"I giganti" di Bonifacio Angius. Con Bonifacio Angius, Stefano Deffenu, Michele Manca, Riccardo Bombagi, Stefano Manco, Francesca Niedda, Noemi Medas, Roberta Passaghe, Mila Angius. Italia 2021 ★★★★★
Sono grato all'intuito di non essermi perso, nei pochi giorni in cui è rimasto nelle sale, questo film sorprendente, per me che non ne conoscevo l'autore, incuriosito dal fatto che fosse inequivocabilmente sardo (anche se parlato in italiano, e sempre in maniera del tutto comprensibile, al di là dell'accento insopprimibile) oltre a essere stato l'unico film italiano in concorso all'ultimo Festival di Locarno, uno dei pochi davvero credibili rimasti in circolazione. Il titolo si ispira alle tumbas de los mannos, tombe dei giganti, fosse collettive di cui è disseminata l'isola, che qui sono invece dei perdenti, un gruppo di quattro amici che si raduna nella decadente casa situata in una vallata dispersa e davanti a una strada poco trafficata, abitata dal quinto, Stefano (Deffenu), diventato praticamente afasico dopo una delusione amorosa, che ripeta come un mantra che “le persone dicono una cosa e ne fanno un'altra”, per certi versi il motivo conduttore della pellicola. Si tratta di una rimpatriata di amici sulla quarantina, salvo il fratello più giovane di uno di loro, dopo un lungo periodo in cui non ce n'era stata l'occasione (lock down da Covid?) ad altissima tossicità fra droghe di ogni genere e alcol, fornite in particolare da Andrea (Manca), all'apparenza il più ben disposto e allegro di tutti mentre in realtà è il più sgangherato, incapace di farsi prendere sul serio perfino da un paio di prostitute che ha convocato per l'occasione; gli altri due sono Massimo (Angius) e Piero (Manco), un attore il primo, disperato per non poter più vedere la figlia dopo la separazione dalla moglie; un politico intrallazzone l'altro, che rivangano sul passato; il più giovane (Bombagi) inizialmente sembra avere il ruolo di una sorta di coscienza critica, lontano dalla beghe degli altri, che emergono in modo per niente chiaro dai loro discorsi, resi tortuosi dall'abuso delle sostanze ma che sono lasciate bene intuire, però alla fine coinvolto nel vortice autodistruttivo che ha intrappolato gli altri. Per un incidente, o un malore, Andrea scopre che il padrone di casa è esanime nel suo letto, cadavere, e da lì si scende insesorabilmente nell'abisso che si intuiva stesse preparandosi già dalla prima scena, logica e inevitabile conseguenza dei fallimenti che tutt'e quattro si sono rinfacciati e confessati, e soprattutto della presenza di una pistola che, come diceva Cechov, se si trova all'interno di un romanzo, in questo caso una sceneggiatura e, ben carica, sul set, è inevitabile che prima o poi spari. Regia stringata, senza sbavature; durata ridotta all’essenziale: 80 minuti sono il tempo perfetto per mettere in scena questo dramma intenso e che lascia il segno. Gli interpreti sono bravissimi e la colonna sonora di rara efficacia: nella sua dimensione, un film perfetto. Angius un regista, oltre che attore, sceneggiatore e produttore atipico, coraggioso e coerente, da seguire con grande attenzione, totalmente fuori dal coro e dalle convenzioni, che mi ha ricordato, per certi aspetti, lo scomparso Claudio Caligari.
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