"Antigone" di Sophie Deraspe. Con Nahéma Ricci, Rachida Oussaada, Nour Belkhiria, Rawad El-Zein, Hakim Brahimi, Antoine DesRochers e altri. Canada 2019 ★★ 1/2
Originale l'idea di adattare, pur con alcune variazioni sostanziali, la tragedia di Sofocle, scritta quasi 2500 anni fa, a una situazione attuale, peraltro ricavata da una vicenda realmente accaduta in Canada alcuni anni fa: del resto si chiamano classici proprio perché sono attuali, e sull'animo, le pulsioni più profonde dell'uomo e la sua psicologia gli antichi greci ne sapevano esattamente quanto noi al giorno d'oggi, ma con idee decisamente meno confuse. La regista e sceneggiatrice Sophie Deraspe ne ha conservato i nomi, applicandoli alla famiglia degli Ippomeni, rifugiati magrebini o mediorientali residenti già da una quindicina d'anni a Montréal ma che non hanno ancora ricevuto la cittadinanza: accolti, insomma, ma non tutelati. Si tratta di quattro ragazzi, due maschi e due femmine, che hanno perso i genitori e sono giunti nel Paese nordamericano assieme alla nonna, che tutt'ora non parla né l'inglese né il francese, mentre i più giovani sono perfettamente "integrati". Si fa per dire, ovviamente: alla francese (o alla belga): cioè relegati nelle banlieue (e infatti il film ha cadenze franco-belghe, anche se lievemente meno lugubri), con i maschi che operano in una gang di piccoli criminali e una delle ragazze che fa la sciampista. Fa eccezione Antigone, che non a caso è anche quella che ha l'aspetto nettamente più quebecois dei quattro Ippomenes, studentessa modello, all'ultimo anno di liceo e con ottime probabilità di vincere una borsa di studio che le permetta di frequentare l'Università: sarà lei che deciderà di sostituirsi, durante un colloquio in carcere, al fratello Polinice, arrestato per aver aggredito il poliziotto che aveva sparato al fratello maggiore Eteocle durante un controllo in una strada del "Quartiere", uccidendolo, per salvarlo dalla sicura espulsione dal Paese che grava su di lui, già carico di precedenti penali. Incurante del rischio che corre di mettere a repentaglio il suo futuro, a cominciare dall'ottenimento della cittadinanza, Antigone affronta il processo e la "legge degli uomini" dichiarandosi colpevole e facendo prevalere le ragioni del cuore (e della famiglia) su quelle della legalità nonché della convenienza: nella tragedia di Sofocle si tratta del diritto alla sepoltura dei fratelli, qui si tratta della dignità per uno, Eteocle, e della salvezza per l'altro, Polinice che, se rimpatriato, rischierebbe la vita. Il suo slancio e la sua generosità diventano "virali", come si usa dire, coinvolgono i suoi compagni di studi, poi le compagne del carcere minorile dov'è rinchiusa, comprese alcune assistenti, quindi una massa di giovani e meno giovani che avviano una campagna a suo favore, coinvolgendo perfino un politico di spicco in un primo momento diffidente: sorde, o quasi, rimangono le istituzioni e i suoi rappresentanti, trinceranti dietro a quello che stabiliscono i codici e le procedure. Insomma niente di nuovo sotto il sole, ciò ci cui parla il film è, alla fine, il rapporto fra individuo e autorità. La pellicola è girata discretamente, brava ed espressiva soprattutto Nahéma Ricci nella parte della protagonista, ma per il resto non è entusiasmante: la cupezza e l'impressione di trovarsi davanti a una realtà di alienati con seri problemi di comunicazione rimane, come in altri film franco-canadesi (o franco-belgi), e non contribuisce a suscitare empatia per alcuno dei personaggi. E per fortuna che questa volta non mi è toccato vedere il film in lingua originale, perché non avrei retto alla prova.
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