BOGOR - Distante appena una cinquantina di chilometri dalla tentacolare Jakarta, la megalopoli in continua espansione di cui di fatto costituisce ormai una specie di sobborgo, Bogor
coi suoi oltre 700 mila abitanti assume nei confronti della capitale il
rango di una cittadina; in compenso, pur essendo situata a soli 300
metri d'altezza, gode di un clima incomparabilmente più salubre e
fresco, e il fatto di detenere il record di precipitazioni annue
sull'isola di Giava (una media di 322 acquazzoni vi si scatenano nel
corso di un anno), un po' come la Pedemontana friulana, nota come Il Pisciatoio,
o Masone, in Italia, non ne diminuiscce la gradevolezza. Saranno
l'abbondanza di acque che l'attraversano, oltre a un fiume vero e
proprio diversi torrenti, e le montagne che si scorgono poco lontane
all'orizzonte, ma sembra di essere a una quota decisamente maggiore. Ho
gradito molto la frescura dopo lo spostamento da Sumatra a Giava di
ieri: il problema non è stata la traversata dello Stretto della Sonda,
da Bakahueni a Merak, due ore di traghetto gradevoli, su una nave
spaziosa e opportunamente ventilata, quanto il trasferimento da Merak a
Bogor. L'idea era quella di evitare come la peste Jakarta e, carta
stradale alla mano, in effetti la via più diretta verso Bogor è
costituita da una statale, così ho cercato, nel caos di un sedicente terminal (uno spiazzo sterrato pieno di buche, pozzanghere e immondizia con ai bordi un mercato scalcinato
in cui non una sola persona spiccica una parola di inglese), un bus
verso questa città e ho beccato quello più scalcagnato preso finora in
Indonesia. Naturalmente sono stato smentito e la tradotta, dopo un'ora
di attesa, ha imbucato puntualmente l'autostrada in direzione di Jakarta
e che, attraversata una buona fetta della città, continua poi fino a
Bogor. Pensavo che nella più ricca e moderna Giava velocità e qualità
degli spostamenti migliorassero rispetto a Sumatra,
ma la media è rimasta sui consueti 35 km/h, e questo perché il
personale di bordo, oltre all'autista un bilgiettaio e un
“procacciatore”, il cui ruolo è stare sul predellino e urlare a
squrciagola per esaltare la qualità del mezzo e invogliare le gente a
servisrene e a stiparlo fino all'inverosimile, pensa bene di utilizzare
ogni uscita, pagare al casello, cercare il terminal locale (che
in genere è un'intera strada della città ai cui margini si affolla una
variegata umanità) e procedere nella pesca del viaggiatore in attesa, e
quindi reimmettersi in autostrada. Così per ben 6 volte nei 90
chilometri scarsi che separano Merak da Jakarta. Ecco spiegata le media
anche su strade più decorose. Sulla qualità meglio sorvolare, salvo lo
spettacolo, a ogni fermata, della corte dei miracoli in transito nel
corridoio della corriera a vendere qualsiasi mercanzia, chitarrosi
stonati e propagandisti politici compresi, oltre a imbonitori che si
piazzano sul bus tra una fermata e l'altra e magnificare le doti di un
attrezzo da cucina, un set da toilette da viaggio o la bontà di
un frutto ignoto di cui il personaggio ha un intero sacco pieno: e
prosegue implacabile, finché non ha venduto quanto si era prefissato.
Con estremo sollievo sono così giunto al terminal di Bogor, un
altro anfratto infernale sotto un cavalcavia, da dove mi sono mosso con
l'unico mezzo che abbia un senso usare in queste circostanze: un
mototaxi, anche grazie al fatto che pur di arraffare un cliente, i
benemeriti guidatori sono disposti a sobbarcrasi il fardello di
qualsiasi bagaglio, oltre al dolce peso del trasportato. Città
affollata, dunque, e discertamente incasinata, con molti abitanti della
capitale in trasferta. Il primo impatto, oltre alla temperatura
perfetta, è stato uno splendido tramonto dalla terrazza di un caffè alla
moda, un vero posto da fighetta e puzzoni, dove mi sono
intrufolato a sbafo senza essere fermato da una schiera di posteggiatori
di SUV (anche qui l'emblema del cretino di successo e degli
spandimerda) e lacché in divisa. Bogor, Buitenzorg in olandese, è però
famosa a livello internazionale per i suoi giardini botanici. Il Kebun Raya
(giardino grande) è il cuore della città, qualcosa come 80 ettari nel
pieno del suo centro, un'oasi di pace percorsa da ruscelli e con
svariati stagni coperti da fiori di loto e laghetti attorno al quale
scorre un traffico incessante. Il parco dell'Istana Bogor, il palazzo
del governatore generale Stamford Raffles (lo stesso che legò il suo
nome a Singapore, cfr foto in alto a sinistra) durante l'interregno inglese, fu trasformato dal professore olandese Reinwardt in orto botanico e inaugurato dai suoi compatrioti nel 1817. Nel comprensorio oltre 15 mila specie di
alberi e piante, più di 400 specie di palme e, solo nelle serre delle
orchidee, 3000 varietà di questo magnifico fiore. Fu in questi giardini
botanici che i ricercatori olandesi svilupparono molte delle
coltivazioni tipiche delle colonie, dal tè, alla cassava, alla cannella,
al tabacco, alla corteccia di china, e a tutt'oggi il Kabun Raya
è uno dei più importanti centri di ricerche botaniche dell'intera
Indonesia. All'interno anche un museo zoologico con una collezione della
fauna di Giava, animali impagliati, farfalle, raccolte di coeotteri e
altri insetti, conchiglie e perfino l'enorme scheletro di una
balenottera azzurra arenatasi sulle coste dell'isola nei primi decenni
del secolo scorso. Nonostante la pioggia, leggera ma incessante, vi ho
trascorso una giornata intera deliziosa, allietata da un pranzo di
prim'ordine in un ristorante curatissimo. Unica pecca, cartacce e
immancabili contenitori e sacchetti di plastica sparsi un po' ovunque
nonostante la adeguata presenza di bidoni e cestini per i rifiuti, a
testimonianza di un rapporto con la natura problematico da parte degli
asiatici in generale e di una sensibilità ambientale piuttosto
peculiare: sembra di essere in Italia.
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