PENANG – Georgetown
è la capitale del Penang, il più piccolo dei 13 Stati della Federazione
Malese e l'unico ad avere una popolazione a maggioranza cinese, oltre
che una forte presenza indiana. Si trova nella parte nord-occidentale
della penisola, all'imbocco dello Stretto di Malacca, ed è dirimpettaia
di Medan, la più grande città dell'isola di Sumatra, in Indonesia, tra
le quattro e le cinque ore di traghetto, uno dei bracci di mare più
trafficati al mondo. Il territorio del Penang comprende, oltre
all'omonima isola, una sottile fascia costiera dove sorge Butterworth,
insediamento industriale abbastanza orribile e punto di partenza dei
traghetti che fanno ininterrottamente la spola con l'isola. I primi
abitanti arrivarono all'inizio del 1700 da Sumatra, dopo di che Penang
cadde sotto l'influenza del sultano del Kedah, il quale la cedette alla
Compagnia delle Indie Orientali nel 1771. in cambio della protezione
contro l'Impero del Siam. Il capitano Francis Light ne prese possesso
quindici anni dopo e la cessione venne formalizzata nel 1991, quando le
cambiò il nome in Prince of Wales Island, perché
acquisita il giorno del compleanno del futuro re Giorgio IV: da qui il
nome della capitale. E' questo il più antico insediamento britannico in
Malesia, anche se fu poi superato per importanza da Singapore e Melacca:
nonostante l'aspetto cinese sia predominante, l'impronta britannica è
ben presente con una serie di edifici coloniali ben conservati, a
cominciare da Fort Cornwallis, sorto nel punto in cui approdò Francis
Light nel 1786 e da cui oggi partono i ferry
diretti a Medan e alle isole Langkawi, nel Mar delle Andamane, una
delle principali mete turistiche del Paese. Lì vicino, la Victoria
Memorial Clock Tower, dono di un ricchissimo cinese per il giubileo di
diamante del 1897, alta 60 metri, tanti quanti gli anni dell'allora
regina. Nel Distretto Coloniale, tra il forte, la Town Hall e la City Hall, due palazzi neoclassici affiancati, si estende il padang,
un campo da gioco aperto circondato da edifici pubblici, caratteristica
degli insediamenti inglesi negli Stretti. Sempre in stile, sull'altro
lato del padang, il Palazzo dell'Assemblea di Stato, la Corte Suprema,
la chiesa anglicana di San Giorgio e qualla cattolica dell'Assunzione.
Ma non mancano altri edifici coloniali britannici, oggi sedi di banche,
scuole, o adibiti alle più diverse attività. Molto estesa è la Chinatown, brulicante di attività a tutte le ore, tra mercati diurni e notturni, shophouses, bancarelle di ogni genere, negozi di antiquariato, fabbri, artigiani, anzi: maghi del rattan,
botteghe di indovini e venditori di incensi e dei marchingegni più
strani, oltre a un buon numero di templi buddhisti. A Penang più che
altrove mi sono saltati all'occhio i Kongsi,
che sono le sedi di clan (e a metà Ottocento si catenò una guerra
particolarmente sanguinosa fra bande cinesi rivali alleate con
altrettante bande malesi) edifici che contengono un tempio ma sono anche
luogo di riunione per gli appartenenti della stesso clan, o famiglia
(che non è la stessa cosa). Il più notevole è quello dei Khoo,
elaboratissimo e colorato, dotato anche di un palcoscenico permanente
dell'opera cinese. Non manca un'altrettanto animata e vivace Little India,
con i suoi templi e le sue moschee, metre più decentrati sono il Tempio
Thailandese del Buddha Reclinato, una statua di 33 metri coperta di una
tunica color zafferano, che viene considerata la terza effige del
Budhdha più lunga al mondo e il Tempio Buddhista Birmano Dhammikarama,
coi suoi grandi elefanti di pietra a fare da guardia all'ingresso, il
più antico tempio buddhista di Penang. Un tempio induista e una moschea
si trovano anche in cima a Penang Hill, altura di oltre 800 metri che
domina la città e tutta l'isola, mentre ad Air Itam, una collina
adiacente, si trova anche il Kek Lok Si, il più grande tempio buddhista
della che si sviluppa su sette piani. Non mancano quindi le cose da
vedere e da fare, su quest'isola, che è anche il luogo in cui ho visto
finora più occidentali (a parte Singapore), inglesi di tutte le età in
particolare, forse alla ricerca delle vestigia del passato coloniale.
Una delle mete più interessanti di quelle visitate finora, assolutamente
meritevole di una sosta di qualche giorno. Banali e deludenti le
spiagge, invece, contornate da grattacieli e costruzioni piuttosto
squallide, e poco invitante anche il mare. Ma per quello ci sono le
Isole Langkawi, come dicevo sopra, per cui Penang è il punto di partenza
privilegiato. Mi ha stupito l'abbondanza di bar e negozi che vendono
alcolici, nonché la presenza piuttosto evidente di prostitute e locali
per massaggi decisamente ambigui, tanto da farmi credere che l'isola
godesse dello status
di porto franco, ma è un “privilegio” di cui Penang aveva usufruito
dall'indipendenza alla metà deggli anni Ottanta e lasciato da allora
alle Isole Langkawi. Ma l'occhio delle autorità dev'essere rimasto
socchiuso da allora, in segno di tolleranza e di sano senso degli
affari. Saggezza cinese.
Nessun commento:
Posta un commento