KOTA BHARU - Tre
sono le ore di autobus che separano la capitale del Kelantan ("terra
del fulmine") da quella del Terengganu, lungo la statale 3 che segue la
linea della costa una trentina di chilometri all'interno, in mezzo a una
campagna tropicale dolcemente odulata che spesso è foresta fitta
ricchissima di palme da cocco, banani, alberi da gomma e, nella pianura
lungo il corso del fiume che dà il nome allo Stato. Il più rurale e
povero della Malaysia peninsulare, ma l'impressione è tutt'altro che
deprimente: qui davvero nessuno fa la fame, e l'agricoltura contribuisce
anzi in buona parte a rendere autosufficiente l'intero Paese. La
capitale non è una città bella ma relativamente ordinata, rispetto a
Kuala Terengganu è più omogenea e razionale, curata, senza essere in
preda a velleità di grandezza e progetti faraonici. Può darsi che sia
presente un maggiore senso del passato e della storia, e quindi meno
esibizionismo, e che questo si debba ai forti legami che il Kalentan ha
sempre avuto col Regno del Siam e, prima ancora, con l'impero Khmer. Che
la Thailandia sia a pochi chilometri lo si nota dai tratti delle
persone, dalle linee architettoniche, da qualche temnpio buddhista che
spunta qua e là nelle campagne anche se da quasi vent'anni lo Stato è
governato dal PAS, il partito islamico, che ha tentato per anni di
imporre la sharia ai propri cittadini, ad esempio le code
separate per uomini e donne ai supermercati, e anche le panchine
pubbliche, senza peraltro riuscirci. Io di tutta questa "islamicità" non
mi sono accorto: pur essendo venerdì, giorno di massima osservanza,
il cuore della città pulsava di vita e i centri commerciali erano
affollati fino alle 10 di sera, così come i caffè e i ristoranti ancora
aperti. E nessuno ti guarda con riprovazione se ti bevi una birra in un
locale getito da cinesi, che islamici non sono. Il centro storico,
conservato con attenzione, è situato in vista dell'imponente fiume
Kelantan, si estende intorno alla Piazza dell'Indipendenza (Medan
Merdekai) e comprende un gruppo di musei: quello reale, già residenza
del principe ereditario, quello delle cerimonie reali, quello islamico e
quello dedicato alle seconda guerra mondiale, un palazzo costruito nel
1912 per la Mercantile Bank of India e che fu utilizzato come quartier generale del Kempetai,
la polizia segreta giapponese. Ho notato invece che su questo versante
della penisola di parla l'inglese molto meno che nelle altre parti, e
non so quanto ciò possa essere dovuto al maggiore tradizionalismo o a
una forma di ostracismo. Abbastanza controproducente perché questa è
comunque una città di passaggio obbligato, che offre peraltro ottime ed
economiche possibilità di alloggio, verso la isole Perenthian, Lang
Tengah e Redang. Deserte in questo periodo di monsoni: i quali in questi
giorni di mio transito anno dato stranamente tregua. In attesa di
scatenarsi al momento (meno) opportuno.
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