mercoledì 7 novembre 2007
Il cuore di Fray Mamerto
CATAMARCA - Conclusa la visita della Dotta Córdoba e dei relativi amici che ci vivono con una ottima visita guidata ad personam
(due soli clienti: io e una professoressa paraguaiana, due ore di
spiegazioni puntuali e piacevolissime) di quello che mi mancava della Manzana Jesuítica e della Biblioteca della Universidad Nacional,
stamattina all'alba sono giunto a San Fernando del Valle de
Catamarca, suona così la denominazione ufficiale del capoluogo della
Provincia omonima, sui primi contrafforti delle Ande, nel Nord-Ovest
dell'Argentina. Citata come "magnifica" dalla ineffabile Lonely Planet,
una volta che fossero terminati i lavori di risistemazione della
centrale Plaza 5 de Mayo - con l'immancabile statua di San Martín a
cavallo rivolta ad Ovest, indicando le Ande -, ora che constato che i
lavori sono pressoché terminati, mi chiedo dove siano visibili i
risultati di tanta opera e in quale fantasia perversa alberghi una così
prodigiosa bellezza. In due ore e mezzo e muovendomi con la flemma
adeguata ai 30 gradi all'ombra che si registrano già a metà mattinata,
ho già visto tutto quello che la città ha da offrire (secondo il suo
stesso ufficio turistico: anzi, ce ne sono due, a 50 metri uno
dall'altro, e un terzo al terminal dei bus, ciascuno con una mezza
dozzina di impiegati, peraltro gentilissimi e solerti a mettersi a
disposizione del primo straniero che transita di qui da una settimana).
E' una normalissima città di duecentomila abitanti scarsi, sembrerebbero
molti di meno, con la planimetria reticolare ossessivamente uguale del
99% delle città argentine, dalla più grande alla più piccola, con la
altrettanto ripetitiva litania delle intitolazioni di vie e piazze. In
genere da un lato personaggi della storia del Paese, da San Martín
(indiscusso nº 1) a Belgrano, Sarmiento, Yrigoyen, Urquiza, Rivadavia
fino a Perón, e dall'altro nomi di città (argentine): Salta, Tucumán,
Maipú, Junín e così via, o ancora di nazioni: quelle latinoamericane
vanno bene ber le avenidas, mentre per le piazze le più gettonate sono
senz'altro Itália e España. Per non annioarti, qualche volta
all'incrociare l'asse principale le vie cambiano improvvisamente di
nome, mettiamo da México da una parte della San Martìn a Guatemala
dall'altra: giusto per confonderti le idee e tirarti scemo anche in
presenza di una griglia ortogonale a prova di cretino. Io ovviamente
ogni volta supero la prova. Di cretino. Mi rigiro la mappa tra le mani e
comincio a smadonnare. Qui comincia decisamente a meticciarsi
l'Argentina "europea", quella bianca - quasi inesistente l'immigrazione
italiana, qui sostituita da quella spagnola -, e oltre ai tratti della
gente la dimostrazione la si ha visitando il museo archeologico Adán
Quiroga, che a dispetto di sembrare una via di mezzo tra un deposito di rottamàt
e un qualche "laboratorio" di scienze di qualche nostro decrepito liceo
classico, dove si entrava una volta nella carriera scolastica e si
accumulavano strumenti per generazioni, contiene parecchi reperti delle
varie civiltà che si sono succedute nella zona fino all'arrivo degli
spagnoli, che scendevano dal Perú attraverso l'attuale Bolivia. Perché
qui esistevano ed erano fiorenti civiltà già sviluppate ancor prima
dell'arrivo degli Inca, mentre nella parte pampeana e patagonica del
Paese tutt'al più si rinvengono tracce di animali preistorici, peraltro
di mostruosa grandezza, perché le popolazioni indigene sono state
metodicamente sterminate e hanno comunque lasciato scarsissime tracce.
Ma è nella chiesa dell'adiacente e poco o per nulla segnalato convento
di San Francisco che si trova il vero tesoro di Catamarca: ben
conservato in una teca di cristallo, riposa il cuore di Fray Mamerto
Esquiú, (1826-1883). Ammetto che il nome, pressoché impronunciabile, e
sospetto di catalanità, non mi diceva nulla: si trattava invece di un
francescano nato da famiglia povera, che fu ritenuto il più grande
oratore d'America, ai suoi tempi, tanto da pronunciare, ancor giovane,
il 9 luglio del 1853, il celebre Sermone sulla Costituzione Nazionale.
Fu anche arcivescovo di Córdoba, dove riposano le sue spoglie mortali,
mentre il suo cuore "incorrotto", specificano le spiegazioni ufficiali,
si trova qui, non è chiaro se mummificato o essiccato (come è più
probabile, con questo microclima): alla Chiesa cattolica, si sa, sono
indifferenti le classificazioni e spiegazioni scientifiche, l'importante
è che sia in corso, in realtà ormai da 80 anni, il processo di
beatificazione di Fray Mamerto, anche se la firma di Papa Ratzinger, nel
dicembre scorso, di un decreto che ne riconosce le "virtù eroiche"
lascia ben sperare, secondo indiscrezioni che provengono da fonti
francescane ben informate, nella sua conclusione forse entro quest'anno.
La città è in fremente attesa dell'evento, pronta a sfruttare un'altra
opportunità turistica oltre alla Grotta della Virgen del Valle, a 7
chilometri dal centro, dove nel 1620 un nativo (non è chiaro se indio,
nel qual caso risulta difficile credere che fosse già al corrente di chi
fosse la Madonna e cosa l'Immacolata Concezione, oppure un
colonizzatore) affermò di avere visto l'immagine della madre di Cristo.
Auguri!
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