"3/19" di Silvio Soldini. Con Kasia Smutniak, Francesco Colella, Caterina Forza, Paolo Mazzarelli, Martina de Santis, Antonio Zavatteri, Ana Ferzetti, Arianna Scomegna, Giuseppe Cederna e altri. Italia 2021 ★★★+
Piuttosto snobbato dalla critica professionista, a me quest'ultimo film di Soldini, sempre un gradito ritorno, è piaciuto per diversi motivi. Camilla, un'avvocata d'affari di successo, in procinto di essere "elevata" a partner dello studio di squali in cui lavora, la brava Kasia Smutniak nei panni di una tipica milanesoide in carriera, che vive in una sfera totalmente distaccata dalla realtà (ma che su di essa ha effetti devastanti), una sera viene investita da uno scooter montato da due ragazzi: lei si rompe un braccio, quello alla guida scappa ma l'altro cade, va a sbattere e muore. Non ha documenti, è palesemente un immigrato clandestino, di origine mediorientale, e la polizia non riesce a dargli un nome (3/19 è la sigla burocratica che indica il terzo cadavere non identificato nel corso di quell'anno divenuto nefasto per il Covid): presa da una crisi di coscienza, la donna inizia per conto suo un'indagine per scoprirne l'identità. Caparbia com'è anche nella sua attività, ci riuscirà con l'aiuto del direttore dell'obitorio, Bruno (Francesco Colella) ma la strada sarà lunga e i parametri mentali della donna cambieranno radicalmente dopo questa esperienza. Come spesso accade nei film di Soldini, un evento imprevisto cambia la prospettiva delle cose e il modo di vederle da parte del protagonista, e quella che parte come un'indagine su chi era la sfortunata vittima dell'incidente si tramuta altresì in un viaggio alla ricerca di sé stessi e della propria, di identità, che non a caso si conclude a sua volta con un viaggio fisico, e non mentale, alla ricerca di un luogo adatto alla sepoltura della salma del ragazzo. Camilla è la classica quarantenne assatanata dal lavoro, divorziata, con una figlia ventenne, Adele, di cui non sa assolutamente nulla, totalmente assorbita dalla sfera della finanza dove tutti parlano quell'orrido gergo ibrido anglo-italiano da bancari e legulei, gente di merda, avida, che in testa ha solo numeri e ragiona unicamente in termini di logiche di potere (ne abbiamo uno a capo del governo), relazioni di merda, che vive in case lussuosamente algide e anonime arredate col loro tipico gusto di merda, peggio e più cretini perfino dei militari per professione e vocazione: un universo parallelo. La botta (anche fisica) la riporta a contatto con la realtà, anche attraverso il rapporto che si sviluppa con Bruno, il dirigente comunale che l'aiuta nella ricerca, e si ricrea con la figlia Adele una volta che quest'ultima la manda affanculo e se ne esce di casa per vivere e mantenersi per conto suo, così Camilla scoprirà di non essere stata sempre così arida, e che anche lei ha da recuperare qualcosa da un passato che, per paura, ha evitato di affrontare. Soldini, che è milanese, sa descrivere bene la razza arraffona che ha preso piede nella città riducendola a quel posto alienante e squallido che è diventata man mano negli ultimi quarant'anni, dove la gente vive nell'indifferenza totale di quel che le succede intorno, imbesuita da una frenesia immotivata, un movimento continuo a riempire il vuoto. E', anche, un film sulla responsabilità, verso il prossimo quanto nei confronti di sé stessi. Sotto forma di giallo, e non importa quanto certe situazioni siano inverosimili: i lavori di questo regista hanno sempre un tocco surreale e delle atmosfere sospese o enigmatiche. Insomma, a mio parere film onesto, ben recitato e ben girato, che funziona.
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