"Il colpevole - The Guilty" di Gustav Möller. Con Jakob Cedergren, Jessica Dinnage, Omar Shargawi, Johan Olsen, Jakob Lohman. Danimarca 2018 ★★★★
Il tema non è nuovo (la colpa, l'espiazione e il possibile riscatto, come da titolo, che tra l'altro è da intendersi al plurale e non al singolare), e nemmeno il modo di raccontarlo, vedi di recente l'ottimo Locke di Steven Knight, più in là nel tempo La vita corre sul filo di Sidney Pollack: l'azione si svolge in tempo reale, al telefono di un centralino della polizia danese dove l'agente Asger Holm, protagonista di un episodio oscuro (l'omicidio di un ragazzo di 19 anni fatto passare per legittima difesa, come si apprenderà verso la fine del film) è stato relegato in attesa dell'udienza in tribunale che l'indomani mattina deciderà sul suo caso; ciò non toglie che questa pellicola, essenziale quanto intensa, che dimostra il buono stato di salute del noir scandinavo (che del malessere esistenziale fa il suo nucleo), sia una delle cose migliori che abbia avuto modo di vedere in questo periodo di prolungata fiacca per quanto riguarda le proposte sul grande schermo. Tutto ha inizio quando una sera, verso la fine del suo turno di lavoro, Asger riceve la confusa telefonata di una donna terrorizzata che, farfugliando, riesce a far capire di essere stata rapita e di trovarsi su un furgone. La linea cade più volte, l'agente è soltanto in grado di localizzare la cella da cui avviene la chiamata, e cerca di gestire il caso contattando stazione di polizia competente per territorio, sia la donna, sia la figlia di sei anni di questa che l'attende disperata a casa, sia il collega con cui faceva coppia prima dell'incidente che ha causato il suo accantonamento dall'impiego operativo a cui chiede di scoprire qualsiasi indizio utile per capire chi sia la donna, quali le sue relazioni e dove potrebbe essere diretto chi l'ha sequestrata. Ovviamente non vado oltre con la trama, posso però assicurare che per 85', tanti sono bastati al giovane regista svedese Gustav Möller per raccontare la vicenda, si rimane aggrappati alla poltrona in attesa dell'epilogo, e non mancano i colpi di scena. Alla fine si capisce che colpevoli sono tutti i personaggi, in qualche modo, e meno di tutti, alla fine, coloro che apparentemente sono responsabili delle azioni peggiori. Difficile credere che un film unicamente parlato possa essere avvincente quanto un film d'azione, ma Möller c'è riuscito, e la pellicola, diretta con mano sicura e senza sbavature deve molto, se non tutto, alla ottima prova del protagonista, Jacob Cedergren, che riesce a trasmettere una vasta gamma di sentimenti: dal disagio in cui si trova per la distanza a cui lo tengono i colleghi che non si fidano di lui, all'impegno che mette nel cercare di risolvere l'ingarbugliata vicenda che si trova fra le mani, intravedendo anche una possibilità di riscatto dalla vicenda in cui era rimasto coinvolto e che lo tormenta. Vivamente consigliato.
Il tema non è nuovo (la colpa, l'espiazione e il possibile riscatto, come da titolo, che tra l'altro è da intendersi al plurale e non al singolare), e nemmeno il modo di raccontarlo, vedi di recente l'ottimo Locke di Steven Knight, più in là nel tempo La vita corre sul filo di Sidney Pollack: l'azione si svolge in tempo reale, al telefono di un centralino della polizia danese dove l'agente Asger Holm, protagonista di un episodio oscuro (l'omicidio di un ragazzo di 19 anni fatto passare per legittima difesa, come si apprenderà verso la fine del film) è stato relegato in attesa dell'udienza in tribunale che l'indomani mattina deciderà sul suo caso; ciò non toglie che questa pellicola, essenziale quanto intensa, che dimostra il buono stato di salute del noir scandinavo (che del malessere esistenziale fa il suo nucleo), sia una delle cose migliori che abbia avuto modo di vedere in questo periodo di prolungata fiacca per quanto riguarda le proposte sul grande schermo. Tutto ha inizio quando una sera, verso la fine del suo turno di lavoro, Asger riceve la confusa telefonata di una donna terrorizzata che, farfugliando, riesce a far capire di essere stata rapita e di trovarsi su un furgone. La linea cade più volte, l'agente è soltanto in grado di localizzare la cella da cui avviene la chiamata, e cerca di gestire il caso contattando stazione di polizia competente per territorio, sia la donna, sia la figlia di sei anni di questa che l'attende disperata a casa, sia il collega con cui faceva coppia prima dell'incidente che ha causato il suo accantonamento dall'impiego operativo a cui chiede di scoprire qualsiasi indizio utile per capire chi sia la donna, quali le sue relazioni e dove potrebbe essere diretto chi l'ha sequestrata. Ovviamente non vado oltre con la trama, posso però assicurare che per 85', tanti sono bastati al giovane regista svedese Gustav Möller per raccontare la vicenda, si rimane aggrappati alla poltrona in attesa dell'epilogo, e non mancano i colpi di scena. Alla fine si capisce che colpevoli sono tutti i personaggi, in qualche modo, e meno di tutti, alla fine, coloro che apparentemente sono responsabili delle azioni peggiori. Difficile credere che un film unicamente parlato possa essere avvincente quanto un film d'azione, ma Möller c'è riuscito, e la pellicola, diretta con mano sicura e senza sbavature deve molto, se non tutto, alla ottima prova del protagonista, Jacob Cedergren, che riesce a trasmettere una vasta gamma di sentimenti: dal disagio in cui si trova per la distanza a cui lo tengono i colleghi che non si fidano di lui, all'impegno che mette nel cercare di risolvere l'ingarbugliata vicenda che si trova fra le mani, intravedendo anche una possibilità di riscatto dalla vicenda in cui era rimasto coinvolto e che lo tormenta. Vivamente consigliato.
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