegnata e realistica, suddivisa in spazi comunicanti da cui si esce ed entra non solo fisicamente ma anche temporalmente, via via salotto, camera di sicurezza in questura, stanza da letto, cucina e cella di un carcere, si incrociano interrogatori sempre più stringenti, il racconto di Katharina, le telefonate del pusillanime Tötges e le sue intrusioni nella privacy del prossimo (si fingerà perfino imbianchino pur di arrivare alla madre morente di Katharina, malata terminale in ospedale), i dialoghi della coppia per cui lavora la vittima degli scoop sempre più urlati, avvocato lui e architetto lei, i tentativi di un ricco costruttore di non rilevare che era lui il "visitatore maschile", mai denunciato da Katharina, che la ossessionava dandole il tormento pur di riceverne i favori. Come la violenza può svilupparsi e dove può portare era il sottotitolo quanto mai puntuale del romanzo di Böll, ma è anche una storia d'amore, che nasce dalla disponibilità di Katharina di uscire dagli schemi che si era imposta per dare ordine e sicurezza a una vita che poco le aveva dato, dalla sua generosità e onestà e dalla sua presa di socienza. Ottima prestazione della compagnia stabile del Friuli Venezia Giulia, con tutti gli interpreti perfettamente adatto al ruolo, su tutti a mio avviso Franco Migliaccio in quello del commissario di polizia, e la conferma delle qualità attoriali della Radoncich e di Peppino Mazzotta, fin qui volti noti di popolari serie TV come Montalbano e del cinema.
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