Orchard Road e le infinite vie dello shopping: tutte uguali
SINGAPORE – Orchard
Road è una delle strade commerciali più famose al mondo, come dire
Fifth Avenue a New York, Oxford Street a Londra e, fatte le debite
proporzioni, nel nostro orticello peninsulare via Condotti nella
capitale politica o Montenapoleone in quella della tangente. Gli
appassionati di shopping e gli immancabili fighetta obietteranno
che in Italia ci stanno però la moda, la creatività e la qualità che
tutto il mondo ci invidierebbe; il denaro, però, circola qua: e di sartoria
di alto livello di produzione nazionale, così tanto decantata, per
quanto poco ci capisca, ne ho vista ben poca, Tutt'al più magliette e
oggetti col marchio Ferrari, grazie probabilmente al primo Gran Premio
di Formula Uno in notturna organizzato qualche mese fa proprio a
Singapore. Ma la Ferrari costruisce motori che suonano sinfonie e opere
d'arte in forma di design, mica straccetti. In più, vince spesso. Altri
prodotti della operosa Terra del Cachi non ne ho visti in giro: nemmeno
l'ombra di quelli a tecnologia avanzata, in una delle
patrie dell'elettronica da consumo e con Giappone, Corea, Cina, Taiwan e
Malaysia a due passi; ma nemmeno quelli gastronomici: mi è capitato di
vedere in giro del vino francese, argentino, spagnolo, perfino tedesco
ma non italiano. Altrettanto, la città è piena di caffetterie Starfucks e Costa e gelaterie Hägen Dasz, frequentate anche qui dai pseudo liberal di buona famiglia in vena di esibizionismo e maniere affettate, e non c'è ombra di un Illy e nemmeno di un Segafredo, che in Europa almeno è presente nelle stazioni ferroviarie. Quanto agli americani finto ambientalisti e altroconsumisti di Starfucks, coi loro beveroni ributtanti a prezzi da delirio, non mancheranno di avere in Italia il successo già registrato dai loro compaesani gelatai yankee dal nome impronunciabile: i cretini presenzialisti che amano essere alla moda da noi sono irrefrenabili e non mancheranno di arrivare a frotte a decretarne il trionfo: con la mania dei muffin siamo già a un buon punto di intossicazione cerebro-alimentare. Per
quanto riguarda l'export neli Paeesi "emergenti" ci si salva, credo,
con la componentistica e con i mobili da cucina. Che non è uno scherzo,
ma il Prodotto Italia, in una via commerciale cruciale come
questa, proprio non c'è. Ecco: ho adocchiato una Nuova Cinquecento
della FIAT, pure piuttosto ammirata, ma è stata l'unica in mezzo a un
buon numero di VW Beetle, AUDI, Mercedes e, sorprendentemente, tante
Porsche. Ovvio che qui le vetture giapponesi non hanno quaasi
concorrenza, per quanto riguarda i comuni mortali. A parte questo,
Orchard Road, presentata come un potenziale attentato al vostro
portafogli, assomiglia ai Campi Elisei di Parigi, anche per le
dimensioni: forse meno pretenziosa ma altrettanto insignificante:
l'arditezza e inventiva degli architetti locali si è esibita altrove. A
differenza delle sue consorelle in giro per il mondo, si tratta di una
via commerciale vivibile e con un traffico scorrevole e regolato in
maniera esemplare, come spesso le cose in questa città. Perfino il
pubblico che l'affolla riesce a dare l'impressione di essere meno
intronato dalla droga dello shopping e standardizzato che altrove:
certo, due terzi del pubblico è composto da squinzie della più varia
età, etnia e credo religioso, che “la portano a prendere aria”, convinte
di “avercela” solo loro, sguardo vacuo e liquido al contempo, pronte a
fare aprire il portafoigli all'altro terzo, di sesso maschile, non
meno rimbecillito davanti ai negozi di materiale eletronico. Ma tutto il
carnevale mi sembra avvenire in modo più decente e meno sguaiato che
altrove. Poi ci sono gli immancabili pirla come me, che si fanno venire
le vesciche ai piedi a furia di camminare per chilometri nella caldazza,
e non possono nemmeno dirsi increduli perché sanno per esperienza che
così va il mondo, a qualsiasi latitudine.
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