"La conseguenza" (The Aftermath) di James Kent. Con John Clarke, Keira Knightley, Alexander Skarsgard, Flora Thiemann, Kate Phillips, Martin Compston, Jannik Schümann e altri. GB 2019 ★
Non ho idea se il bestseller di tale Rhidian Brook da cui è tratto questo film sia o meno un feuilleton del Terzo Millennio; sicuramente La conseguenza trasposta sullo schermo da James Kent, regista a tutta evidenza di formazione e gusto televisivi, è un polpettone ai limiti del sopportabile, eppure l'argomento, la relazione tra vincitori e vinti, e l'epoca, non molto scandagliata, per non dire rimossa, del primissimo dopoguerra, sarebbero di per sé interessanti, ma di questo la pellicola sostanzialmente non parla, concentrandosi sul lato sentimentale e melodrammatico della vicenda. Siamo ad Amburgo nell'autunno del 1945, cinque mesi dopo la fine delle ostilità, e Lewis Morgan (Clarke), un colonnello dell'esercito britannico incaricato della ricostruzione della città, viene raggiunto dalla moglie Rachel (Knightley) e la coppia si stabilisce nella lussuosa villa, rimasta miracolosamente intatta in tanto sfacelo (si sta ancora scavando fra le macerie e continuano a essere rinvenuti cadaveri carbonizzati), che viene requisita all'architetto Stefan Luber (Skarsgard), rimasto vedovo, che vi abita con la figlia Freda. L'uomo, raffinato ed elegante, ora è costretto a lavorare in fonderia: in realtà lo vediamo quasi sempre in ghingheri aggirarsi nei saloni descrivendo le particolarità dell'arredamento e magnificando il design del Bauhaus; in più Lewis che, essendo militare, la guerra l'ha fatta e vista da vicino e vuole superarne la logica, cerca di stabilire un rapporto civile coi vinti e gli concede di rimanere a vivere nella mansarda. Chi si trova a disagio sono Rachel, che odia tutti i tedeschi indiscriminatamente perché il loro figlio è rimasto ucciso nei bombardamenti di Londra (lei però non si è fatta manco un graffio senza sentirsi minimamente in colpa, anzi: rinfaccia ancora al marito, che stava combattendo, di non aver approfittato dei sei giorni di licenza che gli erano stati concessi per raggiungerla) e Freda, che finisce col fare comunella con un giovane nostalgico del Führer. Siccome è davvero un film del cazzo che non merita di essere visto, vi racconto che fra lei e il bell'architetto nasce una tresca e si arriva al punto che lei sta per partire con lui e la figlia verso la Baviera per iniziare una nuova vita, salvo pentirsi e tornare, con la valigia già sul treno, fra le braccia del marito (muovendosi non si sa come, se a piedi, sotto la neve, e arrivando alla villa perfettamente asciutta e con la messa in piega intatta). Tutto quanto è altamente improbabile, a cominciare dalle abilità pianistiche della gentile signora, per non parlare delle singole situazioni e delle tempistiche sballate, per quanto l'ambientazione sia attenta ai dettagli, almeno per quanto riguarda l'arredamento. La recitazione dei due fedifraghi è penosa: né la Knightley (a ben guardarla, e i primi piani abbondano, molto meno bella di quel che crede o le fanno credere) né l'altro bellone Skarsgard hanno la minima idea di cosa significhi recitare, in compenso riescono entrambi a far diventare i loro personaggi ancora più odiosi di quel che già sono da copione, non si capisce se volutamente o no; l'altra coppia di odiosi, l'uomo dei servizi segreti inglesi e la moglie, Compston e Phillips, almeno conoscono il mestiere di attore; l'unico a salvarsi e non meritarsi tanta miseria è il povero Clarke. Uno spettacolo sconfortante: raramente ho visto un film britannico così penoso: se volete farvi del male, accorrete in sala!
Non ho idea se il bestseller di tale Rhidian Brook da cui è tratto questo film sia o meno un feuilleton del Terzo Millennio; sicuramente La conseguenza trasposta sullo schermo da James Kent, regista a tutta evidenza di formazione e gusto televisivi, è un polpettone ai limiti del sopportabile, eppure l'argomento, la relazione tra vincitori e vinti, e l'epoca, non molto scandagliata, per non dire rimossa, del primissimo dopoguerra, sarebbero di per sé interessanti, ma di questo la pellicola sostanzialmente non parla, concentrandosi sul lato sentimentale e melodrammatico della vicenda. Siamo ad Amburgo nell'autunno del 1945, cinque mesi dopo la fine delle ostilità, e Lewis Morgan (Clarke), un colonnello dell'esercito britannico incaricato della ricostruzione della città, viene raggiunto dalla moglie Rachel (Knightley) e la coppia si stabilisce nella lussuosa villa, rimasta miracolosamente intatta in tanto sfacelo (si sta ancora scavando fra le macerie e continuano a essere rinvenuti cadaveri carbonizzati), che viene requisita all'architetto Stefan Luber (Skarsgard), rimasto vedovo, che vi abita con la figlia Freda. L'uomo, raffinato ed elegante, ora è costretto a lavorare in fonderia: in realtà lo vediamo quasi sempre in ghingheri aggirarsi nei saloni descrivendo le particolarità dell'arredamento e magnificando il design del Bauhaus; in più Lewis che, essendo militare, la guerra l'ha fatta e vista da vicino e vuole superarne la logica, cerca di stabilire un rapporto civile coi vinti e gli concede di rimanere a vivere nella mansarda. Chi si trova a disagio sono Rachel, che odia tutti i tedeschi indiscriminatamente perché il loro figlio è rimasto ucciso nei bombardamenti di Londra (lei però non si è fatta manco un graffio senza sentirsi minimamente in colpa, anzi: rinfaccia ancora al marito, che stava combattendo, di non aver approfittato dei sei giorni di licenza che gli erano stati concessi per raggiungerla) e Freda, che finisce col fare comunella con un giovane nostalgico del Führer. Siccome è davvero un film del cazzo che non merita di essere visto, vi racconto che fra lei e il bell'architetto nasce una tresca e si arriva al punto che lei sta per partire con lui e la figlia verso la Baviera per iniziare una nuova vita, salvo pentirsi e tornare, con la valigia già sul treno, fra le braccia del marito (muovendosi non si sa come, se a piedi, sotto la neve, e arrivando alla villa perfettamente asciutta e con la messa in piega intatta). Tutto quanto è altamente improbabile, a cominciare dalle abilità pianistiche della gentile signora, per non parlare delle singole situazioni e delle tempistiche sballate, per quanto l'ambientazione sia attenta ai dettagli, almeno per quanto riguarda l'arredamento. La recitazione dei due fedifraghi è penosa: né la Knightley (a ben guardarla, e i primi piani abbondano, molto meno bella di quel che crede o le fanno credere) né l'altro bellone Skarsgard hanno la minima idea di cosa significhi recitare, in compenso riescono entrambi a far diventare i loro personaggi ancora più odiosi di quel che già sono da copione, non si capisce se volutamente o no; l'altra coppia di odiosi, l'uomo dei servizi segreti inglesi e la moglie, Compston e Phillips, almeno conoscono il mestiere di attore; l'unico a salvarsi e non meritarsi tanta miseria è il povero Clarke. Uno spettacolo sconfortante: raramente ho visto un film britannico così penoso: se volete farvi del male, accorrete in sala!
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