I batak: gli ex cannibali ora devoti
 TUK TUK – LAGO TOBA – I batak
 sono un popolo proto-malese dicendente dalle tribù neolitiche che 
abitavano la zona montagnosa del Nord dell'attuale Thailandia e della 
Birmania finché non vennero sospinte verso Sud dal susseguirsi di ondate
 migratorie di popolazioni mongole e siamesi.  Una volta giunti a Sumatra, si stabilirono nei dintorni del Lago Toba, le cui  montagne
 circostanti garantivano protezione dalle invasioni di cui già erano 
stati vittime e hanno vissuto per secoli in stato di quasi totale 
isolamento dal mondo, acuito dal fatto che, sospettosi com'erano anche 
tra batak, evitavano di costrure strade e ponti e 
perfino di curare la manutenzionme dei sentieri naturali che collegavano
 i loro villaggi. Oggi se ne contano ancora più di sei milioni, 
suddivisi in ben sei diversi gruppi linguistici,  concentrati
 sul fertile altopiano di Karo, in un'area che si estende per 200 km a 
Nord e 300 a Sud del Lago Toba. In Occidente ne parlò per primo il 
viaggiatore inglese William Marsden, che alla fine del '700 raccontò di 
aver scoperto un regno altamente civilizzato, con un proprio sistema di 
scrittura ma in cui si praticava il
TUK TUK – LAGO TOBA – I batak
 sono un popolo proto-malese dicendente dalle tribù neolitiche che 
abitavano la zona montagnosa del Nord dell'attuale Thailandia e della 
Birmania finché non vennero sospinte verso Sud dal susseguirsi di ondate
 migratorie di popolazioni mongole e siamesi.  Una volta giunti a Sumatra, si stabilirono nei dintorni del Lago Toba, le cui  montagne
 circostanti garantivano protezione dalle invasioni di cui già erano 
stati vittime e hanno vissuto per secoli in stato di quasi totale 
isolamento dal mondo, acuito dal fatto che, sospettosi com'erano anche 
tra batak, evitavano di costrure strade e ponti e 
perfino di curare la manutenzionme dei sentieri naturali che collegavano
 i loro villaggi. Oggi se ne contano ancora più di sei milioni, 
suddivisi in ben sei diversi gruppi linguistici,  concentrati
 sul fertile altopiano di Karo, in un'area che si estende per 200 km a 
Nord e 300 a Sud del Lago Toba. In Occidente ne parlò per primo il 
viaggiatore inglese William Marsden, che alla fine del '700 raccontò di 
aver scoperto un regno altamente civilizzato, con un proprio sistema di 
scrittura ma in cui si praticava il  cannibalismo
 rituale: ossia cibarsi della carne dei nemici uccisi in guerra (erano 
tra le popolazioni più bellicose dell'isola e le loro tribù erano in 
perenne conflitto guerra tra di loro) e di coloro che  avevano violato gravemente l'adat,
 ossia le leggi consuetudinarie. L'uso venne meno soltanto dopo il 1816.
 Oscura l'origine del loro nome: secondo la versione più accreditata batak
 pare fosse un nomignolo affibbiato loro dai musulmani che significa 
“manigiatore di carne di maiale” (o di umani, che sembra abbiano lo 
stesso sapore), il che me li rende affini e particolarmente simpatici. 
Per molto tempo i batak vissero accerchiati dagli 
accesi musulmani di Aceh e di Sumatra Ovest, e nonostante i ripetuti 
tentativi di conquista da parte dei primi, finirono per essere 
sottomessi dagli olandesi, e così ecco spiegata la diffusione del 
cristianesimo, soprattutto nella versione protestante, anche se 
sopravvivono molte credenze e vengono praticati rituali animisti che si 
rifanno alla tradizione, in particolare il culto degli antenati e degli 
spiriti oltre che quello del tondi, che sarebbe 
l'anima che vive accanto al corpo ma ogni tanto se ne distacca, causando
 le malattie, per cui bisogna ingraziarsi il proprio tondi facendo
 offrendogli sacrifici. Anche la conversione ha a che vedere con un 
evento che agli occhi dei batak appparve come qualcosa di
cannibalismo
 rituale: ossia cibarsi della carne dei nemici uccisi in guerra (erano 
tra le popolazioni più bellicose dell'isola e le loro tribù erano in 
perenne conflitto guerra tra di loro) e di coloro che  avevano violato gravemente l'adat,
 ossia le leggi consuetudinarie. L'uso venne meno soltanto dopo il 1816.
 Oscura l'origine del loro nome: secondo la versione più accreditata batak
 pare fosse un nomignolo affibbiato loro dai musulmani che significa 
“manigiatore di carne di maiale” (o di umani, che sembra abbiano lo 
stesso sapore), il che me li rende affini e particolarmente simpatici. 
Per molto tempo i batak vissero accerchiati dagli 
accesi musulmani di Aceh e di Sumatra Ovest, e nonostante i ripetuti 
tentativi di conquista da parte dei primi, finirono per essere 
sottomessi dagli olandesi, e così ecco spiegata la diffusione del 
cristianesimo, soprattutto nella versione protestante, anche se 
sopravvivono molte credenze e vengono praticati rituali animisti che si 
rifanno alla tradizione, in particolare il culto degli antenati e degli 
spiriti oltre che quello del tondi, che sarebbe 
l'anima che vive accanto al corpo ma ogni tanto se ne distacca, causando
 le malattie, per cui bisogna ingraziarsi il proprio tondi facendo
