"La scelta di Anne" (L'Événement) di Audrey Diwan. Con Anamaria Vartolomei, Kacey Mottet Klein, Luàna Bajrami, Luoise Orry Diquero, Louise Chevillotte, Pio Marmaï, Anna Mouglalis, Sandrine Bonnaire, Fabrizio Rongione, Julien Frison, Alice de Lencquesaing e altri. Francia 2021 ★★
Se l'assegnazione della Palma d'Oro a un film inguardabile come Titane non sorprende, con una giuria presieduta da un imbecille notorio come Spike Lee (ancora più imbecille chi gliel'ha affidata), stupisce invece quella del Leone d'Oro, dove in quel ruolo era stato chiamato Bong Joon-ho, autore del magnifico Parasite, per citarne uno, a un ennesimo film francese, diretto anche questo da una donna, soprattutto considerando che in concorso ce ne erano almeno altri due nettamente più meritevoli, Qui rido io e Freaks Out (su E' stata la mano di Dio non mi esprimo, non essendo ancora uscito nelle sale), che però probabilmente avevano il difetto di essere italiani, e noialtri non siamo così abili come i cugini d'Oltralpe a vendere merda come se fosse oro: pagando ancora una volta la sudditanza psicologica che induce la loro irriducibile arroganza intellettuale (e non solo). La scelta di Anne, tratto dal romanzo autobiografico L'Événement di Annie Ernaux, in cui l'autrice racconta la sua esperienza, è la cronistoria, scandita di settimana in settimana, fino alla 12ª di gravidanza, di un aborto clandestino voluto e ottenuto da una ragazza di 22 anni in un'epoca, il 1963, quando procurarlo o procurarselo era un reato per cui si finiva in carcere, e la parola stessa era impronunciabile pubblicamente e perlopiù anche in privato. Un film fortemente ideologico, che racconta un dramma (il solo doverlo prendere in considerazione lo è per ogni donna) in modo obiettivo e fin troppo esplicito: trovo francamente eccessivo e macabro fare assistere lo spettatore all'espulsione del feto da parte della ragazza seduta sul cesso e al taglio del cordone ombelicale con una forbice da cucina, così come ritengo inutile ed eccessivamente compiaciuta una sorta di lezione dettagliata di masturbazione al femminile montando un cuscino da parte di un'amica e coetanea della protagonista, perennemente infoiata ma incapace di darle un consiglio e aiutarla a trovare una soluzione. Perché Anne, una ragazza che studia letteratura all'università perché vuole fortemente diventare scrittrice e uscire dall'ambiente modesto della sua famiglia, che gestisce un'osteria (attività peraltro benemerita come poche altre) fin da quando scopre di essere incinta rifiuta quella gravidanza non voluta per non compromettere irrimediabilmente il proprio futuro. La telecamera la segue passo per passo nelle sue giornate sempre più angosciate alla ricerca di una soluzione, fra medici che si rifiutano di aiutarla (uno le prescrive surrettiziamente perfino un farmaco che rafforza il feto), ragazzi che si dileguano o se ne approfittano, amiche (tranne una) che non sanno cosa dirle; la soccorrerà un giovane con cui è in confidenza, un pompiere accasermato vicino al dormitorio che ospita Anne, che la manda da un'amica che a sua volta era ricorsa a una "mammana" di fiducia, e la protagonista, la brava (lei sì) Anamaria Vartolomei, è quasi sempre in primo piano: inquadrature à la Dardenne, ha scritto qualcuno. Bene: obiettività, crudezza, ma alcune cose rimangono poco credibili. Una ragazza di 22 anni che si abbevera a Sartre (e quindi si suppone anche alla Beauvoir), e quindi presumibilmente di idee progressiste, cresciuta in una famiglia che quotidianamente ha a che fare col pubblico, non è plausibile che nemmeno all'epoca non avesse un minimo di cognizione di causa sul rischio di rimanere incinta senza l'uso del preservativo e sui meccanismi della gravidanza; ancora meno che ci impiegasse più di due mesi a trovare una soluzione: non in un Paese che già ai tempi si dipingeva, per quanto dotato di una legislazione retriva quanto quella nostrana fino al 1978, come sessualmente spregiudicato. , nemmeno Anne. Lo scavo psicologico dei personaggi è pari a zero e nessuno dei personaggi suscita un minimo di empatia, nemmeno Anne: risultano tutti degli stronzi il che, essendo francesi, non gli riesce particolarmente difficile, pertanto la credibilità è totale. Un appunto alla regista: ai tempi, comunque, le ragazze non si depilavano le ascelle e nemmeno si "scolpivano" il cespuglio dei peli pubici. Insomma: passi per il pugno nello stomaco, che è intenzionale, ma cinematograficamente non ci siamo proprio. Meno che mai con un premio un tempo prestigioso.
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