"Waiting for the Barbarians" di Ciro Guerra. Con Mark Rylance, Johnny Depp, Gana Bayarsaikhan, Robert Pattinson, Greta Scacchi, Harry Melling, David Dencik, Sam Reid e altri. USA 2019 ★★★½
... e poi si stupiscono di essere regolarmente smentiti: parlo della critica miltonta e sinistrata, che siccome un film come questo non rientra nei suoi canoni, fatti di onanismo mentale e di luoghi comuni estetici quanto di contenuto, che dev'essere obbligatoriamente politicamente corretto, benpensante e farcito di psicologismi da apericena, lo stroncano in favore di un penoso filmetto di produzione nazionale come Guida romantica a posti perduti, "spinto" solo perché presentato a Venezia il mese scorso, nelle "giornate degli autori", e nemmeno in concorso. Solita storia. A smentire questa manica di imbonitori e fuffologhi in malafede bastano i dati: il filmetto della Farina, nello stesso lasso di tempo, ha incassato un quarto di Waiting for the Barbarians (a proposito: per una volta il titolo è stato lasciato in lingua originale. Evento!), 42 mila € contro 175, pur essendo stato proiettato quasi nel doppio delle sale. E giù a dare del "gigione" a Johnny Depp, autore dell'interpretazione esemplarmente asciutta di un colonnello di polizia venuto a fare un sopralluogo in un avamposto di frontiera che ricorda, com'è ovvio, il Deserto dei Tartari di buzzatiana memoria (l'omonimo film di Zurlini è del 1976); ma se Clive Owen si rende perfino ridicolo nei panni del classico alcolizzato in stile brit tutto va bene, Madama la Marchesa; soprattutto dimenticando quella magistrale di Mark Rylance, che questi coglioni probabilmente ignorano chi sia, nei panni del Magistrato che da anni provvede ad amministrare una realtà di frontiera, dentro e fuori dalla fortezza che costituisce l'avamposto e simbolo dell'Impero che è chiamato a rappresentare, riuscendovi con successo perché da un lato conosce bene le esigenze e il modo di pensare dei cittadini che è chiamato a governare, tra l'altro un bell'amalgama di gente meticciata e non facilmente etichettabile; dall'altro perché invece di pensare di "fare i conti" con le tribù nomadi che minaccerebbero la frontiera (i "tartari" della situazione), occupa il suo tanto tempo a disposizione per conoscerne la cultura, studiando reperti archeologici a loro stessi sconosciuti ed entrandovi in contatto esponendosi personalmente al rischio: un eroe, e l'unico, vero, protagonista del racconto. Assieme all'altrettanto brava (e bella) Gana Bayarsaikhan, nei panni di una ragazza, torturata dai poliziotti del colonnello Joll (Depp). Pellicola ambientata, in modo estremamente realistico, tra Ottocento e Novecento, in un qualche avamposto desertico situabile tra Medio Oriente e Asia Centro-Meridionale. La situazione ricorda da vicino il crollo dell'Impero Austroungarico, più di quello Ottomano, dovuto soltanto alla follia suicida dei suoi apparati militari e non certo all'apparato statale che garantiva ai suoi variegati cittadini di diverse nazionalità una coesistenza se non altro basata sulla certezza del diritto e di una burocrazia efficiente. La vicenda raccontata è coinvolgente, con la sua parte mélo che non guasta, però mai esasperata nei toni; la sceneggiatura è all'altezza; la caratterizzazione dei personaggi precisa; la fotografia, soprattutto, di prim'ordine. Aggente non è sempre cretina quanto vorrebbero i pennivendoli e gli agit-prop di professione. Addestra come asinistra.
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