 offrendogli sacrifici. Anche la conversione ha a che vedere con un 
evento che agli occhi dei batak appparve come qualcosa di  miracoloso:
 un raccolto aprticolarmente abbondante subito dopo la comparsa del 
missionario tedesco Nommenson. L'albero sacro rimane a tutt'oggi il 
baniano, simbolo della vita. Dell'architettura ho detto nel post 
precedente: anche le costruzioni più moderne conservano buona parte 
degli elementi tipici pur avendo una struttura in muratura, ma rimangono
 anche villaggi costituiti da case completamente in legno. L'influenza 
indiana è piuttosto evidente  non solo 
nell'architettura ma anche nella risicoltura, nella diffusione generale 
del gioco degli schacchi, nella tessitura del cotone. E, in parte, nei 
lineamenti della popolazione. Tipicamente batak è la danza di una marionetta chiamata sigalegale,
 che un tempo era utilizzata nelle cerimonie funebri per comunicare con 
gli spiriti dei morti e farli rivivere: il pupazzo, in legno (di 
baniano, naturalmente) e alto non meno di cinquanta centimetri e montato
 su un a grossa  cassa, da cui viene manovrata dal burattinaio, veniva addobbato con gli oggetti del defunto. Il tutto al suono di un'orchestra gamelan, formata da strumementi a percussione e fiati (anche qui lonfluenza indiana è evidente) e la supervisione di un dukun, un mistico. Oggi la danza della sigalegale, vestita con il classico costume batak (sarong
 blu scuro, camicia abbondante e turbante rosso), viene spesso inserita 
anche nei riti martrimoniali. Particolarmente sviluppato l'artigianato: 
la lavorazione dei metalli
miracoloso:
 un raccolto aprticolarmente abbondante subito dopo la comparsa del 
missionario tedesco Nommenson. L'albero sacro rimane a tutt'oggi il 
baniano, simbolo della vita. Dell'architettura ho detto nel post 
precedente: anche le costruzioni più moderne conservano buona parte 
degli elementi tipici pur avendo una struttura in muratura, ma rimangono
 anche villaggi costituiti da case completamente in legno. L'influenza 
indiana è piuttosto evidente  non solo 
nell'architettura ma anche nella risicoltura, nella diffusione generale 
del gioco degli schacchi, nella tessitura del cotone. E, in parte, nei 
lineamenti della popolazione. Tipicamente batak è la danza di una marionetta chiamata sigalegale,
 che un tempo era utilizzata nelle cerimonie funebri per comunicare con 
gli spiriti dei morti e farli rivivere: il pupazzo, in legno (di 
baniano, naturalmente) e alto non meno di cinquanta centimetri e montato
 su un a grossa  cassa, da cui viene manovrata dal burattinaio, veniva addobbato con gli oggetti del defunto. Il tutto al suono di un'orchestra gamelan, formata da strumementi a percussione e fiati (anche qui lonfluenza indiana è evidente) e la supervisione di un dukun, un mistico. Oggi la danza della sigalegale, vestita con il classico costume batak (sarong
 blu scuro, camicia abbondante e turbante rosso), viene spesso inserita 
anche nei riti martrimoniali. Particolarmente sviluppato l'artigianato: 
la lavorazione dei metalli  ma soprattutto del legno. Anche i pustaha, libri magici di profezie che contengono la storie scritta dei batak, sono incisi su legno o bambù. Infine, i batak
 sono un popolo particolarmente musicale: tradizionalmente melodie e 
canti accompagnano le cerimonie religiose più che essere forme di 
intrattenimento, ma oggi è difficile trovare qualcuno che non sappia 
suonare uno strumento musicale, tutte le case posseggono una o più 
chitarre e tamburi, i ragazzi sono ghiotti di spartiti di muscia di 
qualsiasi genere che in Indonesia sono difficili da reperire, e ogni 
sera dai bar dove si radunano a chiacchierare o a giocare a biliardo 
uomini di tutte le età, si sentono intonare a squarciagola canti che a 
noi occidentali non sono del tutto estranei per tonalità e melodia, e 
che poco hanno a che fare con quelle che per noi sono le insopportabili 
nenie di influenza araba o cinese. Horas!
ma soprattutto del legno. Anche i pustaha, libri magici di profezie che contengono la storie scritta dei batak, sono incisi su legno o bambù. Infine, i batak
 sono un popolo particolarmente musicale: tradizionalmente melodie e 
canti accompagnano le cerimonie religiose più che essere forme di 
intrattenimento, ma oggi è difficile trovare qualcuno che non sappia 
suonare uno strumento musicale, tutte le case posseggono una o più 
chitarre e tamburi, i ragazzi sono ghiotti di spartiti di muscia di 
qualsiasi genere che in Indonesia sono difficili da reperire, e ogni 
sera dai bar dove si radunano a chiacchierare o a giocare a biliardo 
uomini di tutte le età, si sentono intonare a squarciagola canti che a 
noi occidentali non sono del tutto estranei per tonalità e melodia, e 
che poco hanno a che fare con quelle che per noi sono le insopportabili 
nenie di influenza araba o cinese. Horas! 
 
 
 
          
      
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nessun commento:
Posta un commento