lunedì 5 ottobre 2020

Roubaix, una luce nell'ombra

"Roubaix, una luce nell'ombra" (Roubaix, une lumière) di Arnaud Desplechin. Con Roschdy Zem, Léa Seydoux, Sara Forestier, Antoine Reinartz, Chloé Simoneau, Betty Cartoux, Jérémy Brunet, Stéphane Duquenoy, Philippe Duquesne e altri. Francia 2019 ★★★★

A dispetto del titolo, ce n'è ben poca, di luce, in questo polar francese dalle tinte livide, fredde, che dominano questa città di antica industrializzazione nel Nord-Est della Francia, ai confini col Belgio, già nota come la Manchester francese, oggi in piena decadenza e conosciuta soltanto per la sua "classica" ciclistica, che ha dato i natali al regista. Che ne ritrae l'essenza e degrado, economico e sociale, ispirandosi a Roubaix, commissariat central, un documentario del 2008 che raccontava un fatto di cronaca avvenuto nel 2002. E' la notte di Natale quando il commissario Daoud, algerino d'origine, prende servizio segnalando un'automobile che ha preso fuoco: è questa la prima gatta da pelare durante il suo turno, affiancato dalla nuova recluta, Louis, fresco di diploma all'accademia di polizia, insieme a una serie di altri reati di ordinaria amministrazione, come una rissa durante la cena natalizia, un tentativo di truffa a un'assicurazione (le denuncia del tipo che con ogni probabilità ha incendiato la macchina che Daoud aveva visto bruciare mentre arrivava in centrale), lo stupro di una ragazza in un sottopassaggio; ma è sulla morte di un'anziana signora trovata strangolata nel suo letto che si concentra l'attenzione dei due poliziotti e dell'intera squadra investigativa, e i sospetti cadono immediatamente su una coppia di ragazze sui trent'anni, Marie e Claude, quest'ultima con un figlio piccolo, alcolizzate e abbrutite, che vivono di mezzucci in un quartiere mieserabile. Vengono dapprima interrogate a domicilio, anche perché sono state loro a chiamare la polizia, nel tentativo di confondere le acque, poi fermate e portate in questura, nuovamente messe sotto torchio prima separatamente e poi costrette a un drammatico confronto in due tappe: durante un sopralluogo sul luogo del delitto, dove vengono costrette a ricostruire i movimenti fatti durante la loro presenza nell'abitazione della vittima (prima negata), e poi ancora al commissariato. Ovviamente con tutti i rituali del caso, con l'alternanza tra il poliziotto buono e quello cattivo, tra lusinghe e minacce verbali, ma centrale è la figura del commissario Daoud, carismatica e apprezzata da tutti i suoi sottoposti, funzionario di grande intuito proprio perché conosce come le sue tasche la città e l'umanità che la abita, compreso lui che non ha voluto abbandonarla nemmeno quando tutta la sua famiglia ha deciso di tornare in Algeria. Si impara a conoscerlo attraverso le sue domande, il modo di fare e di porsi, senza mai giudicare ma cercando di capire le situazioni, le persone e la loro vita, capace di mettersi nei panni dei disgraziati con cui ha a che fare e facendo di tutto  per aiutarli, per quanto possibile. Impariamo a conoscere Daoud, le sue malinconie, la sua passione per i cavalli; Louis e la sua ammirazione per il capo; gli altri poliziotti attraverso gli schizzi dei loro caratteri; le due ragazze che hanno sbagliato ogni scelta nella loro esistenza; una città senza futuro. Un gran bel film, con interpreti di prim'ordine, sopratutto Roschdy Zem (Daoud), Léa Seydoux (Claude), Sara Forestier (Marie); una fotografia cupa e splendida, un ritmo incalzante. Da vedere. Il noir-poliziesco francese al suo meglio, in versione sociologica ma senza mettersi in cattedra a dare lezioni.

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