"Ricordi?" di Valerio Mieli. Con Luca Marinelli, Linda Caridi, Gianni Anzaldo, Camilla Diana e altri. Italia, Francia 2018 ★★★½
Introverso ai limiti della depressione, lugubre, tormentato da un cattivo ricordo del passato e incapace di intravedere un futuro lui; espansiva, empatica, solare nonché immersa nel presente e fiduciosa in un futuro tutto da costruire lei; entrambi insegnanti, lui assistente di storia all'università, professoressa al liceo lei, si attraggono per un gioco di compensazioni e complementarietà e vanno a convivere in una vecchia casa, già abitata da lui assieme ai genitori da ragazzino, e che tornerà d'attualità una terza volta quando, dopo essersi lasciati per crescenti sfasamenti e diverso modo di intendere la loro storia, si stanno nuovamente cercando e forse la loro relazione avrà un nuovo inizio. Detta così potrebbe sembrare una storia d'amore classica e il film una commedia romantica dallo svolgimento prevedibile, e invece il secondo film di Valerio Mieli, a distanza di quasi un decennio dal felicissimo esordio di Dieci inverni, è tutto fuorché lineare: un collage di immagini e frammenti di dialoghi avanti e indietro nel tempo che, ammetto, per la prima ventina di minuti mi ha lasciato perplesso, e a un certo punto irritato a chiedermi quando finisse l'introduzione e cominciasse non dico l'azione, ma la vicenda vera e propria fino a prendere in considerazione l'idea di abbandonare la sala e andarmene a casa a dormire. Eppure il senso era proprio quello: ricreare l'aura di sogno che accompagna l'emergere dei ricordi che sono personali anche quando condivisi e influenzati dal proprio stato d'animo e dalla condizione attuale, perché ognuno li elabora a modo suo, come è altrettanto vero che per quanto riguarda la maniera di vivere il momento o la stessa situazione. I due non hanno nome, i luoghi nemmeno, l'unico ad avercelo è il "terzo" incomodo, Marco, amico fin dall'infanzia di lui e nuovo amore, per un certo periodo, di lei. Fra i due protagonisti le parti a un certo punto si invertono: lei si sente fagocitata dal pessimismo e dalla mancanza di fiducia di lui e perde man mano la sua spensierata spontaneità; lui, dopo la fine del loro rapporto cerca di ricostruire cosa andava cercando nelle altre che aveva avuto, fino a tornare a far visita a una fidanzata dell'adolescenza, e man mano riscopre la possibilità e il senso di vivere appieno anche nell'attimo fuggente. Non vi è alcun ordine cronologico e il bello del film è di risultare una sorta di mosaico, peraltro ben assemblato sia per quanto riguarda le immagini, che verrebbe da definire impressioniste, grazie alla fotografia di altissimo livello di Daria D'Antonio, sia del racconto che, per quanto asincrono e frastagliato, rende davvero l'idea di come operi la memoria in ciascuno di noi, ed è questa, non la vicenda amorosa in sé, che è al centro del film e che lo rende un'esperienza in cui qualunque spettatore può ritrovarsi, basta che si lasci andare e coinvolgere, e nel mio caso è stato così nonostante le premesse. Pellicola dunque suggestiva quanto inconsueta, e azzeccata la scelta dei due interpreti: per Marinelli, molto misurato, non si tratta di una novità mentre nel caso di Linda Caridi una piacevole sorpresa.
Introverso ai limiti della depressione, lugubre, tormentato da un cattivo ricordo del passato e incapace di intravedere un futuro lui; espansiva, empatica, solare nonché immersa nel presente e fiduciosa in un futuro tutto da costruire lei; entrambi insegnanti, lui assistente di storia all'università, professoressa al liceo lei, si attraggono per un gioco di compensazioni e complementarietà e vanno a convivere in una vecchia casa, già abitata da lui assieme ai genitori da ragazzino, e che tornerà d'attualità una terza volta quando, dopo essersi lasciati per crescenti sfasamenti e diverso modo di intendere la loro storia, si stanno nuovamente cercando e forse la loro relazione avrà un nuovo inizio. Detta così potrebbe sembrare una storia d'amore classica e il film una commedia romantica dallo svolgimento prevedibile, e invece il secondo film di Valerio Mieli, a distanza di quasi un decennio dal felicissimo esordio di Dieci inverni, è tutto fuorché lineare: un collage di immagini e frammenti di dialoghi avanti e indietro nel tempo che, ammetto, per la prima ventina di minuti mi ha lasciato perplesso, e a un certo punto irritato a chiedermi quando finisse l'introduzione e cominciasse non dico l'azione, ma la vicenda vera e propria fino a prendere in considerazione l'idea di abbandonare la sala e andarmene a casa a dormire. Eppure il senso era proprio quello: ricreare l'aura di sogno che accompagna l'emergere dei ricordi che sono personali anche quando condivisi e influenzati dal proprio stato d'animo e dalla condizione attuale, perché ognuno li elabora a modo suo, come è altrettanto vero che per quanto riguarda la maniera di vivere il momento o la stessa situazione. I due non hanno nome, i luoghi nemmeno, l'unico ad avercelo è il "terzo" incomodo, Marco, amico fin dall'infanzia di lui e nuovo amore, per un certo periodo, di lei. Fra i due protagonisti le parti a un certo punto si invertono: lei si sente fagocitata dal pessimismo e dalla mancanza di fiducia di lui e perde man mano la sua spensierata spontaneità; lui, dopo la fine del loro rapporto cerca di ricostruire cosa andava cercando nelle altre che aveva avuto, fino a tornare a far visita a una fidanzata dell'adolescenza, e man mano riscopre la possibilità e il senso di vivere appieno anche nell'attimo fuggente. Non vi è alcun ordine cronologico e il bello del film è di risultare una sorta di mosaico, peraltro ben assemblato sia per quanto riguarda le immagini, che verrebbe da definire impressioniste, grazie alla fotografia di altissimo livello di Daria D'Antonio, sia del racconto che, per quanto asincrono e frastagliato, rende davvero l'idea di come operi la memoria in ciascuno di noi, ed è questa, non la vicenda amorosa in sé, che è al centro del film e che lo rende un'esperienza in cui qualunque spettatore può ritrovarsi, basta che si lasci andare e coinvolgere, e nel mio caso è stato così nonostante le premesse. Pellicola dunque suggestiva quanto inconsueta, e azzeccata la scelta dei due interpreti: per Marinelli, molto misurato, non si tratta di una novità mentre nel caso di Linda Caridi una piacevole sorpresa.
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