TUK TUK – DANAU TOBA – Il Lago (danau
in lingua bahasa indonesia) Toba è un bellissimo specchio d'acqua
trasparente di tutte le sfumature, dal verde al turchese al blu
scuro, di origine vulcanica, situato in mezzo a Sumatra Nord, il più
grande dell'isola coi suoi oltre 1700 km quardati di superficie (a sinistra in una foto a infrarossi dal satellite). A cinque ore di strada da Medan, ci sono arrivato mercoledì con un taxi collettivo fino
a Parapat, e da lì un traghetto porta a Samosir, un'isola di forma
pressoché ovale che si erge al centro del lago, nata da un'eruzione,
estesa quasi quanto Singapore. A essere pignoli Samosir è una penisola,
collegata alla terraferma dalla parte opposta del lago rispetto a
Parapat da un lembo di terra sottilissimo e per di più solcato da un
canale, ma si percepisce come isola ed è questo il punto decisivo. Il
capoluogo è Tuk Tuk, (niente a che vedere con gli Ape-taxi tipici della
Thailandia) che è anche il centro più grazioso e quello dove sono
concentrati gli alloggi per turisti. La prima cosa che stupisce è la
loro disponibilità, molto superiore alla domanda: tempo fa il lago era
molto frequentato da viaggiatori zaino in spalla, per cui la popolazione
batak che abita la zona (crisitani e in maggioranza protestanti, ci tornerò successivamente) hanno affiancato la gestione di resort
alle attività tradizionali: l'agricoltura, principalmente riso, ma
anche ortaggi (ho visto delle commoventi piccole piantagioni di
peperoncino, per la mia gioia) e frutta (manghi, banane, susine, lime)
nonché l'allevamento. Oltre al pollame, che scorazza ovunque,
principalmente bellissimi bufali color cenere e teneri, invoglianti porcelli
in miniatura neri, in versione sia pelosa sia glabra, caprette
bianconere. Il tutto in un'atmosfera talmente rilassata che induce
all'ozio più totale, alla chiacchiera gratuita, alla lettura,
all'osservazione del panorama e alle altrui attività che si svolgono con
calma, senza stress. A cui ci si adegua immediatamente, tantoché io
stesso ho dovuto controllare il giorno del mio arrivo qui su un'agenda,
avendo perso completamente la cognizione del tempo, pur cosciente del fatto
che oggi sia sabato. Oltre che a lasciarsi andare completamente
all'ozio, che essendo il padre dei vizi è il più piacevole e dolce in
cui indulgere, e qui ci si riece con una particolare intensità, ci si
può dedicare alle passeggiate, al trekking più
impegnativo sulle alture circostanti, dove ci sono anche cascate e
sorgenti di acque termali; ad andare a zonzo in bicicletta, oppura fare
più opportunamente in moto il periplo di Samosir. Non c'è traccia di
povertà, le persone del posto sono gentilissime e accoglienti, l'isola è
completamente autosufficiente, i turisti sono diventati per qualche
misteriosa ragione rari e, quei pochi che arrivano fin qui, amabilmente
squinternati e in tono con l'ambiente, e comunque innocui nella loro
comune esecizio dell'ozio, che culmina nell'arte della pennica,
praticata in qualsiasi momento della giornata quando si è giunti allo
stremo delle forze per resistere all'insana voglia di intraprendere
qualcosa. Si direbbe che la divinità che vigila sul lago, sull'isola in
particolare e sulla tranquillità e rilassatezza dei luoghi e dei costumi
sia Morfeo, e consiglio questo posto a chiunque voglia staccare la
spina e togliersi di dosso la frenesia da marionette esagitate, caricate
a pila atomica, che ci portiamo addosso. Aggiungo che il clima è
ideale: siamo a 800 metri d'altezza e il caldo è relativo, meno umido
che sulla costa e temperato da brezze. Assenti malaria e dengue, le
serate sono piacevolmente fresche e può essere gradevole mettersi
addosso una fellpa o usare una coperta leggera per la notte. Le
abitazioni sono in buona parte nello
stile tradizionale batak: costruite su palafitte (nella vesione moderna
talvolta con una parte inferiore in muratura che sostiene un secondo
livello, dalla superficie maggiore, in legno) e con i caratteristici
tetti a schiena d'asino, o talvolta a padiglione, con le punte aguzze
che ricordano le corna del bufalo, animale simbolo della regione, o la
forma dei galeoni che un tempo incrociavano nei mari attorno a Sumatra.
Nel delizioso resort in cui mi sono sistemato, ci sono otto o dieci spaziosi bungalow
costruiti in questo modo, da uno a tre livelli, il cui più caro costa
4,50 € al giorno: dotato anche di acqua calda, per quel che può servire a
queste latitudini equatoriali. Ci sono lavanderia e servizio internet,
un ristorante, uno staff amabile di ragazzi che si prende cura di tutto e
tutti, compreso l'orto da cui provengono le verdure utilizzate in
cucina, noleggio moto e biciclette, televisione satellitrare (quasi
sempre spenta) e una buona dotazione di DVD, connessione internet, non
velocissima ma discreta. Nelle aree comuni dell'edificio principale ci
si trova a chicchierare col gestore (per conto del fratello, che lavora
in Germania), i ragazzi dello staff e con gli altri ospiti,
esponenti abbastanza tipici della fauna che gravita nella zona: oltre al
sottoscritto un baffuto e tatuato marinaio di Amburgo di mezza età,
magro come un chiodo e spassosissimo; un giovane ingegnere capo di un
ufficio ricerche della Continental (l'equivalente tedesco della Pirelli),
da Norimberga, che per il decimo anno di seguito trascorre le sue
vacanze in Asia; un ventenne svedese allampanato e timidissimo sulle
tracce dei viaggi fatti dai genitori nella loro gioventù, e di cui segue
i percorsi di allora; un talentuoso giovane folk singer
statunitense con la chitarra perennemente in mano e dalla voce
straordinariamente simile a quella di Jim Morrison; infine, ultima
arrivata, una strampalata e vivacissima ultrasessantenne giornalista francese che ha diviso la propria vita tra America Latina e Sud Est Asiatico, attualmente vive a
Krabi, in Thailandia, ma durante l'alta stagione (da dicembre a
febbraio) scappa, affitta la casa e si rifugia in Indonesia. Considerato
che con 500 € al mese qui si fa la vita dei nababbi, con il ricavato
dell'affitto in Thailandia ci vive per il resto dell'anno, spese ed
eventuali tasse comprese. Un'ipotesi da prendere in considerazione e un
suggerimento che vi dò gratis, in maniera neanche tanto subliminale, se
le cose dovessero andare definitivamente a puttane nel nostro
civilissimo mondo avanzato, e nella Terra dei Cachi in particolare, e
avete paura che i soldi della pensione potrebbero non bastarvi. Horas! gente: è il saluto tradizionale in lingua batak.
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