sabato 24 novembre 2007

I ragazzi venuti in Brasile

BLUMENAU - La sensazione di straniamento che si ha arrivando qui fa per forza parafrasare il titolo del famoso e inquietante film sugli esperimenti effettuati dal dottor Mengele al fine di duplicare il Führer. I coloni che, gudati dal dottor Hermann Bruno Otto Blumenau dal 1850 hanno dato vita, nella valle del fiume Itajaí, alla città dedicata al fondatore, sono sicuramente riusciti nell'intento di ricreare una Germania nell'emisfero australe, nel luogo più caldo e umido di tutto il Brasile meridionale, con punte amazzoniche. Il dottor Blumenau aveva fatto richiesta all'allora imperatore del Brasile di poter fondare una colonia agricolo-indutsriale nella vallata e gli è stata prontamente concessa l'autorizzazione. A parte i pionieri, può stupire come sia riuscito a convincere tanti suoi connazionali a trasferirsi proprio nel luogo dal clima più infelice di tutto la Stato di Santa Catarina, comunque già ampiamente popolato da teutonici. Abbondano le facciate con le tipiche intelaiature di legno a vista, materiale che domina comunque anche gli interni, i caratteristici tetti, i balconi fioriti (benché non di gerani), le confiterías con monumentali Schwarzwälder Torten, strudel e altri dolci con abbondante panna montata; ben 7 birrerie artigianali nella regione, oltre a quelle tradizionali: per me, devoto alla sacra bevanda, una specie di paradiso da cui sono rimasto affascinato. La gastronomia è ovviamente tipicamente tedesca, per non parlare dei volti degli abitanti: almeno uno su due è biondo e nessuno ha perso, dopo generazioni, la tipica erre grattugiata (che differisce da quella moscia dei brasiliani, simile a quella francese). E io, che per metà sono crucco, mi sento finalmente a casa. Naturalmente la città (250 mila abitanti circa) è tirata a lucido, esemplarmente ordinata, semafori e strisce pedonali vengono rispettati ossequiosamente, nessuno si sogna di suonare il clacson e, però, al pomeriggio del sabato quasi tutti i negozi sono chiusi. Il fine settimana è sacro, la birra anche, e i numerosi Biergarten, alcuni con una splendida vista sul fiume, sono invasi da gente di tutte le età. Con tanto di allegre e rumorose marcette che sono di rigore in una qualsiasi situazione conviviale teutonica e fanno parte del DNA di ogni buon tedesco. Ascoltare la versione in portoghese delle canzoni da birreria è un'esperienza esilarante. Non poteva mancare la Oktoberfest, che non è una semplice imitazione in chiave disneyana di quella monacense (e si tiene nella stessa epoca) ma una cosa seria, tanto da essere per dimensioni la seconda festa di strada del Brasile nientemeno che dopo il Carnevale di Rio. Si parla quindi di centinaia di migliaia di persone che per tre settimane trasformano la tranquilla Blumenau in una baldoria colossale. Oltre agli edifici, decisamente esotici per questo Paese, e a un ovvio Museo della Birra, prontamete visitato, un'altra istituzione curiosa, creata da una nipote del dottor Blumenau, Edith Gaertner: il cimitero dei gatti. Putze, Bum, Musch, Mirko, Mirl, Pepito, Peterle, Schnurr, Sittah hanno tutti il loro tumulo in pietra con tanto di iscrizione nel bel mezzo di un folto giardino botanico alle spalle dell'abitazione della gentile signora, protettrice appassionata degli adorabili, piccoli felini. Ciò che a Gramado, che giusto una settimana fa avevo definito la Ponte di Legno dei Tropici, risulta posticcio fino a renderla fastidiosamente grottesca oltre che irritante, qui invece finisce per essere autentico, gradevole, e perfino le luminarie natalizie non sembrano fuori luogo sapendo quanto ci tengano in genere i tedeschi. Ein Prosit a Blumenau, ai mici e in alto i boccali, dunque!

Nessun commento:

Posta un commento