domenica 25 ottobre 2020

I predatori

"I predatori" di Pietro Castellitto. Con Massimo Popolizio, Manuela Mandracchia, Pietro Castellitto, Giorgio Montanini, Dario Cassini, Anita Caprioli, Antonio Gerardi, Marzia Ubaldi, Nando Paone, Vinicio Marchioni e altri. Italia 2020 ★★★★

Ammetto di essere prevenuto nei confronti dei "figli d'arte", tantopiù pensando all'ambientino romanesco che ruota attorno al cinema, per cui sono rimasto ancor più piacevolmente sorpreso dallo scoppiettante esordio alla regìa del primogenito di Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini (certo siamo distanti dal mondo dei muccinos...), con un film surreale e beffardo che a buon titolo si rifà alla migliore e celebrata commedia all'italiana, penso a Monicelli o Salce, per fare due nomi d'eccellenza, aggiornandola senza tradirla, giocando, il giusto e senza diventare ripetitivo, sul tono grottesco e senza scadere nel dozzinale e nel pecoreccio. Il film ha un andamento circolare iniziando dalla fine, ma ce ne si rende conto, toh, proprio quando la pellicola sta per terminare e si capisce perché lo straniante piano-sequenza che apre la pellicola mostri un'ambientazione nordica e non mediterranea. Ci si trova infatti nella cittadina tedesca in cui sono tumulate le spoglie di Friedrich Nietzsche, dove finirà lo stralunato protagonista, Federico Pavone, interpretato dallo stesso Pietro Castellitto, assistente di uno stravagante barone universitario napoletano con cattedra alla Sapienza di Roma che intende riesumare il corpo del filosofo tedesco per avvalorare una sua qualche strampalata teoria. Non sto qui a raccontare la trama che, apparentemente complessa, ha invece una sua linearità e coerenza benché il racconto si dipani su più fili, che tuttavia, per la bravura e padronanza del mezzo dell'autore e regista (nei crediti, per burla, appare come sceneggiatrice Ludovica Pensa, ossia colei che nella finzione è la madre di Federico, regista cinematografica ai ferri corti con la produzione di un film, interpretata da Manuela Mandracchia) che, in sostanza, presenta una galleria di "Nuovi Mostri" aggiornata alla seconda decade del secondo Millennio, mettendo a confronto e facendo entrare in contatto, per una pura casualità e senza insisterci sopra, i mondi di due coppie di famiglie romane: due appartenenti alla borghesia professionale dei Parioli o di Prati, pseudo progressista e terrazzata, che costituisce la base elettorale del PD e due al sottoproletariato fascistoide che vive sul litorale Ostiense: nostalgici più per tradizione famigliare che per convinzione benché si tratti del gestori di un'armeria e di un poligono di tiro abusivo, in realtà i due fratelli e le relative mogli e figli sono di fatto schiavi di uno zio delinquente e paranoico (Antonio Gerardi: inquietante) e dei bonaccioni, insomma dei "duri" da operetta. Esilaranti sono i ritrovi e i rituali delle due apparentemente opposte realtà: i due medici amici (Popolizio, il padre di Federico e il logorroico collega con la moglie bella e infedele), professionisti strapagati che in quanto a cialtroneria non sono da meno del loro corrispettivo borgataro, tutto un universo a due facce della stessa medaglia che trasuda menefreghismo, stupidità, vanagloria, ignoranza, a cui si può solo sfuggire con la follia e la stravaganza. Che è un po' quello che ha l'occasione di fare Federico e che suggerisce, in fondo, il suo alter ego nella realtà della finzione, ossia Pietro Castellitto. A me il film è piaciuto molto: mi ha divertito e rilassato, il ritmo è quello giusto, senza scarti e strappi nonostante i continui cambi di scena e di contesto, la mano dietro la cinepresa lodevolmente sicura, il cast azzeccato e affiatato. Spero che il giovane regista romano continui a sorprenderci: le qualità le ha tutte. 

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