"Peterloo" di Mike Leigh. Con Rory Kinnear, Maxine Peake, Pearce Quigley, David Moorst, Rachel Finnegan, Tom Meredith, David Bamber, Tim McInnerny, Teresa Mahoney, Nico Mirallegro, Karl Johnson, Leo Bill, Ben Thorpe, Philip Jackson e altri. GB 2018 ★★★½
Inverosimile uscire delusi dalla visione di due film britannici in fila, a meno di andarsi a cercare i flop col lanternino, e infatti Peterloo, che rievoca il massacro di St. Peter's Field a Manchester, in cui persero la vita 15 persone per le violenze con cui Guardia Nazionale e Cavalleria dell'Esercito Reale repressero una manifestazione di sessantamila persone, soprattutto operai, per chiedere il suffragio universale e il diritto di rappresentanza per ogni regione del Paese avvenuto il 16 luglio del 1819, è tutt'altra cosa rispetto a La conseguenza, anch'esso nella sale in questo periodo. Benché in maniera forse troppo prolissa (la pellicola dura quasi due ore e quaranta minuti), il regista racconta soprattutto gli antefatti di questa vicenda passata alla storia ma poco ricordata, ribattezzata dai giornali dell'epoca Peterloo ricordando la battaglia in cui le truppe guidate dal Duca di Wellington sconfissero definitivamente Napoleone quattro anni prima. E proprio dalla località vallone, ora in Belgio, prende le mosse il film, mostrando il trombettiere Joseph che si aggira stordito sul campo di battaglia fino al suo ritorno nella natìa Manchester, in seno alla sua famiglia di lavoratori nell'industria tessile, allora in pieno sviluppo, in una situazione di crisi per l'introduzione delle tasse sul grano d'importazione che sta riducendo i lavoratori alla fame e in cui stanno prendendo piede le prime rivendicazioni sindacali e politiche, mentre nel parlamento di Londra ci si limita a discutere delle ricche prebende da riconoscere al trionfatore, per l'appunto, di Waterloo. Scampato a quella battaglia, l'incolpevole Joseph perderà la vita in St. Peter's Field, ma Mike Leigh non racconta la sua vicenda, se non marginalmente in forma di parabola, bensì, in dettaglio, i preparativi dell'evento sia dal lato delle organizzazioni dei riformatori, più o meno radicali, alcuni anche piuttosto settari e ispirati a visioni religiose, sia da quello degli eterni detentori del potere, che non solo scrivono le leggi utilizzandole poi a loro vantaggio, ma arrivano al punto di eluderle (sospendendo, come un questo caso, lo habeas corpus, base del sistema costituzionale inglese). Quella di Leigh, però, non è soltanto una ricostruzione storica resa efficace e verosimile attraverso immagini suggestive e una recitazione corale di grande effetto e qualità, bensì, soprattutto, una riflessione sulla parola e l'uso della retorica ai propri fini, per spiegare, convincere, manipolare, condannare, nonché sull'informazione: non a caso la manifestazione fu organizzata da un giornale di Manchester, il termine Peterloo coniato dai giornalisti, anche di testate, come il Times, di altre città presenti e testimoni degli eventi, e una delle figure centrali è Henry Hunt, un proprietario terriero che però sta dalla parte dei riformisti, venuto appositamente da Londra, egocentrico e vanesio, celebre per i suoi discorsi infuocati e coinvolgenti, una specie di star che pretende e ottiene di essere l'unico oratore della manifestazione. Insomma, una questione quanto mai attuale, che ha che vedere con la rappresentanza, la democrazia e, soprattutto la comunicazione. Bravo anche, il regista, a scegliere e far lavorare in sintonia un cast straordinariamente numeroso, eterogeneo, formato da attori a noi per lo più del tutto sconosciuti, capaci di caratterizzare in maniera estremamente credibile e suggestiva i diversi personaggi. Consigliato.
Inverosimile uscire delusi dalla visione di due film britannici in fila, a meno di andarsi a cercare i flop col lanternino, e infatti Peterloo, che rievoca il massacro di St. Peter's Field a Manchester, in cui persero la vita 15 persone per le violenze con cui Guardia Nazionale e Cavalleria dell'Esercito Reale repressero una manifestazione di sessantamila persone, soprattutto operai, per chiedere il suffragio universale e il diritto di rappresentanza per ogni regione del Paese avvenuto il 16 luglio del 1819, è tutt'altra cosa rispetto a La conseguenza, anch'esso nella sale in questo periodo. Benché in maniera forse troppo prolissa (la pellicola dura quasi due ore e quaranta minuti), il regista racconta soprattutto gli antefatti di questa vicenda passata alla storia ma poco ricordata, ribattezzata dai giornali dell'epoca Peterloo ricordando la battaglia in cui le truppe guidate dal Duca di Wellington sconfissero definitivamente Napoleone quattro anni prima. E proprio dalla località vallone, ora in Belgio, prende le mosse il film, mostrando il trombettiere Joseph che si aggira stordito sul campo di battaglia fino al suo ritorno nella natìa Manchester, in seno alla sua famiglia di lavoratori nell'industria tessile, allora in pieno sviluppo, in una situazione di crisi per l'introduzione delle tasse sul grano d'importazione che sta riducendo i lavoratori alla fame e in cui stanno prendendo piede le prime rivendicazioni sindacali e politiche, mentre nel parlamento di Londra ci si limita a discutere delle ricche prebende da riconoscere al trionfatore, per l'appunto, di Waterloo. Scampato a quella battaglia, l'incolpevole Joseph perderà la vita in St. Peter's Field, ma Mike Leigh non racconta la sua vicenda, se non marginalmente in forma di parabola, bensì, in dettaglio, i preparativi dell'evento sia dal lato delle organizzazioni dei riformatori, più o meno radicali, alcuni anche piuttosto settari e ispirati a visioni religiose, sia da quello degli eterni detentori del potere, che non solo scrivono le leggi utilizzandole poi a loro vantaggio, ma arrivano al punto di eluderle (sospendendo, come un questo caso, lo habeas corpus, base del sistema costituzionale inglese). Quella di Leigh, però, non è soltanto una ricostruzione storica resa efficace e verosimile attraverso immagini suggestive e una recitazione corale di grande effetto e qualità, bensì, soprattutto, una riflessione sulla parola e l'uso della retorica ai propri fini, per spiegare, convincere, manipolare, condannare, nonché sull'informazione: non a caso la manifestazione fu organizzata da un giornale di Manchester, il termine Peterloo coniato dai giornalisti, anche di testate, come il Times, di altre città presenti e testimoni degli eventi, e una delle figure centrali è Henry Hunt, un proprietario terriero che però sta dalla parte dei riformisti, venuto appositamente da Londra, egocentrico e vanesio, celebre per i suoi discorsi infuocati e coinvolgenti, una specie di star che pretende e ottiene di essere l'unico oratore della manifestazione. Insomma, una questione quanto mai attuale, che ha che vedere con la rappresentanza, la democrazia e, soprattutto la comunicazione. Bravo anche, il regista, a scegliere e far lavorare in sintonia un cast straordinariamente numeroso, eterogeneo, formato da attori a noi per lo più del tutto sconosciuti, capaci di caratterizzare in maniera estremamente credibile e suggestiva i diversi personaggi. Consigliato.
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