JAKARTA – Al
30° giorno, il visto concesso all'arrivo in Indonesia scade e non può
essere né rinnovato né esteso, e tocca quindi rientrare in Malaysia. Il
biglietto da Jakarta per Kuala Lumpur, poco meno di due ore di volo, di
linea e con la compagnia di bandiera Garuda, costa 120 € senza andare a cercare chissà quale occasione low cost
in rete o nelle agenzie. Più che onesto, considerato quanto occorre
sborsare per i voli interni nella Terra dei Cachi. Tantopiù oggi che AliMerda alias Alitalia, dopo aver assorbito AirOne,
è tornata ad essere la supermonopolista che è stata per quarant'anni.
Se qualcuno che legge volesse organizzare un viaggio in Indonesia,
aggiungendo al percorso che ho fatto io qualche isola e il Borneo, gli
suggerisco di farsi rilasciare dall'ambasciata a Roma un visto della
validità di 60 giorni: occorre però utilizzarlo in date prefissate.
Credo che tornerò in questo Paese: nonostante la povertà, i disagi,
spesso la sporcizia, la disorganizzazione generalizzata, le gente in
primo luogo, e alcuni paesaggi tra i più belli che abbia mai visto,
molto più che i monumenti, sono le note più che positive di questo
viaggio. E questo vale per Sumatra in misura molto maggiore
che per Giava, eccessivamente caotica e ormai imbastardita. Bali non
l'ho presa nemmeno in considerazione, sputtanata com'è, ma le isole di
Nusa Tenggara, Sulawesi, il Kalimantan (Borneo Indonesiano), Flores e
Timur valgono senz'altro la pena di un altro viaggio, e lì gli
spostamenti sono più ardui e non si può essere schiavi del tempo. Mandi
Indonesia, dunque: che è il saluto, una sorta di parola d'ordine in
friulano ma anche un'istituzione del Sud Est Asiatico, e dell'Indonesia
in particolare: a corredo, le foto di alcuni esemplari. Si tratta della
stanza da bagno: costituita da un cesso alla turca, che va da una
semplice buco per terra dotato di pedana (la forma della suola di due
scarpe, in posizione) alle versioni più sontuose, in ceramica e con rialzo e, appunto, un mandi,
che è una vasca quadrata, che va costantemente riempita d'acqua, e
dotata di un mastello. Di plastica o, nelle edizioni di lusso, in
metallo. Si intende che il mastello sostituisce le funzioni sia della
doccia, sia del supporto del rotolo di carta igienica, oggetto
sconosciuto (giustamente, altrimenti gli scarichi si intaserebbero).
Bisogna farci l'abitudine, però il sistema funziona. Non è il caso,
ovviamente, di immergersi direttamente nel mandi, cosa
che prima o poi qualche occidentale imbecille inevitabilmente fa:
l'acqua deve rimanere pulita perché la devono usare anche gli altri
avventori, che possono essere parecchi. Il mastello serve per versarsela
addosso. Lo stesso vale per lavarsi gli indumenti: il risciacquo non è
una cosa semplice, ma si impara: innanzitutto a non esagerare col
detersivo! Un mandi ai simpatici ratti indonesiani, rapidi e
silenziosi, l'occhio vispo e intelligente, anche quelli di dimensioni
ciclopiche: come lepri. Un mandi al durian, il frutto che unisce tutti i malesi al di là dei confini, chiamato anche jackfruit, e alla sua versatilità di utilizzo. Un mandi
alla cartamoneta indonesiana, con la speranza che tolgano almeno tre
zeri dalla valuta prima che ritorni da queste parti. Occorrono circa 15
mila rupie per fare un euro, e il biglietto da mille è l'unità base, il
più diffuso: circa 0, 75 euro cent, neanche 150 lire di una volta.
Quando si dice, letteralmente, averne le tasche piene e non sapere dove
cacchio metterne i rotoli. Un mandi alle coppiette che si
infrattano nei rari parchi, anche se la ragazza ha il velo: sperando che
se ne liberino in fretta, dei veli. E magari anche delle infradito con
calzerotto color carne, bianco o beige chiaro: hanno un effetto da
castrazione chimica. Un mandi alla Nokia, che ha una specie di inspiegabile monopolio nel Paese: ce
l'anno quasi tutti. Devono farne delle versioni speciali per qui,
considerando anche temperature e tassi di umidità: tutti quelli che ho
avuto io mi si sono scassati in men che non si dica. Un mandi alla stragrande maggioranza dei musulmani di questo Paese: i più laici che abbia mai conosciuto. E uso il termine laici volutamente, e non quello ambiguo di tolleranti. Un mandi ai terminal dei bus di Giava: infiniti e mobili. Non si sa bene dove inizino, meno che mai dove finiscano. Anzi: non terminano mai. Ogni posto è buono per una fermata, per strada non si lascia mai nessuno. Un mandi agli ambulanti e ai venditori, stanziali o in perpetuo movimento, agli strimpellatori, sui bus come nei warung per strada mentre ingurgiti un bakso (corroborante zuppa di noodles con polpette di carne, opportunamente speziata: deliziosa!) ma soprattutto ai guidatori di becak, pensando a quante volte vi ho mandati affanculo. Insomma, arrivederci, Indonesia!
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