"Boy Erased - Vite cancellate" di Joel Edgerton. Con Lucas Hedges, Nicole Kidman, Russell Crowe, Joel Edgerton, Flea e altri. USA 2018 ★★
Il tema è serio: l'oscurantismo e la paranoia degli adepti di certe congreghe religiose cristiane molto diffuse negli USA; la storia da cui è tratto, vera; il cast, almeno in teoria, d'eccellenza, ma il risultato è deludente e il film fiacco. Un peccato, perché mette il dito in una piaga: in 36 Stati del Paese delle Libertà è tuttora consentito che esistano delle strutture in mano a istituzioni religiose e dirette da invasati e ciarlatani che operano come centri di recupero per "deviati" di varia natura: omosessuali anche solo potenziali (col risultato di diventarlo del tutto, come in questo caso); ludopatici, alcolisti, drogati, maniaci sessuali (o presunti tali), dove durante la "cura" ai degenti viene impedito di comunicare all'esterno, e soprattutto, di divulgare i metodi con cui si provvede a riportarli sulla retta via, che vanno dalla violenza psicologica alle pene corporali. Un percorso che il protagonista, Jared, un diciottenne socievole e confusamente attratto dai coetanei, figlio di un predicatore battista e della sua improbabile moglie, intraprende volontariamente dopo che ha confessato le sue tendenze al padre e questi si è consultato con i maggiorenti della comunità battista di una città dell'Arkansas (The Land of Opportunities: così recita la targa automobilistica dello Stato: come no...), tutti convinti che l'omosessualità sia una patologia e non frutto di una libera scelta. Ché poi, solo a vedere il quadretto di una famiglia in cui la comunicazione è forzatamente azzerata, col padre monomaniacale e una madre improbabile, che solo per come si concia spiega come mai un ragazzo normalissimo, avendola come modello femminile, reprima qualsiasi tentazione eterosessuale, tutto si spiega, meno che ne esca un ragazzo sensibile e intelligente. Che proprio per queste sue caratteristiche si ribellerà alle angherie cui il curandero, una specie di guru senza alcuna formazione scientifica la cui terapia consiste in demenziali citazioni dalla Bibbia, sottopone i "malati" e abbandonerà il programma "Rifugio" con l'appoggio della madre, affrontando finalmente il padre. Siccome siamo in Ammeriga, il Land of Opportunities più in grande e per definizione, Jared diventerà uno scrittore di una certa fama, il padre rivedrà i suoi preconcetti, la madre andrà avanti a vestirsi come la caricatura di un puttanone e poi tutti vissero felici e contenti. La cosa più divertente, e prevedibile, è che il terapeuta sadico, nella realtà, lascerà la congregazione e si sposerà, in un altro Stato, con un uomo. Spiace per gli sforzi di Joel Edgerton, attore australiano alla sua seconda regia, che in questa occasione si è anche cimentato nel ruolo del cattivo cavandosela egregiamente come del resto Lucas Hedges (già apprezzato in Grand Hotel Budapest e Manchester by the Sea) nella parte di Jared, ma il film risulta poco convincente e questo proprio per colpa della prestazione delle due star, provenienti dall'Oceania come lui, chiamate a fare da specchietto per le allodole: Nicole Kidman sempre più plastificata e irrigidita al punto che il suo volto non è più in grado di comunicare alcuna espressione, nel ruolo di una madre quarantenne agghindata in maniera ridicola perfino per certe pensionate settantenni a Miami, e un Russell Crowe imbolsito come non mai a farle da degno consorte, entrambi deprimenti se non fossero ridicoli. Quando la scelta di ingaggiare due stelle di Hollywood trasforma una pellicola altrimenti dignitosa e pure istruttiva in un flop.
Il tema è serio: l'oscurantismo e la paranoia degli adepti di certe congreghe religiose cristiane molto diffuse negli USA; la storia da cui è tratto, vera; il cast, almeno in teoria, d'eccellenza, ma il risultato è deludente e il film fiacco. Un peccato, perché mette il dito in una piaga: in 36 Stati del Paese delle Libertà è tuttora consentito che esistano delle strutture in mano a istituzioni religiose e dirette da invasati e ciarlatani che operano come centri di recupero per "deviati" di varia natura: omosessuali anche solo potenziali (col risultato di diventarlo del tutto, come in questo caso); ludopatici, alcolisti, drogati, maniaci sessuali (o presunti tali), dove durante la "cura" ai degenti viene impedito di comunicare all'esterno, e soprattutto, di divulgare i metodi con cui si provvede a riportarli sulla retta via, che vanno dalla violenza psicologica alle pene corporali. Un percorso che il protagonista, Jared, un diciottenne socievole e confusamente attratto dai coetanei, figlio di un predicatore battista e della sua improbabile moglie, intraprende volontariamente dopo che ha confessato le sue tendenze al padre e questi si è consultato con i maggiorenti della comunità battista di una città dell'Arkansas (The Land of Opportunities: così recita la targa automobilistica dello Stato: come no...), tutti convinti che l'omosessualità sia una patologia e non frutto di una libera scelta. Ché poi, solo a vedere il quadretto di una famiglia in cui la comunicazione è forzatamente azzerata, col padre monomaniacale e una madre improbabile, che solo per come si concia spiega come mai un ragazzo normalissimo, avendola come modello femminile, reprima qualsiasi tentazione eterosessuale, tutto si spiega, meno che ne esca un ragazzo sensibile e intelligente. Che proprio per queste sue caratteristiche si ribellerà alle angherie cui il curandero, una specie di guru senza alcuna formazione scientifica la cui terapia consiste in demenziali citazioni dalla Bibbia, sottopone i "malati" e abbandonerà il programma "Rifugio" con l'appoggio della madre, affrontando finalmente il padre. Siccome siamo in Ammeriga, il Land of Opportunities più in grande e per definizione, Jared diventerà uno scrittore di una certa fama, il padre rivedrà i suoi preconcetti, la madre andrà avanti a vestirsi come la caricatura di un puttanone e poi tutti vissero felici e contenti. La cosa più divertente, e prevedibile, è che il terapeuta sadico, nella realtà, lascerà la congregazione e si sposerà, in un altro Stato, con un uomo. Spiace per gli sforzi di Joel Edgerton, attore australiano alla sua seconda regia, che in questa occasione si è anche cimentato nel ruolo del cattivo cavandosela egregiamente come del resto Lucas Hedges (già apprezzato in Grand Hotel Budapest e Manchester by the Sea) nella parte di Jared, ma il film risulta poco convincente e questo proprio per colpa della prestazione delle due star, provenienti dall'Oceania come lui, chiamate a fare da specchietto per le allodole: Nicole Kidman sempre più plastificata e irrigidita al punto che il suo volto non è più in grado di comunicare alcuna espressione, nel ruolo di una madre quarantenne agghindata in maniera ridicola perfino per certe pensionate settantenni a Miami, e un Russell Crowe imbolsito come non mai a farle da degno consorte, entrambi deprimenti se non fossero ridicoli. Quando la scelta di ingaggiare due stelle di Hollywood trasforma una pellicola altrimenti dignitosa e pure istruttiva in un flop.
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